Mt 8,23-27
Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. | |||
Commento su Mt 8,23-27 " Salito sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: "Salvaci, Signore, siamo perduti!". Ed egli disse loro: "Perché avete paura, gente di poca fede?". Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: "Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?". Mt 8,23-27 Come vivere questa Parola? Paura e fiducia sono due sentimenti presenti nel nostro cuore. La paura blocca, la fiducia fa camminare. Se cresce l'una, cala l'altra e viceversa. La prima viene dalla coscienza del limite e conta su ciò che noi possiamo, la seconda viene dalla conoscenza che Dio ci è Padre e conta su ciò che Lui può. Il limite appoggiato sulla fiducia è il luogo della fede, il luogo dell'abbandono. Noi gridiamo: "salvaci"; tocchiamo il fondo del nostro essere creatura e veniamo liberati dal nostro volerci salvare da soli. Gesù ha dormito per noi e si è risvegliato per noi, per rimetterci al nostro posto! In Gesù Risorto, in Lui che si risveglia, è vinta la nostra paura e ci è riconsegnata la nostra vera identità. Liberaci Signore dalla pretesa di volerci salvare da soli! Perdona le nostre piccinerie e donaci il cuore dei martiri che hanno saputo amarTi dimenticando se stessi! Il Tuo Spirito ricolmi della Tua Presenza e della Tua forza il cuore dei martiri di oggi! |
lunedì 29 giugno 2015
Vangelo del giorno 30/06/2015
domenica 28 giugno 2015
Vangelo del giorno 29/06/2015
Mt 16,13-19
Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli. | |||
Commento su Matteo 16,13-19 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Mt 16,13-19 Come vivere questa parola? Oggi la Chiesa festeggia due personalità tanto diverse tra loro, ma identiche nella forza di una fede bruciante d'amore con qui si sono consegnati a Cristo Gesù. Proprio così facendo sono diventati le pietre di fondamento della Chiesa nascente. Una nota importantissima: tanto Pietro che Paolo erano due persone che caddero nel peccato. Pietro, per paura, aveva rinnegato Gesù nella notte della Passione. Paolo, per superba persuasione di essere integerrimo osservante della legge, erano usciti dal vero cammino spirituale che è crescita nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo, sempre dentro la consapevolezza della propria povertà spirituale e di un grande, continuo bisogno della grazia di Dio a sostegno di una lucida fattiva volontà di amare. È a questa condizione che gli occhi del cuore si illuminano e il credente arriva a scoprire in Gesù "Il Figlio del Dio vivente, il proprio salvatore. Signore, anch'io come Pietro e Paolo pur troppo ho conosciuto la tenebra, il non senso, l'allontanarmi da Te che è propriamente il peccato. |
Vangelo del giorno 28/06/2015
Mc 5,21-43
Fanciulla, io ti dico: Àlzati!
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Commento su Marco 5,21-43 Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme. Mc 5,21-43 Come vivere questa Parola? Queste parole di Gesù fanno parte di una pagina in cui si alternano due episodi drammatici. Avvisano Gesù che la figlia del capo della sinagoga non è più un'inferma da visitare perché guarisca: ormai è morta! Nello stesso tempo una donna che, nella speranza di ottenere da Gesù la guarigione, ha toccato il lembo del suo mantello, sente fermarsi il flusso di sangue che da anni la priva di forze. Gesù va decisamente nella casa del capo della sinagoga. Certo la gente pensa che vada per esprimere la sua partecipazione a un lutto tanto doloroso. La sorpresa è prima in quello che lui dice, e poi in quello che, tramite lui, succede. Egli afferma: la bambina non è morta ma dorme. Lui è al suo capezzale e la restituisce alla gioia di vivere. Ecco, quel che sottolineiamo è il duello morte-vita. Gesù sa che la morte è, per eccellenza, il nemico dell'uomo e le toglie il pungiglione cambiandole l'identità. Ne fa una "dormizione" non l'uccisione della vita. Non a caso, sulle iscrizioni tombali antiche era scritto che quanti giacevano lì riposavano in Dio, attendendo il risveglio della resurrezione finale. Proprio questa è la verità che conta! E bisogna lasciarsi interpellare. Per me la morte è il disastro-distruzione ineluttabile o un sonno in funzione del passaggio alla vita piena e perenne? La mia forza, Signore, è la certezza d'essere anch'io, e già ora, un con-risorto in speranza. Aumentala in me! |
venerdì 26 giugno 2015
Vangelo del giorno 27/06/2015
Mt 8,5-17
Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe. | |||
Commento Mt 8,5-17
• Il vangelo di oggi continua la descrizione delle attività
di Gesù per indicare come metteva in pratica
• Matteo 8,5-7: La richiesta del centurione e la risposta di
Gesù. Analizzando i testi del vangelo, è sempre bene fare attenzione ai piccoli
dettagli. Il centurione è un pagano, uno straniero. Non chiede nulla, informa
soltanto Gesù dicendo che il suo impiegato sta male e che soffre terribilmente.
