Buon 2015 a Tutti
Auguri
Gv 1,1-18
Il Verbo si fece carne. | |||
Commento a Gv 1,1-18 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia
Dio non rivela se stesso tutto in un volta. Sarebbe come se un uomo, dal buio più nero nel quale è vissuto per anni, fosse catapultato nel centro del sole. I suoi occhi all'istante si oscurerebbero per sempre. La luce è troppo intensa per essere afferrata. Il Signore invece nella sua eterna e divina sapienza dona a poco a poco la sua luce e l'uomo abituata mente e cuore a camminare lasciandosi guidare dalla luce eterna.
La verità di Cristo Signore, del Verbo Eterno del Padre, fattosi carne nel seno della Vergine Maria, nell'Antico Testamento è appena abbozzata. Manca della luce piena. Tuttavia già si comincia a intravedere alcuni tratti essenziali della verità eterna che è Cristo Gesù. Dall'abbozzo alla verità tutta intera vi è un abisso da colmare. Il Vangelo dell'Apostolo Giovanni è l'ultimo scritto del Nuovo Testamento. Nel suo Prologo è data verità piena, anzi pienissima, perfettissima, immutabile alla persona e alla missione di Gesù Signore. Dopo che Giovanni ha parlato, ha scritto, ogni controversia scompare, non ha diritto di esistere. Le sue parole sono inequivocabili. Chiarezza più grande di questa non esiste. Ora la si deve comprendere e vivere. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conduceteci in questa pienezza. |
Gv 20,2-8
L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. | |||
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Mt 10,17-22
Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro. | |||
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Lc 2,1-14
Oggi è nato per voi il Salvatore. | |||
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Lc 1,57-66
Nascita di Giovanni Battista. | |||
Commento su Lc 1, 57-66 «Egli (Zaccaria) chiese una tavoletta e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati. All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio». Lc 1, 57-66 Come vivere questa Parola? Ritorna nel Vangelo odierno la figura emblematica di Zaccaria, che abbiamo già trovato venerdì scorso, (19 dicembre) e di cui abbiamo già parlato. Là abbiamo evidenziato l'incredulità di questo sacerdote. "Il mutismo, cui è condannato Zaccaria a motivo della sua incredulità, ricapitola simbolicamente tutta l'incapacità di credere dell'antico popolo d'Israele, personificato in questo sacerdote del culto mosaico, ma condensa anche tutte le incredulità dei cristiani del nostro tempo, compresa anche la nostra incredulità" Qui, invece, il Vangelo sottolinea la guarigione di tale mancanza di fede, che avviene attraverso la restituzione della parola: «All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio» (v. 64). Finalmente, davanti alla nascita del figlio Giovanni Battista, ritenuta da lui impossibile in un primo tempo, ora Zaccaria si arrende al "Dio dell'impossibile" e diviene credente. Così il suo mutismo in cui era caduto viene ora tramutato nella Parola della lode, e la sua afasia' (incapacità di parlare e di comunicare) viene guarita da un'esplosione di canto e di lode: il Benedictus. «Zaccaria fu colmato di Spirito Santo e profetò» (v. 67). Nel primo capitolo del Vangelo di Luca ci sono dunque due annunciazioni: la prima Annunciazione è quella di Maria, che si conclude con l'accoglienza dell'annuncio attraverso la fede pura della Vergine (Lc 1,26-37); la seconda annunciazione è quella di Zaccaria, che termina in un primo tempo con l'incredulità del sacerdote, ma che alla fine viene guarito tramite l'acquisizione della parola (Lc 1,59-66). In questa antivigilia del Santo Natale ci affidiamo alla Vergine Madre, la prima credente e la Vergine del Magnificat, perché ci prepari ad accogliere con fede viva il Figlio suo che viene a salvarci. |
Lc 1,46-55
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente. | |||
