Mt 14,1-12
Erode mandò a decapitare Giovanni e i suoi discepoli andarono a informare Gesù. | |||
Commento su Mt 14,1-12 La storia si ripete, stancamente, senza fantasia. È Matteo a raccontarci la triste fine del più grande fra i profeti. Gesù stesso ne aveva intessuto le lodi, dichiarando che Giovanni Battista è stato il più grande uomo mai vissuto. Eppure il povero Giovanni finisce i suoi giorni in una prigione a Macheronte, sacrificato alla gelosia rabbiosa di una primadonna che non accetta le sue critiche e che manipola l'appetito di un re fantoccio vittima delle sue proprie irrefrenabili pulsioni e dell'eccessiva immagine di se stesso. Giovanni viene ucciso, decapitato, senza ragione, senza processo, senza giustizia. Erode lo ascoltava volentieri e lo temeva, dicono gli evangelisti, ma non è bastato per far diventare quello spiraglio di ascolto una vera conversione. Anche noi a volte, come Erode, ascoltiamo volentieri le cose di Dio, e quante volte si legge di presunte "conversioni" da parte di personaggi del mondo dello spettacolo o dei potenti di questo mondo! Ma la conversione si vede nei fatti, quando cambia il giudizio e la vita si adegua alle scoperte fatte. Così non accade per l'inetto Erode, solleticato dalla predicazione ma mai convertito. |
venerdì 31 luglio 2015
Vangelo del giorno 01/08/2015
giovedì 30 luglio 2015
Vangelo del giorno 31/07/2015
Mt 13,54-58
Non è costui il figlio del falegname? Da dove gli vengono allora tutte queste cose? | |||
Commento su Mt 13,54-58 Non è costui il figlio del falegname? Ogni uomo, chiamato ed inviato per fare le cose di Dio sulla nostra terra, è in tutto simile ad un misero vaso d'argilla. L'argilla è argilla. L'umanità è più fragile dell'argilla. È il niente del niente. Eppure questa argilla e questa piccolezza e pochezza umana è investita da Dio per essere il suo contenitore. Questa argilla è rivestita di una nobilissima missione: deve portare il suo Dio, perché è il suo Dio che salva, redime, giustifica, rinnova i cuori, li santifica, li innalza fino al Cielo. L'argilla rimane sempre argilla. Non vi è argilla più nobile e argilla meno nobile. Quando però l'argilla si lascia modellare dal suo Artefice divino, è allora che essa riceve forma nuova, consistenza nuova, uso nuovo, operatività nuova, vocazione nuova. Ma tutte queste cose non è l'argilla che se le dona, è il Signore il suo perenne Artefice. È Lui che prepara l'argilla per l'uso che Lui, nella sua saggezza eterna e divina ha stabilito per essa. Chi è allora il missionario di Dio? È argilla nelle mani del suo Dio, il quale giorno per giorno la modella secondo l'uso che vuole fare di essa. Tutto è da Dio. Niente è dalla terra. La terra serve al Signore per fornirgli l'argilla. Poi sarà Lui a dare forma, verità, essenza nuova, sostanza, missione, operatività, ogni altra cosa necessaria per l'uso per il quale è stata scelta. Questa verità stenta ad entrare nel cuore degli uomini. Costoro pensano secondo la terra, vedono secondo la terra. Per loro vi è argilla e argilla. Vi è argilla nobile e ignobile, argilla forte e debole, argilla ricca e argilla povera, argilla regale e argilla da servi della gleba. Così vede l'uomo l'argilla che è dinanzi a sé. Manca di una vera visione di fede. Questa assenza di vera visione di fede la notiamo anche dinanzi all'argilla che è Gesù nella sua umanità. Gli abitanti di Nazaret vedono questa argilla povera, misera, debole, fragile, la vedono soprattutto non regale, non nobile, non di alto lignaggio. La sua provenienza umana è la piccola, modesta, povera, misera famiglia di Giuseppe e di Maria, umile casa, casa come tutte le altre, anzi più umile delle altre. Da un terreno così povero, piccolo, umile, senza alcuna potenza umana, potrà mai nascere il Messia del Signore? Potrà mai venire fuori colui che pascerà il popolo di Dio? Per questa gente la grandezza nasce dalla grandezza, la regalità dalla regalità, la potenza dalla potenza. È evidente che il loro non è un pensiero di purissima fede. Questi abitanti di Nazaret avrebbero dovuto sapere che Abramo, loro padre nella fede, era un povero viandante, un pellegrino, uno senza alcuna terra. Mosè era un povero pastore di greggi e neanche sue, perché appartenevano a Ietro. Davide era un umilissimo pastore. Amos raccoglieva Sicomori. Tutti i grandi della loro tradizione erano tutti creta piccola, "vile", senza storia. Dio è entrato con potenza nella loro vita e li ha costituiti vasi nobili per portare Lui sulla nostra storia. Questa è la realtà della loro tradizione, queste le radici del loro popolo. Essi sono un popolo fatto unicamente dal loro Dio. Anche essi stessi erano schiavi in Egitto, asserviti ad una dura schiavitù. È Dio che li ha fatti popolo nobile, regale, sacerdotale, popolo libero. Quando però io mi dimentico che sono purissima esclusiva opera di Dio, quando mi faccio da me stesso, quando dimentico le mie radici, che sono il fondamento della mia storia, è il segno che vivo di fede assai superficiale. Anzi non vivo affatto di fede, dal momento che essa non governa più la mia vita. La sapienza, i miracoli, la potenza non viene dalla carne, dalla famiglia. Viene esclusivamente dal Signore. La forma alla creta la dona il Signore. Il contenuto nel vaso di creta lo dona il Signore. È il Signore che fa e che riempie. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci una vera visione di fede. |