Dietro questo atteggiamento della gente nei confronti di Gesù, c’è la
convinzione che non era necessario chiedere le cose a Gesù. Bastava
comunicargli il problema. E Gesù avrebbe fatto il resto. Atteggiamento di
fiducia illimitata! Infatti, la reazione di Gesù è immediata: “Io verrò e lo
curerò!”
La reazione del centurione. Il centurione non
aspettava un gesto così immediato e così generoso. Non si aspetta che Gesù vada
fino a casa sua. E partendo dalla sua esperienza di ‘capo’ trae un esempio per
esprimere la fede e la fiducia che aveva in Gesù. Gli dice: “Signore, io non
sono degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio
servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di
me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio
servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”.
Questa reazione di uno straniero dinanzi a Gesù rivela qual
era l’opinione della gente nei riguardi di Gesù. Gesù era una persona in cui
potevano aver fiducia e che non avrebbe allontanato colui o colei che fosse
ricorso/a a Lui per rivelargli i suoi problemi. E’ questa l’immagine di Gesù
che il vangelo di Matteo ci comunica .
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Medjugorje Messaggio del 25 giugno 2015
Messaggio del 25 Giugno 2015
"Cari figli! Anche oggi l’Altissimo mi dona la grazia
di potervi amare ed invitare alla conversione. Figlioli, Dio sia il vostro
domani, non guerra ed inquietudine, non tristezza ma gioia e pace devono
regnare nei cuori di tutti gli uomini e senza Dio non troverete mai la pace.
Perciò, figlioli, ritornate a Dio e alla preghiera perché il vostro cuore canti
con gioia. Io sono con voi e vi amo con immenso amore. Grazie per aver risposto
alla mia chiamata.”
Vangelo del giorno 26/06/2015
Mt 8,1-4
Se vuoi, puoi purificarmi. | |||
Commento su Mt 8, 1-4 «Ed ecco si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: "Signore, se vuoi, puoi purificarmi". Tese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio: sii purificato!". E la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse "Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va' invece a mostrarti al sacerdote e presenta la tua offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro». Mt 8, 1-4 Come vivere questa Parola? Nel Vangelo di oggi ci viene presentato il miracolo strepitoso della guarigione di un lebbroso. Per comprendere tutta la portata inaudita del gesto ardito operato da Gesù nei confronti di questo povero lebbroso, che viene toccato da Lui, basta citare un passo tratto dal Levitico: "Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate, il capo scoperto, velato fino al labbro superiore, andrà gridando: «Impuro! Impuro!». Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento" (Lev 13,45-46). Il lebbroso, dunque, è un impuro colpito da Dio e dagli uomini, causa di impurità per quelli che lo incontrano, ed è costretto a vivere al bando della società. Non è più un uomo come gli altri, ma è ridotto ad una larva umana scartata da tutti. Ed è in questa cornice che il racconto evangelico acquista un significato speciale. Gesù tocca un intoccabile! Il Regno di Dio inaugurato da Gesù non tiene più conto delle barriere del puro e dell'impuro: va oltre! Non esistono più uomini da accogliere e uomini da scartare. Di fronte all'umile supplica, colma di fede, di quell'infelice prostrato davanti a Gesù, racchiusa in quel: «Se vuoi, puoi purificarmi», balza in primo piano la risposta accondiscendente del Salvatore: «Lo voglio: sii purificato!». E lo toccò! Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me peccatore, dì soltanto una parola e toccami, ed io sarò guarito da tutte le mie lebbre! |
mercoledì 24 giugno 2015
Vangelo del giorno 25/06/2015
Mt 7,21-29
La casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia. | |||
Commento su Mt 7, 21-29 «Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mete in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». Mt 7, 21-29 Come vivere questa Parola? Con le due brevi parabole riportate nel Vangelo odierno: la parabola della casa fondata sulla roccia e quella della casa sulla sabbia Gesù termina il suo celebre Discorso sulla Montagna. Il Signore assume qui l'atteggiamento del Maestro che vuole proclamare con limpida chiarezza la legge fondamentale del suo metodo catechetico e educativo, e cioè la corrispondenza tra il dire e il fare, tra le fede e la vita. Non basta ascoltare la Parola di Gesù, bisogna farla' (così letteralmente si legge nel testo greco). Occorre diffidare di una concezione intellettualistica della fede, che sovente si esaurisce nell'ascoltare e nel ripetere le sue Parole, ma senza che esse penetrino profondamente nel nostro cuore e passino poi nella nostra vita quotidiana. "Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell'amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Amen" |
