martedì 3 novembre 2015

Vangelo del giorno 04/11/2015

Lc 14,25-33
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Parola del Signore


Commento su Lc 14,25-33

Facciamoci bene i conti in tasca. È Gesù stesso che ce lo chiede, che ci invita ad osare, a prendere sul serio la sua sconcertante provocazione: egli pretende di essere più grande della più grande gioia che possiamo vivere. Più del bene, più dell'affetto, più dell'innamoramento, più del diventare genitori. È presuntuoso Gesù, ci sfida a diventare veramente suoi discepoli. Se ci fidiamo di lui, se capiamo che davvero la sua presenza può colmare la nostra vita, orientarla, darle orizzonte e respiro, luce e gioia intima ed infinita, allora vale la pena davvero lasciare tutto e seguirlo. Facciamo bene i nostri calcoli: quante energie, quanto tempo, quanta intelligenza dedichiamo - giustamente - alla nostra famiglia, al lavoro, alla quotidianità? Mettiamo altrettanta forza nell'investire in ciò che resta, nel dare spazio alla nostra anima sempre mortificata e compressa, sempre ignorata e messa all'ultimo posto delle nostre preoccupazioni. Il Signore non chiede di rinunciare alle gioie legittime che dispensa, ma di scoprire l'origine di ogni gioia che è la sua presenza. Sediamoci a tavolino e facciamo bene i nostri conti: ne vale certamente la pena...

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