mercoledì 29 luglio 2015
Vangelo del giorno 30/07/2015
Mt 13,47-53
Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi. | |||
Commento su Mt 13,47-53 Eppure è stato chiaro il Signore, difficile manipolare le sue parole, interpretarle in altro modo! Parla di rete che raccoglie pesci buoni e meno buoni e dice che sarà proprio il Signore, alla fine dei tempi, a fare la selezione. Il Signore, non noi. E alla fine dei tempi, non oggi. Invece viviamo con insofferenza il fatto che nella Chiesa, a volte nella nostra comunità di appartenenza, ci siano cristiani che giudichiamo poco seri o troppo antiquati o fanatici. Questa evidenza rovina l'idea di Chiesa pura e santa che inconsciamente portiamo nel cuore, la Chiesa dei perfetti, la Chiesa dei migliori che non è mai stata l'idea di Chiesa che Cristo ha voluto. E poi smettiamola con l'idea di dividere sempre il mondo separando i buoni (e casualmente ci siamo anche noi fra questi...) e i malvagi. Il confine passa dentro di noi, nelle nostre anime: grano e zizzania crescono dentro di noi, non attorno a noi. Perciò facciamo come ha saputo fare Matteo, scriba per il Regno, sappiamo valutare con intelligenza le dinamiche nuove del discepolato, sappiamo guardare alla novità assoluta che Gesù è venuto a portare, senza cadere nelle solite visioni piccine che portiamo nella testa. |
Vangelo del giorno 29/07/2015
Gv 11,19-27
Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio. | |||
Commento a Gv 11,19-27 Marta invece era distolta per i molti servizi L'uomo è perennemente assalito dalle cose. Non si tratta in nessun caso di un assalto momentaneo. Esso è perenne, attimo per attimo e giorno per giorno, senza alcuna tregua. È questa una guerra perenne, senza alcun armistizio. Siamo assaliti e travolti dalle cose da fare. Esse ci tolgono ogni respiro di vita. Non si ha tempo oggi neanche per celebrare con dignità il giorno del Signore. Il tempo non basta mai. Più ne abbiamo e più non è sufficiente, proprio a causa di questo attacco selvaggio delle cose verso di noi. E più tempo diamo alle cose e più esse se ne prendono, fino a toglierci il respiro. Possiamo affermare che oggi l'uomo è perennemente distolto non solo per le grandi cose, spesso anche per le piccolissime, addirittura anche dall'ozio, dal non fare niente, dalla futilità e dalla vanità. Poiché le cose sono la materia, chi ne fa le spese è lo spirito, l'anima. Questi vengono privati del loro vero ossigeno che è il contatto con il divino, con Dio, nella sua Parola, nei suoi sacramenti, nella preghiera, nella comunione fraterna, dalla quale si può attingere un grande bene. Il nostro coinvolgimento nelle cose è così invasivo, da non comprendere chi accanto a noi vive una vita regolata, sana, ordinata, nella quale lo spirito e l'anima conservano sempre il primo posto, il posto d'onore e di privilegio che spetta loro. Vorremmo che anche loro si lasciassero coinvolgere assieme a noi in questo vortice che soffoca lo spirito e lo rende incapace di governare l'uomo secondo verità e giustizia, santità e grazia, verità e profonda e immensa carità. Chi si lascia afferrare dalle cose, diviene cosa tra le cose. Perde la sua vera identità. Chi invece si lascia conquistare dallo spirito e dona ad esso il suo buon nutrimento, dallo spirito sempre portato nella più alta verità, dona verità ad ogni cosa. Tutto è visto secondo sapienza divina ed eterna. Tutto riceve il suo giusto valore. Tutto acquisisce la sua verità di origine. Lo spirito portato nella verità libera le nostre relazioni dalla menzogna che sempre le avvolge. Uno spirito vero vede secondo verità. Uno spirito libero agisce sempre secondo libertà. Uno spirito di luce illumina ogni cosa. Marta è figura, simbolo del mondo che si lascia sempre attrarre e travolgere dalle cose, fino al nervosismo, alla perdita di identità spirituale e morale. Questa donna pensa che la relazione con le persone si debba necessariamente fondare sulle cose. Ignora però che alcune cose sono vere e altre false, alcune gradite e altre sgradite, alcune buone e altre cattive. Questa donna manca del vero discernimento. Fa e basta. Non sa che quando si è nella vera sapienza del cuore e della mente, a volte neanche si deve fare, perché nessuno necessita delle cose che noi intendiamo fare. Maria invece è donna saggia, prudente, accorta. Prima porta se stessa nella verità, nella sapienza che vengono da Dio, dal Cielo, e che sono tutte in Cristo Gesù. Una volta che il suo spirito è pieno di luce, di verità, di sapienza soprannaturale ed eterna, potrà svolgere ogni altra cosa con grande semplicità. Saprà che molte cose sono inutili, altre dannose, altre ancora non gradite e si limiterà a fare solo ciò che è molto buono. Apparentemente Maria ha perso tempo. In realtà ne ha guadagnato molto. Marta sembra colei che non vuole sciupare il tempo, mentre in realtà ne sta perdendo moltissimo, perché fa cose inutili. Un'ora data a Dio per ricolmarci di grazia e di verità, di sapienza e di luce, di giustizia e di santità, ci fa guadagnare tutta la vita e tutta l'eternità, perché ci fa fare cose solo utili per la terra e per il Cielo. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di vera sapienza. |