martedì 23 giugno 2015
Vangelo del giorno 24/06/2015
Lc 1,57.66-80
Giovanni è il suo nome. | |||
Commento su Luca 1,57.66-80 "Giovanni è il suo nome" [...].All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Lc 1,57.66-80 Come vivere questa Parola? Zaccaria, padre di Giovanni Battista, era rimasto muto quando, all'annuncio di un figlio in tarda età e per di più da una moglie sterile, era rimasto scettico. Lui, l'uomo giusto e irreprensibile, come lo definisce il vangelo, non era riuscito a superare lo scoglio della logica umana per aprirsi all'imprevisto di Dio. La sua era un'osservanza esatta della legge, un'adesione certamente sincera a YHWH, ma che non lasciava spazio al "tutto è possibile a Dio": la sua carne era circoncisa, ma non il suo cuore. Incapace di cogliere e di accogliere la novità che stava facendo irruzione nella sua vita e, attraverso di lui, nella storia, non può cantare le mirabilia Dei, gli interventi salvifici con cui il Signore visita il suo popolo. E diviene muto. La sua lingua non si scioglie neppure quando l'evento si realizza con il concepimento da parte di Elisabetta. Sarà necessario che lo Spirito Santo visiti la sua casa con l'arrivo di Maria gravida di Gesù. La presenza di quest'umile donna che ha creduto e si è consegnata pur senza comprendere e l'azione illuminante dello Spirito fanno sì che quest'uomo giusto approdi alla luce: quel bimbo sbocciato su un legno avvizzito è il segno che Dio si è chinato sull'uomo. Zaccaria può ora abbracciare totalmente il progetto divino e volgersi verso il nuovo che si annuncia. Il suo opporsi a quanti vogliono ripete i vecchi schemi ne è il segno eloquente. La circoncisione nella carne di Giovanni coincide così con la circoncisione del suo cuore e il canto esplode quale gioioso annuncio di un'era nuova. Nella mia pausa contemplativa, verificherò quanto del vecchio Zaccaria c'è ancora in me di fronte alle pesantezze dell'oggi e mi sforzerò di aprire gli occhi sui germi di novità che, sia pur timidamente, si vanno affermando. Circoncidi, Signore, il mio cuore, perché sappia cogliere e accogliere i segni che parlano del Risorto presente accanto a noi. Apri le mie labbra perché lo annunci a tutti gli sfiduciati che incontro nel mio cammino. |
lunedì 22 giugno 2015
Vangelo del giorno 23/06/2015
Mt 7,6.12-14
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. | |||
Commento su Mt 7,6. 12-14 «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa è la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano». Mt 7,6. 12-14 Come vivere questa Parola? Il Vangelo odierno ci riporta un loghion di Gesù che rispecchia la cosiddetta regola d'oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Si tratta di una regola assai nota, giunta fino a noi, sia nella forma positiva, sia in quella negativa, e diffusa un po' in tutte le culture e religioni del mondo antico: confucianesimo, buddismo, induismo, ellenismo, Antico Testamento, giudaismo... fino agli antichi Padri della Chiesa (vedi più sotto il testo citato nella Didaché). Si tratta, dunque, di una conquista del pensiero dell'umanità. È interessante che Gesù si rifaccia a questa dottrina comune del pensiero umano e la metta quasi come a fondamento del suo Discorso della Montagna. Il Maestro di Nazaret ci dice che la regola d'oro è accettabile e plausibile, perché essa rappresenta il tentativo di sviluppare prospettive sensate e razionali per arrivare al vertice: il comandamento dell'amore formulato poi da Gesù nel modo più radicale. Pertanto, accettiamo da Gesù questo invito, chiaro e semplice, a fare sempre del bene agli altri, come noi desideriamo che gli altri lo facciano a noi, e a non fare mai del male, come noi non desideriamo che gli altri lo facciano a noi. È una norma molto chiara, di semplice onestà naturale, che è inscritta nel cuore di ogni uomo su questa terra ed è il primo passo che porta sulla via più impegnativa del comandamento nuovo portato da Gesù. Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell'amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Amen . |
Vangelo del giorno 22/06/2015
Mt 7,1-5
Togli prima la trave dal tuo occhio. | |||