Commento su Lc 1, 46-55 «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata [...]». Lc 1, 46-55 Come vivere questa Parola? Siamo ormai sulla soglia del natale! E la Liturgia fa bene, in questi ultimi giorni di Avvento, a concentrare la nostra attenzione spirituale sulla figura di Maria, che diviene così il modello più sublime di preparazione immediata al grande evento. Il Vangelo odierno ci riporta il Magnificat, il canto proprio di Maria, "il canto di tutte le meraviglie" In esso si sente già risuonare in anticipo la voce stessa di Gesù nel suo Vangelo: la grandezza degli umili, la benedizione dei piccoli, il capovolgimento operato dalla mano del Signore nell'innalzare i poveri e nel rovesciare i potenti, la gioia di coloro che il mondo ignora... Tutto questo che Maria annuncia nel suo canto non è forse quanto le Beatitudini e il discorso della montagna promulgheranno nel Vangelo di Gesù? Il canto di Maria non è già il preludio del tono e dell'accento che assumeranno i discorsi di Gesù? Non dice il Magnificat in anticipo, nel canto della Madre, quanto il Figlio dirà nel suo inno di lode al Padre, che colma di favori i piccoli e i gli umili: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli?» Come è già il Cristo che si sente in colei che è sua Madre, così pure vi si sente l'eco anche dell'Antico Testamento, che è preparazione del Cristo. Il Magnificat è composto tutto da citazioni bibliche; la Madre del Salvatore, dell'atteso da Israele, parla come la Figlia e la Regina dei patriarchi e dei profeti. E questo duplice rapporto con il Figlio, la descrive così bene che il suo canto - richiamo dell'Antico Testamento e preludio al Nuovo - risulta un'opera personalissima, unica nel suo genere e spontanea, sì che essa è diventata familiare a tutto il popolo cristiano. |
Lc 1,26-38
Ecco, concepirai e darai alla luce un figlio. | |||
Commento su Lc 1, 26- 38 «Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei». Lc 1,26-38 Come vivere questa Parola? Il Vangelo di questa feria di Avvento ci riporta il celebre brano dell'Annunciazione a Maria, molto conosciuto e chissà quante volte fatto oggetto di meditazione da tutti noi, per cui è difficile dire delle cose nuove. Mi piace qui leggerlo in parallelo con la precedente ?annunciazione' fatta dall'angelo Gabriele a Zaccaria, che abbiamo meditato solo ieri nella lectio, alla quale rimando. Mentre il sacerdote Zaccaria - come abbiamo visto - "invece di accogliere con fede e con gioia la Parola di Dio, mostra uno scettico pessimismo" nella sua incredulità, Maria, al contrario, si abbandona con una fede pura e totale al "Dio dell'impossibile": "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". Mi soffermo ancora brevemente su una paroletta breve, ma importante: Eccomi! Essa ricorre molte volte nella Bibbia, soprattutto nelle storie delle vocazioni di tanti personaggi: da Abramo, a Elia, a Isaia, a Geremia... fino a Maria, fino allo stesso Gesù, che, secondo l'Autore della lettera agli Ebrei, entrando nel mondo, dice: «... Allora ho detto: "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà"» Fino all'Eccomi di ognuno di noi che il Signore si attende dal nostro consenso alla sua Parola e alla sua Volontà. Vergine dell'Eccomi, che tu hai praticato con radicale fedeltà in tutta la tua esistenza grazie alla tua piena docilità allo Spirito, concedi anche a me che esso diventi forma costante della mia vita: Eccomi, Signore! |
Lc 1,5-25
La nascita di Giovanni Battista è annunciata dall’angelo. | |||