martedì 28 luglio 2015
Vangelo del giorno 28/07/2015
Mt 13,36-43
Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. | |||
Commento su Mt 13,36-43 Esiste il male, e agisce, funziona, opera. Spesso si parla del maligno, nella Bibbia, a lui si attribuivano gli aspetti negativi della realtà ma anche le cose che non si riuscivano a spiegare come ad esempio alcune manifestazioni di malattie neurologiche o psichiatriche. L'approccio biblico è semplice: esiste una parte oscura della realtà, anch'essa creata, non contrapposta a Dio, che è luce e bontà, come principio autonomo. Questa realtà opera per intorbidire le acque, per allontanarci dal bene, dalla luce: semina zizzania nella nostra vita a piene mani. Ma, e questo è stupendo, nei vangeli il maligno è chiamato "avversario", cioè colui che si riesce a vincere. Nulla a che vedere con l'eroe decadente che la nostra modernità ha creato, facendolo diventare quasi un modello drammatico che suscita simpatia. Quando parliamo di maligno, allora, lasciate perdere i film di horror e i libri che raccontano di esorcismi: se viviamo una vita affidata al Signore, con semplicità e fede, abbiamo in casa chi ci difende e protegge e nessuno può penetrare nella nostra serenità. Esiste il maligno e agisce ma noi confidiamo in colui che ha sconfitto l'avversario. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, confermateci in questa fede. |
domenica 26 luglio 2015
Vangelo del giorno 27/07/2015
Mt 13,31-35
Il granello di senape diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami. | |||
Commento a Mt 13,31-35 Il regno dei cieli è simile a un granello di senape
Dio sempre inizia con un piccolo numero. Con l'uomo è sempre così. Se leggiamo il racconto della creazione secondo la Genesi, notiamo che ogni altra cosa è stata creata in gran numero: stelle, alberi, pesci, animali. Dell'uomo Dio ha fatto una sola coppia. Addirittura ha creato prima il solo Adamo e poi da Adamo ha fatto Eva. Così dicasi di tutta la storia della salvezza. Noè è salvato con otto persone in tutto. Abramo, Isacco, Giacobbe sono un piccolo numero. Anche in Israele vi è stato un tempo in cui il Signore ha ricominciato con un piccolo resto. Gesù stesso parla di piccolo gregge. Il Salmo canta quest'azione di Dio nella quale si manifesta tutta la sua sapienza.
Gesù viene. Annunzia il mistero del regno di Dio. Esso è in tutto simile ad un granello di senape. Assai piccolo in verità. Una volta però che da esso spunta la nuova pianta, questa si fa tanto grande da permettere agli uccelli del cielo di fare il nido tra i suoi rami. È questa la vitalità del regno di Dio. Inizia con poche persone: una, due, tre, dieci, dodici, quindici, venti, ma poi la vitalità e l'onnipotenza della grazia lo fanno sviluppare in un modo impensabile. Il segreto è però uno solo: che il seme sia vero seme e non un granello di sabbia. Il seme possiede il principio della vita nel suo seno. Il granello di sabbia è morto. Quando in un cuore convertito vi è il principio della vita soprannaturale, questa esplode e conquista molte altre anime, in un modo quasi "naturale". Altra immagine del regno di Dio è il lievito. Vi è una grande sproporzione tra la farina da fermentare e il lievito che viene usato. Quella è molta, questo è pochissimo. Eppure il lievito ha tanta vitalità in sé da fermentare una grande massa di pasta. Deve essere però vero lievito, altrimenti la pasta rimane azzima. Se il cristiano è vero cristiano, vero discepolo di Gesù, vero suo testimone, vero suo corpo, vero figlio di Dio, vero tempio dello Spirito Santo, vero rigenerato, vero uomo evangelico, con la sua nuova vita a poco a poco riuscirà a fermentare molta pasta. Il segreto del regno di Dio è però uno solo: il tempo. Per crescere, il granello di senapa ha bisogno di tempo. Per fermentare la pasta, il lievito ha anch'esso bisogno di tempo. Senza tempo non si costruisce il regno di Dio. Il tempo necessità però di lunga perseveranza, di una vita tutta impegnata nella diffusione del regno di Dio. Noi non edifichiamo il regno attorno a noi per due motivi: perché non siamo veri cristiani e perché, anche se lo siamo, lo siamo per poco tempo. Poi ci stanchiamo di esserlo, perché non si è cristiani per un giorno, ma per tutta la vita e la perseveranza stanca. Tutti iniziamo bene. Tutti finiamo male. La stanchezza ci vince e non perseveriamo. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perseveranti. |