Commento su Mt 7, 1-5 «Non giudicate, per non essere giudicati [...]. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: "Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio", mentre nel tuo occhio c'è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello». Mt 7,1-5 Come vivere questa Parola? Le parole di Gesù contenute nel Vangelo di oggi sono dirette a bollare un peccato molto comune e diffuso, non solo ai suoi tempi, ma anche tra i cristiani del nostro tempo. I farisei - come è noto - giudicavano spesso gli altri con la sicumera di chi si sentiva superiore e diverso dagli altri comuni mortali (vedi la celebre parabola del fariseo e del pubblicano: Lc 18, 10 e ss). Essi condannavano facilmente ogni mancanza esteriore, senza preoccuparsi minimamente dell'atteggiamento interiore, e soprattutto non vedevano il loro intimo egoistico e orgoglioso, perché accecati dalla pesante «trave» che li separava dagli altri, e anche da Dio stesso. Siamo tutti portati a giudicare e quando lo facciamo molto spesso, commettiamo un grave errore. Per dirla con il linguaggio assai realistico e vivido usato da Gesù, è come se noi ci mettessimo una «trave» nell'occhio che ci rende ciechi, sia nei nostri confronti e sia nei confronti dei fratelli. Il Signore invece ci invita alla misericordia, alla solidarietà, alla condivisione. Quando c'è questo atteggiamento di bontà, questa disponibilità a caricarsi dei fardelli altrui, non si giudica più, né si critica: si aiuta e basta! In un momento di preghiera e di revisione della mia vita di relazione con i fratelli, pregherò il Signore perché converta il mio cuore e purifichi i miei occhi, togliendo tante «travi» che offuscano la mia vista. |
domenica 21 giugno 2015
Vangelo del giorno 21/06/2015
Mc 4,35-41
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono? | |||
Commento su Mc 4, 35-41 «Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". Mc 4, 35-41 Come vivere questa Parola? Il Vangelo di Marco di questa domenica ci riporta il celebre episodio della tempesta sedata e ci richiama alla mente le piccole o grandi tempeste da cui è scossa spesso anche la barca della nostra vita. Anche in noi, in queste situazioni difficili, può nascere talvolta il dubbio che Gesù ci abbia dimenticato, che stia «dormendo». Allora anche la nostra fede incomincia a vacillare e sopraggiunge la paura. In questi frangenti occorre domandarci con quali occhi guardiamo agli avvenimenti dolorosi della nostra vita: con quelli della fede vera, o attraverso gli occhiali della mentalità corrente o del nostro io ripiegato su se stesso? Non sarà proprio una mancanza di fede quella che ci fa apparire tutto come una congiura ordita contro di noi, e ogni difficoltà imprevista una montagna insormontabile? In questi casi teniamo sempre ben presente, fissa nella mente e nel cuore, l'ultima Parola di Gesù che chiude il Vangelo di Matteo, che ci assicura: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Svegliamo Gesù, che è sempre presente nella nostra barca, con la fede e il nostro affidamento totale a Lui, e la nostra barca non andrà a fondo! "Rendi salda, o Signore, la fede del popolo cristiano, perché non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nella tempesta, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della storia. Amen . |
giovedì 18 giugno 2015
Vangelo del giorno 19/06/2015
Mt 6,19-23
Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. | |||
Commento su Mt 6, 19-23 "Dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore." Mt 6,19-23 Come vivere questa Parola? Questa volta le pagine di Matteo ci fanno approfondire il senso della povertà di spirito. E con la beatitudine che dona al cuore la capacità di innamorarsi solo di quello che vale, senza attaccarsi all'effimero, il Vangelo ci fa collegare cuore e tesoro. La povertà è ancora una questione di cuore, di amore. E anche di libertà. Il vuoto di amore, che non c'è e quindi non si dona e non si riceve, mette in moto la ricerca di cose concrete che possono saziare, colmare il vuoto. Ma le cose passano, delle cose ci si stufa e torna il vuoto. La povertà di spirito abilità il cuore a cercare oltre e altrove e permette che il vuoto si riempia delle tracce lasciate da azioni di accoglienza, di simpatia, di altruismo, di dono di sé, di condivisione, di pazienza e umiltà. Un tesoro di volti incontrati, di persone amate, di situazioni condivise, di novità generate insieme per il bene di tutti. Tutto il resto è solo spazzatura, direbbe Paolo. Signore, rendi libero il nostro cuore per fare spazio al tesoro che sei tu e chi con te riempie la nostra vita e la trasforma di un dono continuo. |
