martedì 29 settembre 2015

Vangelo del giorno 30/09/2015

Lc 9,57-62
Ti seguirò dovunque tu vada.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Parola del Signore


Commento su Luca 9, 57-62

Mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: Ti seguirò dovunque tu vada. E Gesù gli rispose: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo.
Lc 9, 57-62


Quel tale probabilmente era un giovane. Se non di età, certo di cuore. Aveva avvertito il fascino, il valore di una persona pienamente umana e insieme divina.

Eccolo dunque pronto a seguire Gesù sulle strade affollate da gente entusiasta, attirata da "grandi segni" che Egli compiva: guarigioni di ogni sorta, pronunciava parole luminose, promessa di una vita oltre questa vita. Certo che seguirlo valeva pienamente la pena! 

La risposta di Gesù è all'insegna di una verità bruciante, senza orpelli. La sua vita (e dunque anche quella di chi lo segue) all'insegna della povertà .

Come spesso avviene, Gesù si esprime con l'iperbole: "non ha dove posare il capo" .

Al di là, o meglio nel cuore dell'espressione, c'è questa verità: Gesù vive libero da ogni possesso e propone uno stile di assoluta essenzialità.

Signore, quanto è attuale anche per me questa proposta, oggi! In una società idolatra di ogni tipo di "avere", tu mi proponi la "libertà dell'essere" .
Aiutami, ti prego, a essere critico/a di tante proposte e inviti a comperare sempre più cose. Fammi scoprire quanto è bello fare a meno del sovrappiù anche per dare, libero e contento, quello che per me è di troppo e per il povero è necessario.

lunedì 28 settembre 2015

Vangelo del giorno 29/09/2015

Gv 1,47-51
Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore


Commento su GV 1,47-51

«In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».

GV 1,47- 51

Come vivere questa Parola?

Questa settimana siamo provocatoriamente obbligati a pensare agli angeli: la festa di oggi e quella prossima  ci mettono davanti queste persone senza corpo, tutte spirito e anima, che entrano nella nostra vita e ci mediano il mistero di Dio. Nel primo testamento i tre festeggiati di oggi hanno preso anche corpo in alcuni racconti: hanno accompagnato Tobia e guarito Tobi, erano nella fornace con Daniele. Luca ancora, per raccontare l'annuncio a Maria della nascita di Gesù, chiama in causa Gabriele e Giovanni nella sua visione di Patmos vede Michele combattere con il drago, il serpente antico che seduce a terra. 

È bello sapere che esistono persone forti, così legate a Dio da esserne sua diretta mediazione. Le nostre vicende sono attraversate dalle nostre incerte decisioni, dalle nostre paure, dal nostro impegno e entusiasmo. Ma anche da queste forze divine, che non sostituiscono ma rafforzano la volontà di ciascuno di noi quando desideriamo essere sempre più immagine di Dio e fare con amore il suo volere.

Al concretissimo Natanaele Gesù (dopo l'elogio che provoca l'umile riconoscimento di Natanaele della divinità di Gesù) promette la visione di questi angeli che scendono e salgono davanti a Dio. È la promessa della vita interamente condivisa con Dio, in un faccia a faccia impossibile per gli ebrei, ma reso tale per tutti nel mistero dell'incarnazione.
Signore, i tuoi arcangeli proteggano la nostra esistenza. Con la loro forza guariscano i nostri scoraggiamenti, ci aiutino a combattere per il bene e ci portino a vederti faccia a faccia.

domenica 27 settembre 2015

Vangelo del giorno 28/09/2015

Lc 9,46-50
Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Parola del Signore


Commento su Luca 9,46-50

Chi è il più piccolo fra tutti i voi, questi è il più grande.
Lc 9,46-50


Il contesto è una scena vivace. I discepoli discutono tra loro, non certo con gioia e pace. La ragione è il loro eterno problema: Chi è il più grande, chi, tra loro, conta di più?

Gesù questa volta non inventò una delle sue stupende parabole, ma fa un gesto di sorprendente bellezza. Prende un bambino, e se lo pone accanto. Poi in certo senso, si identifica con lui, perché dice che accoglierlo vuol dire accogliere la sua persona adorabile. Ecco, come fa spesso, capovolge completamente il criterio di grandezza dei mondani.

Il più piccolo tra tutti voi - dice - questo è grande .

Nella mia pausa giornaliera, oggi contemplo Te, Gesù! Lascio che il cuore sia abitato dallo stupore del bimbo vicino a te o addirittura sulle tue ginocchia. Il bambino e la sua semplicità, fuori da ogni presunzione saccenteria, vanità. Il bambino con occhi che rispecchiano il cielo della verità e dell'amore.