sabato 25 luglio 2015
Medjugorje Messaggio del 25/07/2015
Messaggio del 25 luglio 2015
Cari figli! Anche oggi con gioia sono con voi e vi invito
tutti, figlioli, pregate, pregate, pregate perchè possiate comprendere l' amore
che ho per voi. Il mio amore è più forte del male perciò, figlioli,
avvicinatevi a Dio perchè possiate sentire la mia gioia in Dio. Senza Dio, figlioli,
non avete ne futuro, ne speranza, ne salvezza, perciò lasciate il male e
scegliete il bene. Io sono con voi e con voi intercedo presso Dio per i tutti
vostri bisogni. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
Vangelo del giorno 26/07/2015
Gv 6,1-15
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano. | |||
Commento a Gv 6,1-15 Siamo in piena estate, le notizie dei telegiornali non disdegnano le tradizionali carellate di gossip delle vacanze dei vip. A Milano continua la maratona dell'EXPO, dove il tema del cibo è messo bene in mostra, con sfilate di potenti e scambi affascinanti di culture non solo culinarie. E intanto, le tragedie degli ultimi del mondo non terminano, anzi sembrano acuirsi con maggiore drammaticità. Ci entrano nelle case e negli occhi le immagini dei disgraziati esuli del Mediterraneo, a volte stravolti ma sopravissuti, altre - tante - volte giunti alla inesistente terra promessa senza più fiato da dare. E folle di disgraziati si ammassano presso altre innumerevoli frontiere del mondo, verso nazioni che spesso diventano mete vecchie e nuove di illusorie fantasie di salvezza. Gli stati erigono muri e barriere di difesa. O forse sarebbe meglio chiamarle per nome: di discriminazione! Mentre scoppiano le bombe, muoiono gli innocenti anche a casa loro, senza distinzione di stato sociale e di religione. Non possiamo che guardare a questa immensa folla, oggi, mentre Gesù guarda quella grande folla che lo seguiva... perché vedeva i segni che compiva sugli infermi (v. 1). In quella gente assetata di un gesto di speranza e di cura, Gesù vede anche noi e questa nostra umanità ferita dei giorni nostri. Siamo lì con loro, e gli occhi allora non possiamo e non dobbiamo chiuderli. Il mondo soffre, e molto. Soffre perché ha fame e sete di giustizia. E continua ad avere fame e sete di pane e di acqua materiali, oltre che spirituali. È vero, non sono i soldi che risolveranno il problema. Filippo lo dice da economo un po' tirchio, ma realista. Gesù lo ripete, con un altro stile, però: senza nascondersi dietro la scusa, senza rinunciare alle proprie responsabilità, senza abbattersi e ritirarsi di fronte alla sproporzione del dramma. Gesù è disposto a pagare di persona. E desidera coinvolgere anche i suoi discepoli nella stessa logica, nella stessa rivoluzione. No, non sono i soldi che risolveranno il problema: i soldi si possono usare anche per comprare armi e per costruire barriere. Ma è la mentalità nuova che compirà il miracolo. La mentalità di un ragazzo, fresco e pulito come ancora se ne trovano per le strade del mondo. La trasparenza della gioventù va custodita, va amata come un valore necessario alla bellezza del mondo. Un fanciullo, forse un poco ingenuo, mette a disposizione tutto quello che ha, senza trattenere neanche una briciola per sé. Avrebbe avuto senso garantirsi almeno la propria pagnotta: avrebbe forse dato un tono di sicurezza ai suoi genitori, se erano lì presenti. Invece lui dà tutto, disposto a perderlo. Paga di persona, come farà Gesù. Gesù impara dai piccoli. La purezza di questo dono rende gli occhi di Gesù ancora più teneri. Nel mezzo del sudore della gente, tra tanta stanchezza che lo circonda, oltre il sospetto dei suoi più vicini collaboratori, egli vede la bellezza del creato. C'è molta erba in quel luogo segno che il Padre Creatore non si è dimenticato di dare un poco di ristoro a chi è affaticato e oppresso (cfr. Mt 11,28). Dio è umile di cuore, come i piccoli. Per questo la folla, che è come un gregge senza pastore, può sedere e trovare ristoro. Il riposo della creazione si rinnova. Ma questa volta Dio non contempla più da solo la meraviglia delle sue creature. Ora insegna anche a loro la via per divenire figli e figlie: è la via della condivisione e della solidarietà, che nasce dal germe del dono. Chi desidera vedere con gli occhi di Dio e imparare a contemplare, deve lavarsi al collirio della gratuità. Chi desidera amare con il cuore di Dio, deve svuotare il proprio e liberare le mani da ogni attaccamento che ne appesantisce le idee. Così furono saziati. Tutti. E oltre ogni aspettativa. Così ne avanzò tanto, di pane e di pesce, da poter sfamare un altro popolo, il popolo che è la Chiesa. Così la povertà del trattenuto si trasforma nella sovrabbondanza del dono. Profezia commovente - come si è commosso il cuore di Dio in Gesù - di un mondo davvero rinnovato, della vera Terra promessa. Guardiamo all'unico popolo di oggi, che ha fame, tanta fame di pace e di riconciliazione, di vita e di speranza. Guardiamo con gli occhi e il cuore di Dio, disposti a dare tutto quello che a noi tocca perché si realizzi la comunione annunciata dall'Eucaristia. Guardiamo con la logica del servo, perché è l'animo trasparente e umile del piccolo, e non la corona altezzosa del re, che salverà il mondo. |