Commento su Lc 1,5-25 «"Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni" [...]. Zaccaria disse all'angelo: "Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni". L'angelo rispose: "Io sono Gabriele... Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole"». Lc 1, 5-25 Come vivere questa Parola? Il Vangelo di questa feria di Avvento è un ulteriore invito ad approfondire la nostra fede, ponendoci davanti in controluce la figura di Zaccaria in un momento particolare della sua vita sacerdotale, caratterizzato da una crisi di fede. Mentre egli «svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore», gli apparve l'angelo Gabriele, che gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita». Invece di accogliere con fede e con gioia la Parola di Dio, egli mostra uno scettico pessimismo: "Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni". È strano! Zaccaria è un sacerdote "irreprensibile" che osservava rigorosamente tutte le leggi e le prescrizioni del Signore, eppure la sua fede sembra venir meno e ora non crede e non spera più: "Tu non hai creduto alle mie parole", lo rimprovera l'angelo. Di fronte all'accoglienza del disegno di Dio, non era più sufficiente l'osservanza delle leggi e delle prescrizioni. Bisognava andare oltre, attraverso il salto di una fede pura che si abbandona totalmente a Lui. E a causa di questa mancanza di fede, Zaccaria deve subire una nuova prova, che dovrà guarire la sua incredulità: egli sarà muto fino al compimento della Parola del Signore (vedi più avanti la lectio del 22 dicembre). Il mutismo, cui è condannato Zaccaria a motivo della sua incredulità, ricapitola simbolicamente tutta l'incapacità di credere dell'antico popolo d'Israele, personificato in questo sacerdote del culto mosaico, ma condensa anche tutte le incredulità dei cristiani del nostro tempo, compresa anche la nostra incredulità. Infatti, tante forme di mutismo spirituale e di ?afasia' del cuore, che ci rinchiudono in noi stessi, sono frutto della nostra incapacità a credere e a stupirci davanti alle meraviglie operate da Dio nella storia della salvezza. O Signore, vieni a guarire il mio mutismo e l'afasia del mio cuore, perché io possa sempre lodare e magnificare la potenza del tuo Amore. |
Mt 1,18-24
Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, figlio di Davide. | |||
Commento su Mt 1, 18-24 «Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù"». Mt 1, 18-24 Come vivere questa Parola? Natale è vicino. Il Vangelo odierno ci pone davanti come esempio di preparazione al grande avvenimento - oltre a Giovanni Battista (vedi il Vangelo di domenica scorsa) - la splendida figura di san Giuseppe, lo Sposo di Maria. Il vangelo lo scolpisce con una semplice parola: «uomo giusto». Il Giusto, nella spiritualità biblica antico-testamentaria, è l'uomo che si conforma costantemente alla Volontà di Dio, costi quello che costi. Si noterà come Giuseppe nella situazione drammatica e misteriosa in cui si viene a trovare, non dice una parola, mai: segno di una profonda interiorità e di un totale affidamento al piano di Dio. Quel Bambino che era sbocciato nel grembo verginale della sua Sposa veniva da Altrove, e se per nascere aveva bisogno di Maria, per vivere e per crescere aveva bisogno anche di Giuseppe. Egli aveva compreso, nello Spirito, che dietro il disegno meraviglioso di Dio, c'era una misteriosa chiamata anche per lui, e che ora doveva acconsentirvi liberamente. Non si richiedeva a Giuseppe di amare di meno Maria, ma di amarla di più, di un amore silenzioso, non invadente, che si fa in disparte, per lasciare libero campo al mistero dell'Amore trascendente. E così Giuseppe impara ad essere padre attraverso una paternità nuova, che si tiene nell'ombra. Fin dai primi istanti del concepimento del Bambino e soprattutto quando, come vero padre secondo la legge, dovrà imporgli il nome, egli sentirà nel profondo del suo cuore che quel Bambino non era suo, che non avrebbe mai dimorato presso di lui, ma che avrebbe dovuto occuparsi prima di tutto delle «cose del Padre suo» (Lc 2,49). Quindi una paternità sostitutiva, vicaria che si tiene nell'ombra. Mi chiedo: "C'è forse un'altra paternità possibile su questa terra e che sia vera?». Così pure, di fronte a un amore rispettoso che sa farsi da parte e mettersi nell'ombra, come ha fatto Giuseppe, mi chiedo ancora: «Esiste forse un amore vero, diverso, quaggiù, che permetta alla persona amata di essere autonoma, per adorare il mistero di Dio che abita in lei?». O Signore, aiutami a seguire le orme dell'Uomo Giusto, che si è fatto silenzio adorante! |