Ti prego, rendimi semplice perciò libero, vero, pienamente tuo e di quelli a cui tu mi mandi.

sabato 26 settembre 2015

Vangelo del giorno 27/09/2015

Mc 9,38-43.45.47-48
Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Parola del Signore


Commento su Marco 9,38-43.45.47-48

"Non è dei nostri": quante volte l'ho sentito dire nei paesi, tra i tifosi, in ambito politico, riguardo alla spinosa questione dell'immigrazione... e, ahimè, quante volte l'ho sentito dire anche tra le comunità dei discepoli del Signore Gesù. 

"Non è dei nostri": abbiamo bisogno di connotarci, di distinguerci, di essere in qualche modo riconoscibili, identificabili. Questo legittimo bisogno che può e deve esistere anche nelle comunità, e che diventa legittimo senso di orgoglio e appartenenza, storia di una parrocchia e delle sue vicissitudini, senso di famigliarità che ci dona la gioia di essere accolti e riconosciuti in ambito fraterno, può degenerare in una sorta di settarismo che contraddice il vangelo, un settarismo "ad intra", nella comunità cristiana stessa. Negli ultimi decenni lo Spirito Santo ha suscitato nella chiesa cattolica numerose e innovative esperienza di fede: movimenti e associazioni hanno saputo cogliere la novità dell'annuncio. Esperienze di preghiera forti e carismatiche, riflessioni e impegni concreti, una forte appartenenza ad una intuizione che travalicava i confini delle parrocchie. Ritengo seriamente che tale abbondanza di intuizioni sia un dono del Signore ma che - come ogni dono - vada vagliato con logica evangelica. Tutte queste esperienze, ormai consolidate nel maggior numero dei casi, sono state e sono uno straordinario dono di Dio.

Medjugorje messaggio del 25 settembre 2015


 Medjugorje messaggio del 25 settembre 2015



Cari figli! Anche oggi prego lo Spirito Santo che riempia i vostri cuori con una forte fede. La preghiera e la fede riempiranno il vostro cuore con l’amore e con la gioia e voi sarete segno per coloro che sono lontani da Dio. Figlioli, esortatevi gli uni gli altri alla preghiera del cuore perchè la preghiera possa riempire la vostra vita e voi, figlioli, ogni giorno sarete soprattutto i testimoni del servizio: a Dio nell’adorazione ed al prossimo nel bisogno. Io sono con voi ed intercedo per tutti voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

venerdì 25 settembre 2015

Vangelo del giorno 26/09/2015

Lc 9,43-45
Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato. Avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Parola del Signore


Commento su Lc 9,43-45

«Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini»

Lc 9,43-45

Come vivere questa Parola?

Gesù rivela ai suoi discepoli il suo futuro difficile e doloroso (essere consegnato nelle mani degli uomini, senza la possibilità di difendersi) mentre essi aspettavano il suo trionfo. Essi non prendono in considerazione l'ipotesi che il loro Maestro, ammirato e applaudito dalla gente, possa andare incontro ad un destino tragico per salvare gli uomini. La loro logica non prevede la passione e la morte sulla croce: solo dopo la risurrezione comprenderanno che anch'essi dovranno imitare il loro Signore nel diffondere il Vangelo e subire persecuzioni e contrasti. Adesso invece si rifiutano di comprendere e non osano nemmeno chiedere spiegazioni.

Anche a noi talvolta siamo delusi, quando - chiudendoci in noi stessi - vediamo stroncata ogni speranza di umana grandezza e di ogni protezione dalla sofferenza. Non mettiamo in conto che solo testimoniando il messaggio evangelico di morte e risurrezione, anche nel dolore, avremo la certezza di comprendere la vita di Gesù e la nostra vita, e di essere confortati nei dubbi e nelle incertezze. Spesso per arrivare alla "domenica di resurrezione", bisogna passare attraverso la sofferenza del "venerdì santo".

 
O Signore, dammi la fiducia di essere sempre con te, che mi ami immensamente, anche nei momenti in cui devo portare la mia croce (malattie, contrasti, limitazioni, insuccessi...). Aiutami ad entrare nel tuo mistero per essere pienamente tuo discepolo

giovedì 24 settembre 2015

Vangelo del giorno 25/09/2015

Lc 9,18-22
Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto.

Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Parola del Signore

Commento su Lc 9,18-22

«Tu sei il Cristo di Dio. (...) Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto»

Lc 9,18-22

Come vivere questa Parola?