mercoledì 17 giugno 2015
Vangelo del giorno 18/06/2015
Mt 6,7-15
Voi dunque pregate così. | |||
Commento su Mt 6, 7-15 "Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro..." Mt 6, 7-15 Come vivere questa Parola? Perché sprechiamo parole nella preghiera? I motivi possono essere molti: ci è stato insegnato a pregare solo con lunghe formule, usiamo parole di altri perché non ci fidiamo delle nostre che ci sembrano poco credibili o addirittura troppo semplici per essere accettate da Dio. Oppure ci pare di non aver detto abbastanza, di non aver spiegato bene la nostra situazione al Signore, di dovergliela rammentare spesso e con forza altrimenti si dimentica di noi. Sono veramente tanti i motivi che ci portano a sprecare parole convinti di venire ascoltati a forza di parole. Se ci pensiamo bene gli atteggiamenti sopra descritti hanno due possibili radici: la nostra ansia e la nostra naturale sfiducia nell'amore di Dio. L'ansia ci fa entrare in un circolo di dubbi, timori e scrupoli come "Non ha pregato abbastanza". La sfiducia ci porta a ricordare ogni momento al Signore la causa di cui si deve occupare ( e a volte gli suggeriamo anche il "come" se ne deve occupare). Ci fa dimenticare le parole di Gesù: " Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate." Capiamo che qualcosa non funziona nella nostra preghiera quando ci accorgiamo che non ci dà pace e che al contrario alimenta continuamente le nostre ansie a paure. La preghiera non solo purifica e guarisce i cuori ma deve assere a sua volta guarita dalle sue malattie che però hanno una origine profonda, si legano alla nostra psiche spesso fragile e insicura. Gesù inizia allora a proporci una via, la preghiera del Padre Nostro: è una preghiera che può essere pregata da cristiani e non, che più che una formula è un modo di leggere la realtà, di comprendere ciò per cui conta vivere e lottare, ciò su cui dobbiamo fermare l'attenzione. Una preghiera che però ha una condizione fondamentale perché venga pregata nella verità: il perdono. Il perdono invera le nostre parole. Se esso viene a mancare la nostra preghiera non solo rischierà di sprecare parole ma soprattutto di essere svuotato dell'amore che deve abitarla. |
Vangelo del giorno 17/06/2015
Mt 6,1.16-18
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. | |||
Commento su Matteo 6,1.16-18 E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Mt 6,1.16-18 Come vivere questa Parola? Il digiuno è una pratica ascetica che giova allo spirito e anche al corpo. Non permette infatti all'ingordigia di dettar legge schiavizzando la persona È quindi una realtà buona ma il tarlo roditore da cui preservarlo è la smania di apparire. Ci si crede migliori degli altri e si desidera (a volte ardentemente) che gli altri se ne persuadano tributandoci lodi e ammirazione. E che il vangelo tonifichi, ti renda creatura libera e gioiosa te lo dice proprio questo invito di Gesù a mostrarti libero e gioiosamente propenso a manifestare la tua simpatia e apertura alla vita, perfino col profumarti il capo proprio mentre digiuni. Ecco, vale proprio la pena che io mi soffermi su questo invito evangelico che non è cancellazione della pratica del digiuno o di altre penitenze, ma piuttosto un prenderle per quello che sono: mezzi per imbrigliare le passioni a volte disordinate che sono in me. Sì, praticherò il digiuno o altre mortificazioni ma nella gioiosa trasfigurazione del loro essere finalizzate a farmi vivere amando. Signore Gesù, fa' che la mia mente digiuni ordinando i miei pensieri attorno a ciò che è vero bello e buono. Dammi di digiunare con la lingua perché non pronunci parole offensive, cattiverie, ma solo parole calde di comprensione e di bontà. Regalami un digiuno vestito a festa che sia un grande spazio di amore. |
lunedì 15 giugno 2015
Vangelo del giorno 16/06/2015
Mt 5,43-48
Amate i vostri nemici. | |||