venerdì 24 luglio 2015
Vangelo del giorno 25/07/2015
Mt 20,20-28
Il mio calice, lo berrete. | |||
Commento su Mt 20,20-28 Nel cuore dell'estate la Chiesa fa memoria di Giacomo, fratello di Giovanni, entrambi figli di Zebedeo, pescatore e, forse, discepolo del Battista. È un invito a tornare alle radici, là dove affonda la nostra fede, nella testimonianza di chi c'era. Ci sono persone chiamate a fare un'esperienza unica e straordinaria della presenza del Signore. Per sua iniziativa, per sua libera scelta, per sua grazia, sono chiamate a stare con lui. Fra questi abbiamo Giacomo, uno dei figli di Zebedeo che, insieme a Pietro e Giovanni, ha seguito il Maestro nelle esperienze più importanti, dal monte Tabor al Getsemani. Ma questa vicinanza tutta particolare avviene perché si diventi testimoni. Così Giacomo fu il primo a rendere testimonianza al Signore, morendo per primo fra gli apostoli sotto la persecuzione di Agrippa. Secondo la tradizione fu Carlo Magno a scoprirne la tomba con i resti, traslati poi da Gerusalemme in Spagna in quello che ora è uno dei luoghi più visitati dai pellegrini: Santiago di Compostela. Anche noi, se abbiamo una qualche particolare esperienza di vicinanza col Signore, se abbiamo una vita di preghiera intensa e una sensibilità spirituale sviluppata, è perché questi doni debbono essere messi a disposizione dei fratelli che incontriamo. Nella Chiesa chi più ha più dona, così Giacomo ha saputo rendere testimonianza al Signore fino in fondo. Chiediamogli la stessa passione, la stessa costanza. |
giovedì 23 luglio 2015
Vangelo del giorno 24/07/2015
Mt 13,18-23
Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto. | |||
Commento su Matteo 13,18-23 È difficile accogliere la Parola, difficile capirne il significato profondo. Difficile farla vibrare nella quotidianità e ispirare le nostre scelte alle indicazioni che da essa ricaviamo. Per molte ragioni: la mancanza di tempo, la mancanza di cultura biblica minima, la fatica a penetrare una Parola spesso complessa e da situare storicamente... Ma anche a causa di una certa nostra pigrizia mentale che ci fa credere di saperne già abbastanza, di non averne bisogno, di essere sufficientemente cristiani, sufficientemente discepoli, che in fondo siamo migliori dei tanti che non vanno in Chiesa e che non credono. Dio continua a seminare la sua Parola a piene mani, esagerando, la troviamo ovunque. Possiamo trovarla stampata, organizzata in sussidi di preghiera (come questo!), scaricarla da internet, farcela arrivare gratuitamente ogni giorno sul nostro cellulare. Ma è il cuore a doversi aprire per poterla accogliere. E la volontà deve crescere per non lasciare che la Parola diventi la moda di un momento, l'entusiasmo di un tempo limitato, per non lasciare che la Parola venga soffocata dall'ansia della vita quotidiana. E se apriamo il cuore, la Parola (non noi!) in noi porterà frutto... |
Vangelo del giorno 23/07/2015
Gv 15,1-8
Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto. | |||
Commento a Gv 15,1-8 Nell'Antico Testamento la vita, ogni vita, sgorga per l'uomo dalla sapienza. Una delle immagini della sapienza è la vite.Gesù è la Sapienza eterna che si è fatta carne, venuta in mezzo a noi per darci la grazia e la verità. Non esistono tralci senza la vite. Non può esistere vite senza tralci. Vita e tralci sono una cosa sola. Se il tralcio si slega dalla vite, non produce più alcun frutto. Così è dell'uomo, se si slega da Cristo Gesù non può fare veramente nulla. È in tutto simile ad un tralcio messo in terra a seccare per essere bruciato nel fuoco. Le verità contenute in questa allegoria di Gesù sono molteplici. Peccato che nessuno più crede in esse. È come se Gesù mai avesse parlato e mai profetizzato la realtà di ogni suo discepolo. Tutto oggi è pensato e vissuto senza Cristo Gesù, fuori di Lui, lontano dal suo corpo. Nessuno pensa che veramente il Padre dei Cieli tagli e poti, innesti ed allontani dalla vite, curandola in ogni tempo perché produca molto frutto. Altri pensano che la via sacramentale sia sufficiente per essere uniti a Cristo Gesù. Gesù non parla di questa via. Parla invece della via della Parola. Rimane in Cristo chi rimane nella sua Parola. È fuori di Cristo chi è fuori della sua Parola, anche se per sacramento è in Cristo. Se non lo diviene anche per Parola - ed è proprio questo il fine - il sacramento viene esposto a nullità. È dato, ma non produce alcun frutto, perché i frutti del cristiano sono la Parola del Signore vissuta in tutta la sua interezza, senza nulla aggiungervi e nulla togliervi. La Parola è tutto per un discepolo di Gesù e ogni cosa deve essere finalizzata a che la Parola sia vissuta per intero, sempre. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci rimanere nella Parola. |