Il popolo ha pareri molto diversi sulla vera identità di Gesù: alcuni lo considerano Giovanni Battista, altri Elia, altri uno degli antichi profeti. Gesù allora - in un contesto di preghiera e prima dell'annuncio della passione - si rivolge direttamente agli apostoli: «Ma voi chi dite che io sia?». Pietro gli risponde senza esitare e con sicurezza: «Il Cristo di Dio». 

Questa stessa domanda ha percorso i secoli e si ripropone per ciascuno di noi: siamo anche noi pronti a dare una risposta così chiara e decisiva? Troviamo anche noi un momento per rispondere a questa domanda: «Chi è per me Gesù?»: il Signore stesso ci interroga e ci stimola nel profondo della nostra coscienza. Anche la strada della croce ci può aiutare a conoscere meglio, Gesù, presentatosi come il Messia sofferente, ma alla fine risorgente dalla morte. Riconoscere Gesù come il Cristo significa seguirlo come Dio e Signore della vita, come l'amico sincero e generoso da imitare; accoglierlo anche nel dolore e nell'aridità del cuore, considerarlo come l'unico che può riempire di gioia e di felicità una vita.
O Signore, aiutami a riconoscere la tua presenza nella Parola divina, nell'Eucarestia, nelle persone che mi poni accanto: spesso sei per me nostalgia, fuoco, tormento, desiderio... diventa per me dono immenso d'amore, l'assoluto della mia esistenza.

Vangelo del giorno 24/03/2015

Lc 9,7,9
Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Parola del Signore

Commento su Lc 9,7-9

«Giovanni, l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?»

Lc 9,7-9

Come vivere questa Parola?

Nella coscienza di Erode risuona un interrogativo inquietante: chi è Gesù del quale sente parlare? Sarà il Battista - da lui fatto decapitare - ritornato in Vita? Sarà Elia o uno dei grandi profeti che appaiono di nuovo? La venuta di Cristo sconvolge Erode: lo rende curioso ed anche timoroso del suo potere. Il potente vuole mettere sotto controllo tutto, perché nulla sfugga dalle sue mani: è lo scontro tra chi vuole dominare il mondo e chi vuole liberarlo dal male.

Anche la presenza di Cristo nella nostra vita provoca in noi delle domande fondamentali, non ci lascia indifferenti, ci spinge a cercare la verità, ci sollecita ad un esame di coscienza sul nostro comportamento. Per saper chi è Gesù, dobbiamo lasciarci guidare dalla fede e dell'amore, non da una curiosità o da ragionamenti umani.
O Signore, aiutami a riconoscerti come Figlio di Dio, a desiderare di convertimi dal mio peccato di presunzione e di orgoglio, ad delimare anche l'"Erode" che è dentro di me, che mi sollecita alla curiosità indiscreta e mi impedisce di accettare il tuo mistero

mercoledì 23 settembre 2015

23 Settembre Memoria di San Pio da Pietralcina


                           San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione) 

Pietrelcina, Benevento, 25 maggio 1887 - San Giovanni Rotondo, Foggia, 23 settembre 1968


Francesco Forgione nasce a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Il 20 settembre 1918 il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Muore il 23 settembre 1968, a 81 anni. 

Etimologia: Pio = devoto, religioso, pietoso (signif. Intuitivo)

Martirologio Romano: San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione), Sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso. 