Commento su Mt 5, 43-48 "Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano." Mt 5, 43-48 Come vivere questa Parola? Amare i nemici è la richiesta più scandalosa del vangelo, secondo me. Sopportare, tollerare i nemici sono azioni che presentano un limite accettabile. Si può fare! Amarli no! Va proprio oltre. Chiede un'energia nuova che nasce dall'essere abitati da Dio e dall'essere sollecitati a vivere un amore fatto non solo di sentimento ma anche di intelligenza, di ragione e comprensione (agape). Conosciamo dai Vangeli come Gesù abbia amato i nemici. Ma io, e credo con me molti altri... ci metteremo molto a cambiare prospettiva e sforzarci di guardare diversamente l'altro. Oggi assistiamo a vere persecuzioni, cruente, umilianti, che nascono per ragioni religiose e non solo, che hanno di mira l'eliminazione dei cristiani. Ma la radice di questo odio che oppone, è la stessa che fa nascere le nostre meschine opposizioni di ogni giorno che ci rendono insopportabili i vicini di casa, i parenti, i colleghi di lavoro. Amare i nemici e pregare per chi ci perseguita non è accettare come buona ogni ingiustizia, ogni forma di non rispetto, ma è dividere l'azione ingiusta e irrispettosa da chi la compie e coltivare misericordia per la persona, pur condannando e denunciando l'atto scorretto. Amare è la meta di un allenamento a cui non basta una vita per dirsi compiuto. Signore, amore e preghiera in noi nascono da un dono tuo. Non stancarti di farcelo, questo regalo... e cercheremo di amare e pregare come ci hai insegnato tu. |
domenica 14 giugno 2015
Vangelo del giorno 15/06/2015
Mt 5,38-42
Io vi dico di non opporvi al malvagio. | |||
Commento su Mt 5, 38-42 "Ma io vi dico di non opporvi al malvagio." Mt 5, 38-42 Come vivere questa Parola? Questa settimana il vangelo di Matteo ci permette, con il discorso della montagna, di riflettere sulle beatitudini e su come queste si coniughino nella nostra vita quotidiana, senza essere paradossi ma piuttosto parole sagge che vivificano i nostri sentimenti, atteggiamenti e comportamenti. Ma che significa e cosa comporta la frase citata sopra? Intanto la colleghiamo all'idea di beatitudine, che significa essere beato, felice, benedetto. Non opporsi al malvagio è così un modo per essere felice, per vivere la parola bene detta di Dio. Sì, ma come? Credendo prima di tutto che il bene è più forte del male, senza vedere quest'ultimo per forza dappertutto o vivendo per studiare fronteggiamenti strategici nei suoi confronti. Piuttosto, studiare approcci positivi al malvagio, come porgere l'altra guancia, non per viltà, acquiescienza o servilismo, ma perché il male ha già il suo destino, ma il malvagio può liberarsi dalla sua attitudine, rovesciarla e farsi benevolo. Anche quando si presenta ingiusto, pretenzioso, insolente. Non si possono dividere grano e zizzania perché eliminare una, toglie vita anche all'altro. Si resiste, vigilando ma permettendo alla benevolenza di esprimersi e arrivare in parole, gesti, silenzi, al cuore del malvagio e indicargli la via di liberazione. Non ci si oppone, ma, se è possibile, ci si pone affianco. Signore, la presenza del male non sia ossessionante nella nostra vita, non ci porti a disperare. Aiutaci a vedere il bene e a riconoscerlo, anche subito, come più forte del male. |
sabato 13 giugno 2015
Vangelo del giorno 14/06/2015
Mc 4,26-34
È il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto. | |||
Commento su Mc 4, 26-34 «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce." Mc 4, 26-34 Come vivere questa Parola? La Parola di Dio di questa domenica ci aiuta a ridimensionare ogni nostro affanno: il Regno di Dio cresce da solo... basta permettergli di incontrare la nostra realtà, di affondare nella buona terra della nostra vita e quel seme, a cui Marco evangelista paragona il Regno, cresce. Una parabola brevissima e unica, che svela un aspetto fondamentale del nostro divenire in Dio: san Paolo direbbe che in Lui davvero ci muoviamo, siamo ed esistiamo (cfr At 17, 28), che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (cfr Rm 8, 28), anche ciò che lì per lì sembra ostile e, ancora, "Sia che mangiamo, sia che beviamo, sia che viviamo, sia che moriamo siamo nel Signore" (1 Cor 10, 31). Il Regno di Dio cresce perché è in noi ed attorno a noi; non è tanto il nostro sforzo per proteggerlo, difenderlo che lo rende generativo. È il fatto di accoglierlo, di diffonderlo. Addirittura di permettergli di marcire tra le pieghe della nostra storia, di scomparire tra chi siamo e cosa ci accade. La sua forza sta nel trasformare la morte in vita, l'impossibilità in possibilità, il pessimismo in speranza, il cinismo in amore. Signore, fa' che la nostra fede non si trasformi in apologia della tua Parola, ma come l'uomo della parabola, nessuno di noi si stanchi di gettare un seme, il tuo, che germoglierà e crescerà da solo, portando nuove opportunità di vita per tutti. |
La Vita di Sant’Antonio di Padova
Antonio nacque a Lisbona (Portogallo) nel 1195 ed ebbe la
sua prima formazione in una famiglia cristiana, importata a Lisbona dopo che,
tolta ai musulmani, questa città riebbe il suo volto cristiano (1195-1202).