Mt 1,1-17
Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide. | |||
Commento su Mt 1, 1-17 «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli. Giuda generò Fares e Zara da Tamar. [...]. Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria. [...]. Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo». Mt 1, 1- 17 Come vivere questa Parola? Il Vangelo odierno ci riporta la "genealogia" di Gesù Cristo (vedi anche Lc 3,23-38). Si tratta di un lungo elenco di nomi, per lo più sconosciuti alla maggior parte dei lettori odierni e alcuni dei quali quasi impronunciabili, per cui qualcuno potrebbe chiedersi: «A che pro questa arida successione di nomi? A che serve?». Eppure c'è un profondo significato teologico sotteso, che cerco brevemente di evidenziare. Bene ha fatto la Liturgia a scegliere il presente brano di Vangelo in questo tempo di Avvento, in preparazione alla venuta di Gesù nella sua vera carne. Esso vuole sottolineare con forza la realtà dell'Incarnazione del Signore. L'evangelista Matteo vuol mettere in luce la provvidenzialità della storia della salvezza, che da Adamo porta al Cristo. In essa Dio ha profuso la sua misericordia e la sua salvezza. Anche gli esclusi sono accolti nel suo misterioso disegno di amore. Si noterà, infatti, nel testo anche la presenza di quattro donne, tre delle quali erano delle peccatrici: Tamar, Racab, Rut e Betsabea, moglie di Uria e poi di Davide. Del resto lo stesso Davide e Salomone sono stati dei grandi peccatori. Ebbene, Gesù nasce proprio in questa storia, fatta anche di peccato, in questa razza peccatrice, non in un'altra, in una ?razza pura' e perfetta. Egli si è immerso nella corrente limacciosa del fiume umano delle generazioni che lo hanno preceduto, divenendo solidale con noi peccatori. O Dio grande nell'amore, che hai voluto far sbocciare il fiore più puro del tuo Figlio dal grembo della Vergine Maria, sullo stelo del tronco di tante generazioni passate non prive di peccato, fa' che anche le generazioni del nostro tempo trovino speranza di salvezza in Te. Amen. |
Mt 21,28-32
È venuto Giovanni e i peccatori gli hanno creduto. | |||
Commento su Mt 21,28-32 «Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Non ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Risposero: "Il primo"». E Gesù disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio"». Mt 21, 28-32 Come vivere questa Parola? La maggior parte di noi, a partire dallo scrivente, incomincia col rispondere al Signore come il primo dei due figli che il Vangelo oggi ci presenta nella parabola. All'invito del padre ad andare a lavorare nella vigna, gli rispondiamo subito: "Sì, signore", ma poi non ci andiamo! Questa nostra risposta affermativa e apparentemente generosa, è però ancora molto superficiale, troppo sicura di sé e non ha fatto i calcoli con i propri limiti, senza avere sperimentato sulla propria pelle che - come dice un noto proverbio - "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare!". Ecco perché Gesù preferisce il secondo dei due figli, quello che ha cominciato con un "no", quello che ha poi dovuto rientrare umilmente attraverso la porta del pentimento. È proprio lui che Gesù, nel suo stile inconfondibile, predilige: colui che ha incominciato col dire "no", ma che poi pentito, è andato a lavorare, magari furtivamente, nella vigna del padre. Trovare la porta del pentimento non è solo trovare una strada che ci conduce al Regno di Gesù, ma è la sola strada. Non ve n'è un'altra. Dobbiamo tutti passare attraverso la porta del pentimento, presto o tardi, altrimenti non ci sarà posto per noi nel Regno. Noi vorremmo salvare a tutti i costi le apparenze, ma un giorno, quasi a nostra insaputa, nel momento in cui la nostra sedicente generosità abituale ci avrà lasciati soli, ci ritroveremo improvvisamente nel campo della Misericordia, disarmati da ogni nostra presunzione orgogliosa. Solo allora noi sapremo veramente rendere grazie e piangere di gioia davanti al Padre! |
Mt 21,23-27