Quando muore, il 23 settembre 1968, a 81 anni, le stimmate scompaiono dal suo corpo e, davanti alle circa centomila persone venute da ogni dove ai suoi funerali, ha inizio quel processo di santificazione che ben prima che la Chiesa lo elevasse alla gloria degli altari lo colloca nella devozione dei fedeli di tutto il mondo come uno dei santi più amati dell’ultimo secolo.
Francesco Forgione era nato a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. I suoi genitori, Grazio e Giuseppa, erano poveri contadini, ma assai devoti: in famiglia il rosario si pregava ogni sera in casa tutti insieme, in un clima di grande e filiale fiducia in Dio e nella Madonna. Il soprannaturale irrompe assai presto nella vita del futuro santo: fin da bambino egli riceveva visite frequenti di Gesù e Maria, vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Vuole partire missionario per terre lontane, ma Dio ha su di lui altri disegni, specialissimi.
I primi anni di sacerdozio sono compromessi e resi amari dalle sue pessime condizioni di salute, tanto che i superiori lo rimandano più volte a Pietrelcina, nella casa paterna, dove il clima gli è più congeniale. Padre Pio è malato assai gravemente ai polmoni. I medici gli danno poco da vivere. Come se non bastasse, alla malattia si vanno ad aggiungere le terribili vessazioni a cui il demonio lo sottopone, che non lasciano mai in pace il povero frate, torturato nel corpo e nello spirito.
Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, dove egli trascorre anche quattordici-sedici ore al giorno, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. È il suo ministero, che attinge la propria forza dalla preghiera e dall’altare, e che Padre Pio realizza non senza grandi sofferenze fisiche e morali.
Il 20 settembre 1918, infatti, il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Padre Pio viene visitato da un gran numero di medici, subendo incomprensioni e calunnie per le quali deve sottostare a infamanti ispezioni canoniche; il frate delle stimmate si dichiara “figlio dell’obbedienza” e sopporta tutto con serafica pazienza. Infine, viene anche sospeso a divinis e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale.
La sua celletta, la numero 5, portava appeso alla porta un cartello con una celebre frase di S. Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”. Maria è il segreto della grandezza di Padre Pio, il segreto della sua santità. A Lei, nel maggio 1956, dedica la “Casa Sollievo della Sofferenza”, una delle strutture sanitarie oggi più qualificate a livello nazionale e internazionale, con 70.000 ricoveri l’anno, attrezzature modernissime e collegamenti con i principali istituti di ricerca nel mondo.
Negli anni ‘40, per combattere con l’arma della preghiera la tremenda realtà della seconda guerra mondiale, Padre Pio diede avvio ai Gruppi di Preghiera, una delle realtà ecclesiali più diffuse attualmente nel mondo, con oltre duecentomila devoti sparsi in tutta la terra. Con la “Casa Sollievo della Sofferenza” essi costituiscono la sua eredità spirituale, il segno di una vita tutta dedicata alla preghiera e contrassegnata da una devozione ardente alla Vergine.
Da Lei il frate si sentiva protetto nella sua lotta quotidiana col demonio, il “cosaccio” come lo chiamava, e per ben due volte la Vergine lo guarisce miracolosamente, nel 1911 e nel 1959. In quest’ultimo caso i medici lo avevano dato proprio per spacciato quando, dopo l’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima a San Giovanni Rotondo, il 6 agosto 1959, Padre Pio fu risanato improvvisamente, tra lo stupore e la gioia dei suoi devoti.
“Esiste una scorciatoia per il Paradiso?”, gli fu domandato una volta. “Sì”, lui rispose, “è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”. Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà,la pazienza, il silenzio,la purezza,la carità.“Vorrei avere una voce così forte – diceva - per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”.
Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne. “Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”.
Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”.
Intorno alla sua figura in questi anni si sono scritti molti fiumi di inchiostro. Un incalcolabile numero di articoli e tantissimi libri; si conta che approssimativamente sono più di 200 le biografie a lui dedicate soltanto in italiano. “Farò più rumore da morto che da vivo”, aveva pronosticato lui con la sua solita arguzia. Quella di Padre Pio è veramente una “clientela” mondiale. Perché tanta devozione per questo san Francesco del sud?
Padre Raniero Cantalamessa lo spiega così:“Se tutto il mondo corre dietro a Padre Pio – come un giorno correva dietro a Francesco d’Assisi - è perché intuisce vagamente che non sarà la tecnica con tutte le sue risorse, né la scienza con tutte le sue promesse a salvarci, ma solo la santità. Che è poi come dire l’amore”.


Vangelo del giorno 23/09/2015

Lc 9,1-6
Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Parola del Signore


Commento su Lc 9,1-6

«Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi»

Lc 9,1-6

Come vivere questa Parola?

Gesù manda i suoi apostoli ad annunciare il regno di Dio e dà loro il potere di guarire le infermità: essi dunque, imitando il loro Maestro, dovranno liberare il mondo dal male e dalle sue conseguenze (malattie, povertà, guerre, discordie...), non dovranno assoggettare le persone, ma liberarle dai mali fisici e spirituali. Dio anzitutto ci offre la possibilità di ripulirci dalla parte oscura e tenebrosa che è dentro ciascuno di noi, per essere poi in grado di toglierla anche negli altri. La forza ci deriva dal Signore e quanto più siamo trasparenti alla sua grazia, tanto più saremo efficaci nella nostra azione .