Aveva circa sette anni quando cominciò a frequentare come esterno la scuola
della cattedrale e vi ricevette una sufficiente formazione elementare e media,
si direbbe ora (1202-1210). In quell’ambiente sbocciò la sua vocazione
religiosa. La crisi della pubertà non intaccò la sua innocenza, ma affrettò la
sua scelta: l’Ordine dei Canonici regolari di sant’Agostino prima nel monastero
di San Vincenzo di Lisbona (1210-1212) e poi in quello di Santa Croce di
Coimbra (1212-1220). Vi ricevette una completa formazione religiosa e
teologica, la prima favorita dalla sua singolare pietà e disciplina, la seconda
dalla sua costante applicazione allo studio e dalla fervida intelligenza e
tenace memoria.
Nel 1220 fu sacerdote a Coimbra. Quando ormai pareva gli si
aprisse davanti un avvenire tranquillo di insegnamento teologico nelle scuole
del monastero o di cura d’anime nelle parrocchie da esso dipendenti, ecco che
una nuova crisi lo spinse a passare all’Ordine francescano. Fu la sete del
martirio a provocargli quella crisi, quando la chiesa del suo monastero accolse
le reliquie dei cinque missionari francescani martirizzati nel Marocco.Indossato
l’abito francescano e mutato il nome di Fernando in quello di Antonio, dopo
breve preparazione nell’eremo dell’Olivares, vicino a Lisbona (estate-autunno
1220), fece la professione religiosa e partí missionario per il Marocco. Ma
subito una strana malattia spezzò il suo sogno (dicembre 1220-marzo 1221). La
nave del ritorno, sospinta da venti contrari, anziché in Spagna andò a gettare
l’ancora in un porto della Sicilia.
Nel convento francescano di Messina fu informato del
Capitolo generale dei francescani, che avrebbe avuto luogo ad Assisi nella
Pentecoste di quel 1221. Antonio vi partecipò, probabilmente l’unico
francescano portoghese presente. Vide san Francesco, ma non si fece conoscere.
Aveva ormai capito che la via della santità è quella del totale abbandono alla
volontà di Dio e la scelse senz’altro. Frate Graziano, ministro provinciale
della Romagna, condusse con sé lo sprovveduto fraticello, perché celebrasse la Santa Messa ai frati
del romitorio di Montepaolo. Qui Antonio volle vivere in pieno la regola
dell’eremita francescano (giugno 1221 - 24 settembre 1222). Furono quindici
mesi di totale affossamento nel nascondimento, nella rigorosa penitenza e nella
contemplazione.
Ne uscí il 24 settembre 1222, quando, in occasione di
un’ordinazione sacerdotale celebrata a Forlí, dovette per obbedienza tenere un
discorso. Inizia la sua grande epopea di predicatore, di docente e di ministro
dell’Ordine. Dalla Romagna propriamente detta la sua predicazione si allargò
all’Italia superiore e alla Francia meridionale. Dapprima fu questo il suo
compito principale (24 settembre 1222 - autunno 1224) e fece di lui il primo
grande predicatore popolare all’Ordine francescano. In seguito il suo compito
principale fu l’insegnamento della Teologia ai frati minori nelle scuole di
Bologna e di Montpellier (autunno 1224 - giugno 1226), primo docente di quella
Teologia francescana che poco tempo dopo avrebbe avuto maestri della grandezza
d’un Alessandro d’Hales, d’un san Bonaventura e d’un beato Giovanni Duns Scoto.
Un terzo compito venne a strapparlo all’insegnamento
teologico ormai avviato, per aprirgli un nuovo campo di lavoro come custode
della provincia di Limoges e poi come ministro provinciale della provincia di
Romagna, che si estendeva allora anche a tutta l’Italia settentrionale. Si rese
benemerito oltre che della fondazione di parecchi conventi, anche del tentativo
di conciliare il fresco ideale francescano con la dura realtà d’un Ordine in
pieno sviluppo (giugno 1226 - luglio 1230).
Ma, sfatto dalle fatiche e dall’idropisia, nel luglio del
1230 ottenne d’essere liberato da ogni incarico e di ritirarsi a Padova nel
convento di Santa Maria Madre del Signore (agosto 1230 - 13 giugno 1231). E
cosí Padova ebbe la fortuna di raccogliere gli ultimi guizzi della grande
fiamma, grandi quanto la fiamma stessa: la compilazione dei Sermoni domenicali
e festivi, unica opera certamente di sant’Antonio; il tentativo di domare
quella belva feroce che fu Ezzelino III da Romano; e il quaresimale quotidiano
peregrinante nelle chiese della città, che rivelò tutt’intera l’anima
apostolica di Antonio.