mercoledì 22 luglio 2015
Vangelo del giorno 22/07/2015
Gv 20,1-2.11-18
Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose. | |||
Commento su Gv 20,1-2.11-18 Quanto è amata la piccola Maria di Magdala? Simbolo della misericordia e del perdono ricevuto, la santa unisce in sé tre figure storiche: la peccatrice perdonata, la sorella di Lazzaro e una discepola proveniente da Magdala. A Vézelay, in Borgogna, una straordinaria Cattedrale romanica custodisce, secondo la tradizione, le spoglie mortali di santa Maria Maddalena. Quel luogo è così diventato il tempio della tenerezza e del perdono, della misericordia e della compassione. Attraverso un percorso iniziatico, il pellegrino sperimentava la misura della bontà di Dio. Appena prima di uscire da una delle tre porte della facciata, un capitello posto in alto, inaccessibile alla vista, rivela il paradosso dei paradossi. Lo scultore raffigura l'impiccagione di Giuda, il maledetto per antonomasia. La rappresentazione è quella consueta medievale: l'anima di Giuda esce dal suo corpo esanime mentre un demone la rapisce. Ma sull'altro lato un pastore, il buon pastore, porta sulle spalle il povero Giuda. Il volto del pastore è diviso a metà, mischiando gioia a sofferenza. È Cristo che porta sulle sue spalle l'anima di Giuda. Solo in quel luogo si poteva osare tanto. Maria di Magdala continua a ricordarci la misura senza misura dell'amore infinito di Dio. Lei che ha sperimentato il perdono senza condizioni, ancora ci invita a diventare discepoli della compassione. |
martedì 21 luglio 2015
Vangelo del giorno 21/07/2015
Mt 12,46-50
Tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!». | |||
Commento su Mt 12,46-50 Siamo fratello, sorella e madre del Signore Gesù. Perché ascoltiamo la sua Parola e la mettiamo in pratica, perché cerchiamo, nel nostro limite, di vivere alla sua presenza, e camminiamo sulla via dell'amore ricevuto e donato. Siamo famigliari di Dio e, per molti, l'esperienza della fede e della Chiesa è più di un rapporto famigliare di sangue. Per molti fra noi, l'intimità di spirito raggiunta con alcuni amici nel Signore è cento volte più vera e forte di una relazione con fratelli assenti, con genitori egoisti e dispotici, di sorelle gelose. Senza enfatizzare o idealizzare, il vangelo propone una nuova forma di vita comune che supera i legami famigliari, troppo condizionati dalla società, troppo legati alle influenze del pensiero comune. La famiglia può essere (dovrebbe!) il luogo dell'educazione alla vita e alla fede, delle relazioni stabili ed equilibrate, della ricerca comune del bene. Succede, sempre più spesso, che diventi il luogo del malessere e del disagio, della vessazione e della prevaricazione. Ispiriamo le nostre famiglie alla logica del vangelo, alle nuove relazioni che scaturiscono dall'appartenere a Cristo. E gioiamo di appartenere alla grande avventura che è la Chiesa! |
domenica 19 luglio 2015
Vangelo del giorno 20/07/2015
Mt 12,38-42
La regina del Sud si alzerà contro questa generazione. | |||
Commento a Mt 12,38-42 Segni, segni, siamo sempre a chiedere segni! Dio ha una pazienza infinita con noi! Quante volte vedo dei fratelli che non pensano a Dio per la quasi totalità della propria vita salvo, poi, appena accade una qualche disgrazia, rivolgersi a Lui con concitazione e improvvisa devozione, giungendo anche al ricatto: «Dio, se esiti, fa' che accada così e così». Andiamo! Siamo seri e prendiamo sul serio Dio! Abbiamo davvero bisogno di segni eclatanti? Di eventi prodigiosi? Per arrivare a quale conclusione? Il problema è il nostro sguardo: il Signore continua a colmare di segni della sua presenza la vita di ciascuno di noi. Ai suoi contemporanei e a noi Gesù propone un duplice segno, quello di Giona, che, restando nel ventre del pesce per tre giorni, diventa prefigurazione della morte e resurrezione di Gesù, e quello della sua predicazione che portò a conversione la gente di Ninive. Gli unici segni che il Signore è disposto a dare sono il grande segno della sua resurrezione e le tante riflessioni e gli inviti a conversione che ci giungono tutti i giorni da mille parti per bocca di inattesi profeti e testimoni di Dio. Non cerchiamo scuse, amici, ma lasciamo che oggi Parola di Dio scuota il nostro intimo e spalanchi la diga della conversione, perché ben più di Giona c'è qui! |
sabato 18 luglio 2015
Vangelo del giorno 19/07/2015
Mc 6,30-34
Erano come pecore che non hanno pastore. | |||