Gesù ci ha dato l'esempio: andando per le strade della Palestina e osservando le difficoltà materiali e spirituali delle persone contemporanee, si è avvicinato a loro, ha avuto cura di coloro che erano nella sofferenza e nel bisogno, li ha risanate, ha dato loro speranza e gioia. Egli dunque non si è presentato con la potenza e la ricchezza, ma con gesti di misericordia: il mondo ha bisogno della tenerezza di Dio, come di quella dei suoi discepoli.
O Signore Gesù che tu hai inviato gli apostoli ad annunciare il Vangelo e a lottare contro il male, dona anche a noi oggi il loro entusiasmo e la loro fiducia, la loro carità e la loro gratuità. Fa' che, con le nostre parole e le nostre azioni di condizione e di aiuto, possiamo rivelare il tuo regno di gioia e di pace.

lunedì 21 settembre 2015

Vangelo del giorno 22/09/2015

Lc 8,19-21
Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

Parola del Signore


Commento su Lc 8,19-21

«Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica»

Lc 8,19-21

Come vivere questa Parola?

Il vangelo oggi ci dà una bellissima ed entusiasmante notizia: possiamo essere fratelli e sorelle di Gesù e addirittura sua madre se accogliamo la sua parola e la viviamo. E' sempre consolante sapere che qualcuno ci ama, anche di al di là delle relazioni familiari: la Chiesa diventa così un luogo di accoglienza fraterna, una comunità ove si fa l'esperienza della concordia e della bontà, un popolo unito non da legami di sangue, ma di fede. Con Dio non vi è nessun limite e nessuna emarginazione: tutti siamo suoi figli e figlie e fratelli e sorelle tra noi. Spiritualmente possiamo diventare "madri" di Cristo - sull'esempio di Maria, donna di fede e di carità - quando ascoltando la Parola divina, la realizziamo concretamente nella nostra vita con una testimonianza coerente e autentica.

Gesù presenta la sua comunità come una situazione nuova: non è fondata su legami parentali, ma sulla medesima esperienza di fede, con relazioni comunitarie più ampie di quelle familiari. Ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica - realtà essenziali per una vita cristiana - ci fanno vivere in intimità con Dio e in comunione profonda fra noi
O Dio, rendici capaci di costruire una comunità che accolga tutti, che sia espressione concreta di familiarità con Dio e con gli uomini, e dacci l'entusiasmo di vivere felici di poter essere "fratelli, sorelle e madri" di Cristo.

domenica 20 settembre 2015

Vangelo del giorno 21/09/2015

Mt 9,9-13
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Parola del Signore


Commento su Matteo 9,9-13

In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mt 9,9-13


Come vivere questa Parola?

Gesù e la chiamata

La festa di oggi ci ripropone un altro aspetto della gratuità della presenza di Gesù. Il suo chiamare, il suo sollecitare le persone a prendere coscienza di avere un progetto di vita da condividere con lui, non è all'insegna dell'opportunismo. Gesù non dice a chi chiama: "Ho bisogno di te, perché sei bello, bravo, competente, ricco". Gesù chiama indistintamente. La risposta della persona determinerà la bellezza, la necessità, la competenza, la ricchezza nella misura in cui il dono di Dio verrà da lei accolto. Questa è fede, fede che mette in cammino, che pone l'uomo in ricerca, alla vera sequela di Gesù.

Signore, fa nessuno rimanga indifferente alla tua voce che invita a seguirti. Fa' che la nostra risposta rimanga nel tempo gratuita e generosa come fu la tua chiamata.

Vangelo del giorno 20//09/2015

Mc 9,30-37
Il Figlio dell’uomo viene consegnato… Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Parola del Signore


Commento su Marco 9,30-37

Gesù, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me...»
Mc 9,30-37


Gesù, secondo il racconto di Marco, prosegue sulla strada verso Gerusalemme, verso il compimento della sua missione, verso lo svelamento del mistero che annuncia. Per la seconda volta parla della sua passione, morte e risurrezione; parla a quelli che lo seguono - che però non comprendono, anzi, si perdono per strada nelle futili discussioni su chi tra loro fosse il più grande. 

Allora, ancora una volta e fuori dagli schemi che competono ad un maestro, Gesù da inizio ad un'istruzione semplice, comprensibile, autorevole: si siede, prende un bambino, lo pone in mezzo, lo abbraccia. È in questo abbraccio caloroso che trasmette ai discepoli di tutti i tempi l'invito all'accoglienza incondizionata di ogni persona che nell'immagine del bambino acquisisce il volto del bisognoso, del debole e fragile, di colui che è pronto ad accogliere il messaggio dell'Inviato e abbandonarsi in serena comunione con Lui. Chi accoglie il bambino, infatti, accoglie Gesù, accoglie chi lo ha mandato, accoglie la sua Parola sapiente che potrà germogliare e generare opere .