Dopo il sereno tramonto (13 giugno 1231), il suo corpo per
espressa sua volontà restò a Padova; la quale, in seguito all’eccezionale
esplosione taumaturgica succeduta alla deposizione della salma nella chiesa di
Santa Maria Madre del Signore, promosse con tale impegno la canonizzazione di
Antonio da ottenerla neanche un anno dopo la sua morte (30 maggio 1232). Sette
secoli dopo, il 16 gennaio 1946, papa Pio XII lo proclamò “Dottore della
Chiesa” col titolo di “evangelico”.
Vangelo del giorno 13/06/2015
lc 2,41-51
Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. | |||
Commento su Lc 2,41-51 «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» Lc 2,41-51 Come vivere questa Parola? Dopo aver ricordato ieri la festa del Cuore di Gesù, oggi celebriamo il Cuore immacolato di Maria. Il cuore, nel senso biblico, significa il centro della persona, soprattutto a livello spirituale: dal cuore sorgono i pensieri, gli affetti, i desideri, le aspirazioni. Se il cuore è puro - come lo è stato quello di Maria - tutto diventa splendido e meraviglioso. La parola del Vangelo su cui vogliamo particolarmente soffermarci è il verbo "custodire": esso significa tenere in gran conto e avere la massima attenzione, perché nulla vada perduto, sparpagliato o sprecato: è come un tesoro prezioso da serbare con la più grande cura. Maria è diventata la memoria viva, eccellente di Gesù, vivendo con lui a Nazaret, poi rendendosi presente nella vita pubblica del suo Figlio e soprattutto accompagnandolo negli ultimi momenti dell'esistenza, standogli accanto alla croce: Ella ha capito quale mistero di amore risiedeva in Gesù. Il brano di Luca (Lc 2, 41-50) ci riporta ad un momento di sofferenza di Maria, quando recatasi a Gerusalemme con Giuseppe e col figlio dodicenne, lo smarrisce e dopo tre giorni lo ritrova nel Tempio a insegnare e si sente dire che lui deve prima occuparsi delle cose del suo Padre celeste. Ella dunque intuisce che il Figlio non appartiene solo a lei: pur amandolo teneramente, non lo considera suo possesso esclusivo, non lo ricatta, non lo costringe, non lo tiene per sé. Impariamo anche da Maria ad amare senza legare, con vera libertà, a fidarsi pienamente di Dio. O Maria, aiutami sul tuo esempio, a custodire nel mio cuore le parole del tuo figlio e a vivere con intensità il mistero della vita alla luce del Vangelo. |
venerdì 12 giugno 2015
Vangelo del giorno 12/06/2015
Gv 19,31-37
Uno dei soldati gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. | |||
Commento su Gv. 19,31-37 «Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne usci sangue ed acqua» Gv. 19,31-37 Come vivere questa Parola? La festa del Cuore di Gesù ci rivela che al centro della vita e della fede cristiana vi è l'amore incondizionato e totale di Dio rivelato sulla croce di Cristo: un amore misteriosa che affronta la morte pur di salvare l'uomo. Nel gesto dell'anonimo soldato che colpisce il costato di Gesù morto, da cui sgorgano sangue ed acqua, si riassume il suo sacrificio: nel sangue e nell'acqua vediamo simboleggiati e mirabilmente espressi i sacramenti fondamentali per la nostra vita cristiana: Battesimo (acqua viva che ci purifica) ed Eucarestia (cibo e bevanda che ci nutrono). La vita nuova del cristiano sgorga dal cuore stesso di Gesù: un "cuore che ha tanto amato gli uomini" (come dirà il nostro Redentore, apparendo a s. Margherita Maria Alacoque, sua fervente devota), che ci ha riconciliati col Padre e ci ha reso fratelli e sorelle tra noi. Un amore dunque legato al memoriale della sua passione e morte, da cui irradia forza e grazie, un amore che continua in modo sublime nei santi e nei martiri (e quanti ve ne sono ancora oggi!). Dimostriamo dunque a Dio la nostra immensa gratitudine, ricambiando quell'amore che ci immerge nello splendore della santità di Dio e traspare nella carità verso il prossimo. O Signore, rendi il mio cuore simile al tuo e fa' che attinga con gioia alle fonti della salvezza. |
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