Commento su Marco 6,30-34 Gesù accoglie i suoi tornati dall'annuncio di domenica scorsa. Sono entusiasti ma stanchi, pieni di gioia e di luce negli occhi. Li ascolta col sorriso, perché Gesù ama il successo dei suoi subalterni, è felice delle nostre gioie, non è un Maestro che adora essere adorato. Il Signore ci propone di passare le vacanze con lui, nel silenzio, nel deserto, ci chiede di fidarci, di guardarlo negli occhi, perché lui è il pastore che si commuove della fatica delle pecore, il pastore che non vuole a tutti i costi venderci qualcosa. Gesù propone ai suoi di andare in disparte, con lui, a riposare un po'... C'è il rischio di vedere la vacanza come un momento di euforia, di eccesso, di esteriorità. Le vacanze, specie quelle che permettono viaggi lontani, sono sempre più diffuse ma sono davvero occasioni di rispetto e confronto con culture diverse? Di approfondimento della complessità dell'uomo? Sappiamo cogliere la vacanza come un dono, come un momento di ascolto e di confronto con gli altri, uscendo dal nostro orizzonte e dai nostri giudizi per accogliere con dignità la vita di altri popoli? Abbiamo sempre pronta la scusa di non avere tempo da dedicare alla preghiera: perché non ricavarlo durante il tempo del riposo? Il Signore ci invita a riposarci, ad andarcene in disparte certo, ma con lui, per ritrovare l'armonia tra il corpo e lo spirito che la frenesia del lavoro spesso interrompe. Una seconda, consolante parola, per tutti gli altri. |
Vangelo del giorno 18/07/2015
Mt 12,14-21
Impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto. | |||
Commento su Mt 12,14-21 Fugge i farisei che lo vogliono morto. Non vuole lo scontro, non aizza i suoi discepoli, comunque fedeli e determinati, a difenderlo con la violenza. Non vuole nemmeno sollevare le folle sfruttando la sua notorietà e i miracoli che ha compiuto: chiede ai guariti di tacere, di nascondere i prodigi. Giustamente Matteo evangelista cita un brano di Isaia: Gesù interpreta correttamente un messianismo dimesso, compassionevole, misericordioso, che sa aspettare. Non valuta le conseguenze che ne possono scaturire: sarà la violenza ottusa degli uomini di religione ad ucciderlo. Ma lui non contraddirà mai la sua visione pacificata di Dio. E noi, suoi discepoli, come ci comportiamo? Sempre arroccati sulle difensive, a volte ho paura che nella nostra inutile severità spezziamo tante canne fragili e spegniamo mille lumini fumiganti... Corriamo il rischio, per difendere il vangelo, di ergerci a paladini inflessibili, dimenticando l'esempio che il Maestro ci ha donato: difendendo la verità non ha mai offeso o umiliato chi non l'aveva ancora scoperta. Impariamo dal Signore, allora, ad avere pazienza, ad essere misericordiosi come lui è stato. |
venerdì 17 luglio 2015
Vangelo del giorno 17/07/2015
Mt 12,1-8
Il Figlio dell’uomo è signore del sabato. | |||
Commento su Mt 12,1-8 No Signore, siamo onesti, proprio non abbiamo ancora capito cosa significhi "misericordia io voglio e non sacrifici". Non lo hanno capito i farisei, non lo capiamo noi. Meglio il sacrificio, meglio una visione lugubre e sanguinante della fede, per poterti rinfacciare quanto abbiamo patito durante la vita e quanto tu sia stato poco attento a noi. Meglio una fede costruita intorno ai paletti, alle cose da fare o da non fare, ai precetti che tu avevi liquidato col grande esempio dell'amore e che noi cattolici siamo così abili nel resuscitare e imporre agli altri. No, non abbiamo capito che tu preferisci cento volte un gesto di compassione autentica ad uno di devozione forzata. Non abbiamo capito la Scrittura, che tu citi e conosci in maniera sorprendente, con intelligenza, vivendola al di là e al di dentro della lettera. No, non abbiamo capito quanto sia liberante diventare tuoi discepoli, quanto sia immensamente impegnativa la libertà accolta con intelligenza e consapevolezza. No, Signore, proprio non abbiamo capito quanto sia esigente la libertà, quanto più impegnativa sia la misericordia. Non ti stancare di ripetercelo, Signore, e abbi pietà di noi. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci della vera religione. |
mercoledì 15 luglio 2015
Vangelo del giorno 16/07/2015
Mt 11,28-30
Io sono mite e umile di cuore. | |||
Commento su Mt 11,28-30 Per capire il significato di questa pericope, occorre anzitutto ricordare che “il giogo” era una metafora consueta nel mondo giudaico per indicare la Legge, cioè l’insieme di norme, precetti, usi e tradizioni che il singolo e il popolo dovevano osservare per rimanere nell’alleanza conclusa con Dio al Sinai (cfr. Es.19-20). Accettare di “sottoporsi al giogo” significava accettare i precetti della legge biblica e “prendere il giogo” voleva dire mettersi alla scuola di un maestro per apprendere la legge….
L’espressione “stanchi e oppressi” con cui Gesù si rivolge
ai suoi ascoltatori indica, nel linguaggio semitico, proprio quell’oppressione
dell’infinita precettistica che gravava sulla gente. Ebbene, ora il Maestro
offre ai giudei qualcosa di assolutamente nuovo e diverso: il ristoro, cioè
un’insperata liberazione, una serenità, una gioia, una tranquillità che essi,
nella situazione quotidiana sopra descritta, non avevano mai conosciuto.