Signore, sei tu che sostieni la mia vita; accoglimi tra i tuoi discepoli e insegami la sapienza che viene dall'alto: pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. 

sabato 19 settembre 2015

Vangelo del giorno 19/09/2015

Lc 8,4-15
Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che custodiscono la Parola e producono frutto con perseveranza.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.

Parola del Signore


Commento su Lc 8,4-15

"Beati coloro che custodiscono la Parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza".Come vivere questa Parola?

Beati vuol dire contenti. E' un genere di contentezza che non va di pari passo con il mangiar bene e cercare la felicità nel chiasso-baldoria del molto possedere. La gioia conosce piuttosto le vie del cuore. Attinge a tutto, anche a quello che, fuori, parla ai nostri sensi di cose vere, buone e belle. Chiede però di battere le vie dell'interiorità.

E' dunque dentro di me che, se faccio spazio alla Parola di Dio meditata (respirata!) di primo mattino, io sgattaiolo sempre via dalla pesantezza del doverismo, dell'obbedire alla legge per la legge, dalla pedanteria del far questo e quello solo perché è mio compito, dal grigiore di ciò che è nella nebbia di una vita non motivata dall'Alto.

Invece il cuore diventa integro e buono se è illuminato ogni giorno dalla Parola di Dio. Essa è il sole che lo fa maturare in questa integrità e bontà' dove la cattiveria, tutto ciò che è male non alligna.

Bisogna però educarsi a cercare questa ricchezza dell'interiorità! E ciò vuol dire non essere sempre a caccia di quel che TV, ipod, telefonini e aggeggi nuovi scaricano assiduamente nei nostri ambienti.

Il seme della Parola chiede al nostro cuore di essere "buon terreno": capace di silenzio, di ascolto di quel che vale, di netto rifiuto dell'insulsaggine.

Signore, dammi un cuore capace di perseverare nell'accogliere ogni giorno la Parola e ogni giorno impegnarmi a viverla.

giovedì 17 settembre 2015

Vangelo del giorno 18/09/2015

Lc 8,1-3
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che li servivano con i loro beni.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Parola del Signore




Commento su Lc 8, 1-3

"Gesù se ne andava per città e villaggi predicando e annunciando la buona notizia del Regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e infermità".

Lc 8, 1-3

Come vivere questa Parola?

Com'è bella questa itineranza di Gesù! Non se ne sta dentro le mura protettive di una fissa dimora. Se ne va in cerca di quelli che è venuto a salvare. E, appunto, annuncia loro che la salvezza è il Regno di Dio: Lui stesso e il Vangelo che il Padre gli ha detto di far conoscere come vero progetto di vita e salvezza.

L'evangelista annota che erano con Lui i 12 apostoli e alcune donne. Non precisamente delle santarelline ma persone al femminile che Gesù aveva reso libere, nuove e fervide. Gli spiriti del male e le infermità (ogni genere di rifiuto e impedimento della vita) era stato vinto da Colui che ha proclamato e dimostrato di essere, per eccellenza, Vita e Risurrezione (cfr. Gv 3,16).

E' un Gesù che, nella Fede, anch'io incontro. Oggi. Sulle strade di questa mia vita, di questa nostra storia.

Devo solo sollecitarLo a farmi attento e consapevole della Sua Presenza, della sua volontà di guarirmi da desideri non buoni, da pensieri e sentimenti d'invidia, gelosia e da quell'acquiescienza che è distruttiva della vita: quella vera che è, invece, in modi svariati, dono di sé!
Signore Gesù, come le donne che ti seguivano sulle strade della Palestina, anch'io ti seguo, nel desiderio di essere continuamente toccato e guarito in profondità dalla tua Parola. In tal modo potrò correre, libero e lieto, cercando di vivere il tuo Regno che già qui e ora si esprime negli insegnamenti del tuo Vangelo

Vangelo del giorno 17/09/2015

Lc 7,36-50
Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Parola del Signore


Commento su Lc 7,36-50

Gesù vuole salvare la peccatrice e Simone il fariseo. Entrambi. Entrambi sono delle prostitute: la donna si concede per poter sopravvivere e sopporta il pesante giudizio dei benpensanti e degli uomini religiosi. Simone cerca approvazione e manifesta la sua apertura mentale invitando il discusso rabbino che ridicolizza i farisei. E Gesù li salva entrambi con delicatezza: va al di là dell'apparenza con la donna che compie una serie di gesti ambigui e scabrosi. Sciogliersi i capelli era un gesto intimo riservato al talamo, impensabile compierlo in pubblico. Ma non c'è seduzione nel suo gesto, solo l'assenza di vocabolario: è l'unico ambiguo linguaggio che la donna conosce. Gesù lo sa e lo apprezza, va al di là dell'apparenza e lo accoglie come manifestazione d'amore. Simone è una bella persona ma esprime giudizi taglienti. Il suo ragionamento contorto sfocia in una certezza: Gesù certamente non è un profeta altrimenti non si farebbe contaminare da donne come quella. Gesù, per salvarlo, come fece Natan con Davide, si appella alla sua giustizia senza umiliarlo, senza rimproverarlo: sarà Simone a giudicare Simone. Geniale.

lunedì 14 settembre 2015

Vangelo del giorno 15/09/2015

Gv 19,25-27
Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Parola del Signore.