E da che cosa deriva questo “ristoro”? Dal fatto che Gesù
propone un altro “giogo” (permane la metafora già spiegata), il suo: esso
consiste nella nuova Legge che Gesù fa conoscere attraverso parole e gesti,
“nuova” non nel senso che cancelli l’antica, ma nel senso che ne recupera il
cuore, l’essenziale, il quale si era perduto, soffocato com’era dalla “selva”
di centinaia e centinaia di prescrizioni e proibizioni.
Ora Gesù, essendo il Figlio per eccellenza (come abbiamo
visto al v.27), conosce il Padre e sa quello che Dio voleva quando consegnò la
Legge a Mosè per stringere l’alleanza, quali erano le Sue intenzioni profonde.
Di fronte alle degenerazioni e ai travisamenti che abbiamo ricordato, Egli
reagisce adeguatamente, ricordando a scribi, farisei (e noi) quelle che sono
davvero le prescrizioni più importanti della Legge: la giustizia, la
misericordia e la fedeltà (Mt.23,23) e soprattutto quello che è il centro, il
cuore della Torah: amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi
(cfr. Mt.22,36-40).
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martedì 14 luglio 2015
Vangelo del giorno 15/07/2015
Mt 11,25-27
Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. | |||
Commento su Mt 11,25-27 Esulta Gesù. Esulta nello Spirito, la gioia dilaga, parte dal cuore ed esce dalle sua labbra. Esulta perché si stupisce. Che bello vedere Dio che si meraviglia! E si meraviglia della strategia del Padre, della sua logica inattesa: non sono i sapienti, i dotti che scoprono le cose del Regno, ma gli ultimi, i reietti, i semplici. Quant'è vero! Gesù non esalta certo la povertà, e nemmeno l'ignoranza ma mette in luce il fatto che chi vive momenti di fatica può, paradossalmente, non avere nulla da perdere e spalancare il proprio cuore alla speranza. I dotti dell'epoca, coloro che sanno e che si credono sapienti passano il tempo a polemizzare con Gesù, giocano a fare i teologi, controbattono senza lasciarsi scalfire dalla Parola del Signore che scuote. Così anche oggi: spesso le persone che incontro si definiscono "atee" senza mai avere cercato. Fa fine professarsi agnostici, giocare a fare gli intellettuali che citano l'ultimo articolo scandalistico che riguarda la Chiesa. No, non è questo l'atteggiamento che ci prepara all'incontro: solo un cuore che sceglie di arrendersi, che valuta il limite della ragione sa spalancarsi all'inaudito di Dio. |
lunedì 13 luglio 2015
Vangelo del giorno 14/07/2015
Mt 11,20-24
Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi.
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Commento su Matteo 11,20-24 Il dolore di Gesù deborda. Non si aspettava tanta durezza, tanta ostilità, tanta piccineria. Venuto per annunciare la rivoluzione di Dio, la buona notizia della sua compagnia, si ritrova a dover fare i conti con l'indifferenza, con la presunzione di chi pensa di sapere già tutto, di essere salvo, di non avere bisogno di conversione. Soffre, il Signore, soffre terribilmente. E sbotta: come è possibile che la presunzione possa allontanare dalla salvezza? Le città pagane che nella Bibbia sono diventate l'emblema della perdizione verranno salvate, diversamente dalle città sante che si crogiolano nella loro sicumera. Oggi, Gesù, cosa direbbe delle nostre chiese cristiane? Delle nostre comunità sedute e arrivate, che vivono con insofferenza ogni cambiamento, ogni forte invito alla conversione? Cosa direbbe delle nostre parrocchie che rischiano di ridursi ad agenzie di servizi religiosi? Delle nostre convinzioni inossidabili che, in realtà, sono un incrocio fra superstizioni e modi di dire tradizionali? Stiamo attenti, discepoli del Signore, a non ricevere lo stesso rimprovero, a non fare della nostra fede un comodo cuscino su cui sedersi! Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci scegliere sempre la luce. |
Vangelo del giorno 13/07/2015
Mt 10,34-11,1
Sono venuto a portare non pace, ma spada. | |||
Commento a Mt 10,34-11,1 Gesù conclude il lungo discorso di invio dei discepoli richiamando l'essenziale. E, quando Gesù richiama l'essenziale, bisogna tenersi ai braccioli. La famosa (e male interpretata!) affermazione al cuore del vangelo di oggi dice l'essenziale del messaggio cristiano: Gesù è più grande della più grande gioia che possiamo sperimentare. Più dell'amore di una donna/di un uomo, più della gioia di diventare padre/madre, più di ogni bene o avventura, o emozione, Gesù pretende di colmare il cuore di ogni discepolo. Per fare quest'esperienza Gesù ci chiede di metterci interamente in gioco, di essere disposti a perderci in lui. La tristemente famosa croce da portare, non consiste in qualche sofferenza terribile che ci può capitare, ma in uno stile di vita di chi, come Gesù, è disposto a donare la propria vita. È come se Gesù dicesse: solo donando la tua vita come me puoi fare esperienza di quanto io ti possa amare! Sfida impegnativa, la sua, ma ricca di conseguenze. Se proprio non riusciamo a donare tutta la nostra vita, a portare la croce dell'abbandono al Padre, cerchiamo almeno, in questa giornata, di vivere la provocazione di Gesù che ci dice di poter diventare più grande della più grande gioia che possiamo vivere... |
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