Commento su Gv. 19,25-27

"Gesù disse al discepolo (Giovanni): Ecco tua Madre'. E da quell'ora, il discepolo l'accolse con sé"

Gv. 19,25-27

Come vivere questa Parola?

Ai piedi della croce, presso Gesù morente, sono rimasti Maria Santissima e Giovanni, il discepolo che, nell'Ultima Cena, aveva posato il capo sul Cuore di Cristo Dio.

Quel "convenire" insieme, lì accanto a Gesù, quando tutti se ne sono andati, li ha certamente uniti in quelle profondità spirituali a cui si giunge, purificati da tanto amore e altrettanto dolore.

Ecco, Gesù ha colto nel segno e, coinvolgendoli entrambi, nel "dono supremo" dell' "ora suprema" li ha resi essi stessi dono l'uno per l'altro: Maria è diventata Madre di Giovanni e l'apostolo prediletto è divenuto figlio di tale Madre.

Radicato in queste profondità, il dono si è amplificato quasi all'infinito. Generazioni e generazioni di cristiani, come Giovanni hanno ricevuto in dono Maria: Madre della loro appartenenza a Gesù. Uno sterminato numero di credenti, lungo i secoli, ha potuto, come Giovanni, introdurre nella casa del proprio cuore Maria Santissima: madre e maestra di cristianesimo vissuto.
Signore Gesù, ti ringrazio perché donando anche a me Maria per Madre proprio nell'ora più alta della Tua Passione, mi rendi consapevole che nell'ora del dolore non sarò solo. Tienimi desta in cuore la memoria di Maria tua Madre. Mi sia AIUTO prezioso a vivere con te anche quello che, a volte piangente di dolore, mi fa maturare e crescere in amore

Vangelo del giorno 14/09/2015

Gv 3,13-17 
Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Parola del Signore


Commento su Giovanni 3,13-17

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Gv 3,13-17 


Come vivere questa Parola?

Icona del Crocifisso e simbolo del mistero pasquale di morte-vita e di umiliazione-glorificazione, ben presto la Croce fu considerato lo strumento della nostra salvezza e segno distintivo dei cristiani. Il 13 settembre del 335 a Gerusalemme avvenne la consacrazione delle due basiliche erette da Costantino sul Golgota e sul Santo Sepolcro. Il 3 maggio del 628 l'imperatore Eraclio riconquistò le reliquie della Croce che i Persiani avevano trafugato. Di qui la festa della Esaltazione /Presentazione della Croce, che i nostri fratelli orientali celebrano con una solennità paragonabile a quella della Pasqua.

La festa di oggi si prefigge di entrare nella vita dei fedeli per educarli a porre al centro del proprio cuore l'umiliazione-esaltazione di Cristo in croce per leggere ogni avvenimento, ogni oggi in questa luce. Non è difficile rendersi conto se la Croce è al centro della vita e dei pensieri dei fedeli, perché allora cresce e si diffonde inesauribilmente la speranza. La Croce ci mostra l'amore sconfinato che Dio ha per noi: se Dio è disposto a dare se stesso per la nostra salvezza, vuol dire che ci ama; quindi non abbiamo più nulla da temere.

Aggrappati alla Croce noi salviamo la nostra esistenza: è un legno, una zattera che ci permette di navigare anche nei mari più tempestosi della vita. Tenere gli sguardi fissi su Gesù Crocifisso ci abitua e ci abilita a guardare a tutti i crocifissi di cui l'umanità ha cosparso il suo cammino ( quelli crocifissi dall'ingiustizia, dalla prepotenza e dalla sopraffazione dei forti e dei signori della guerra, dalle malattie e dalla povertà... ) e battersi con tutte le forze perché siano liberati e redenti.

Certo, la Croce è sofferenza, ma può diventare redenzione. Affidarsi a Gesù, credere in Lui fa sì che nessuna lacrima resti senza frutto. Su quella Croce Dio raccoglie tutte le croci della storia per trasformarle in strumenti di salvezza: solo nella Croce di Cristo il mondo si salva.

venerdì 11 settembre 2015

Vangelo del giorno 12/09/2015

Lc 6,43-49
Perché mi invocate: Signore, Signore! e non fate quello che dico?

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».

Parola del Signore


Commento su Lc 6,43-49

Esiste una differenza sostanziale tra il parlare e l'agire, tra il credere di credere, e una fede che si esprime nella concretezza delle scelte; Gesù non ama l'esteriorità né i salamelecchi, non la pompa magna né la ritualità che non sia piena di desiderio e di verità e che non porti alla conversione della vita. Una fede che - almeno un poco - non inquieta, non smuove, non mette in discussione la quotidianità, è sospetta. Un Dio che conferma sempre le tue decisioni e non ti fa riflettere sulle tue scelte lavorative non è il Dio di Gesù Cristo. Mi vengono in mente stereotipi grazie al cielo superati ma sempre in agguato: persone devote attente all'esteriorità, a ciò che dice la gente, al mantenere un'aura di rispetto e di apparenza senza mai davvero incontrare Dio. Ne vedo ancora, purtroppo, alberi all'apparenza gustosi dai frutti acerbi, razza difficile a convertire, li vedo i volti distratti e superficiali di chi partecipa alle inutili celebrazioni di Natale, impermeabili a qualunque parola, assolutamente certi di sapere, di conoscere a sufficienza, di non avere bisogno. No, amici, pietà. Dio ti raggiunge solo se apri il cuore, non giudica ma ama, insegna ma zittisce davanti alla sufficienza e all'arroganza. Guardiamo ai frutti, amici, guardiamo alla concretezza delle nostre scelte. Una fede che resta chiusa in chiesa, che smette di esistere al lunedì mattina non cambierà mai né la nostra vita né la Storia

giovedì 10 settembre 2015

Vangelo del giorno 11/09/2015

Lc 6,39-42
Può forse un cieco guidare un altro cieco?

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Parola del Signore


Commento su Lc 6,39-42

La richiesta di Gesù è diventata proverbiale ed è colma di buon senso: come possiamo condurre un cieco se noi per primi siamo ciechi? Come possiamo togliere la pagliuzza dall'occhio del fratello se prima non togliamo la trave che portiamo nel nostro occhio? Quanto è vero ciò che dice il Signore! Istintivamente siamo sempre pronti a scusarci, ad essere molto indulgenti con noi stessi, ad avere mille giustificazioni per attenuare le nostre responsabilità e molto più severi nel guardare i difetti degli altri, a stigmatizzarli, amplificarli, evidenziarli... I nuovi mezzi che abbiamo a disposizione poi, se possibile, hanno esasperato questa possibilità: spesso protetti dall'anonimato siamo impietosi nell'esprimere giudizi, quasi sempre temerari e affatto documentati, facciamo diventare l'orribile vizio del pettegolezzo una quasi-virtù. No: se discepoli siamo seriamente invitati a ragionare in altro modo, a metterci dal punto di vista di Dio che vede con misericordia ciascuno di noi, che non si sofferma sulla miseria (che va riconosciuta e superata) ma sulla possibilità di conversione che ognuno di noi porta in se stesso. Coraggio, allora, convertiamoci!

mercoledì 9 settembre 2015

Vangelo del giorno 10/09/2015

Lc 6,27-38
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Parola del Signore


Commento su Lc 6,27-38

Luca riprende e riassume il lungo discorso della montagna che Matteo riporta per tre capitoli del suo vangelo. Lo fa citando solo l'essenziale: la gratuità del dono, la pace come criterio di giudizio, l'amore da donare senza condizioni, utilizzando il paradosso dello schiaffo ricevuto senza opposizioni. Ma è il finale che ci lascia sbalorditi: là dove Matteo conclude l'intera sezione scrivendo siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli, Luca corregge dicendo: siate misericordiosi come è misericordioso il Padre... La perfezione del Padre consiste nella misericordia, non in una asettica religiosità virtuosa e devota priva di ogni emozione e passione. Dio è la sorgente di ogni misericordia: là dove la nostra miseria si incontra nel suo cuore. Da qui dobbiamo ripartire per annunciare con credibilità il vangelo. È dalla compassione e dalla misericordia che dobbiamo annunciare il volto di Dio! Solo toccando il cuore delle persone potremo invitarle alla conversione, spingerle ad abbracciare l'esigente logica evangelica. Solo scoprendo quanto siamo amati possiamo diventare persone nuove!