Il battesimo di Giovanni da dove veniva? | |||
Commento Mt 21,23-27 Come vivere questa Parola? Dopo l'episodio nel Tempio quando Gesù ha scacciato i mercanti, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo pensano di mettere Gesù alla prova di fronte alla folla. Quindi domandano: "Con quale autorità fai queste cose? E chi ti hai dato questa autorità." Gesù sfida i suoi interlocutori ponendo loro le sue domande e promettendo che risponderà con quale autorità egli parla e agisce. Gesù chiede: "Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?" È un momento decisivo nella vita di questi leaders; sono di fronte alla possibilità di varcare la soglia della Verità. Nonostante il fatto che essi hanno visto segni che meritavano un confronto serio con le Scritture circa il Messia promesso da Dio, perdono il momento di grazia; sono schiavi del loro piccolo mondo di potere. E parlottano tra sé: se diciamo dal cielo, egli ci chiederà come mai non l'abbiamo ascoltato e se diciamo dagli uomini, c'è la folla da temere perché tutti considerano Giovanni un profeta. Così concludono in modo omertoso di non sapere. Di fronte a tale atteggiamento chiuso, anche Dio tace. |
Gv 1,6-8.19-28
In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete. | |||
Commento su Gv 1,6-8.19-28 «"Tu, chi sei?". Egli confessò e non negò. Confessò: "Io non sono il Cristo". Allora gli chiesero: "Chi sei, dunque? Sei tu Elia?". "Non lo sono" disse. "Sei tu il profeta?". "No", rispose... "Che cosa dici di te stesso?". Rispose: "Io sono voce di uno che grida nel deserto"». Come vivere questa Parola? Nel nostro cammino di preparazione verso il santo Natale, la liturgia della Parola di questa terza domenica di Avvento ci mette davanti, come sublime modello, la figura di Giovanni Battista, sottolineandone la grande umiltà. Infatti, si constaterà che il Precursore, nella sua risposta ai sacerdoti e ai leviti circa la sua vera identità, non pronunzia mai il suo nome, ma risponde sempre alle loro domande incalzanti con tre negazioni: "Io non sono il Cristo" - "Non sono (Elia)" - "Non sono (il profeta)". Egli si definisce semplicemente come una «voce» che grida e che poi è destinata a dissolversi, una volta espletata la sua missione. Il Battista ci pone davanti a un dilemma fondamentale: o rinnegare se stessi, o rinnegare Cristo. E lui «non negò» Cristo, ma se stesso. È una lezione importante anche per noi, soprattutto per chi ha ricevuto qualche ministero di annuncio della Parola. Il Precursore è pienamente convinto che tutta la sua esistenza è protesa in funzione della venuta del Signore e che egli è solo un indice puntato verso il Cristo. Dobbiamo ammettere che, nella maggioranza dei casi, nessuno di noi arriva a rinnegare Cristo direttamente e formalmente. Ma c'è un'altra forma di negazione più subdola e nascosta, ma equivalente, che è quella di affermare orgogliosamente il proprio "ego" a discapito di Cristo, quando cioè, arrogandoci dei meriti illusori che non sono nostri, rinneghiamo Gesù e la sua Grazia. |
Mt 11,16-19
Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo. | |||
Commento su Matteo 11,16-19 Ecco è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e peccatori. Come vivere questa Parola? Il Battista a molti appariva fin troppo severo, un rigido asceta incapace di godere la vita. Ma gli stessi non apprezzavano nemmeno Gesù perché gli sembrava troppo "normale", uno che stava bene con la gente, in particolare con i peccatori. E uno che sta bene con i peccatori "pubblici", che tutti riconoscono come tali, causa sempre un po' di diffidenza, anche nelle persone religiose. Eppure se ben ci pensiamo due sono i tipi di persone che si "sentono a casa" con i peccatori. Chi sa di essere per primo peccatore e quindi non vede tanta differenza tra lui e loro e chi vive in cuore una grande misericordia verso chi sbaglia: questo è il caso di Gesù e di chi è suo vero discepolo. In questi termini proprio la persona di fede non dovrebbe definire confini netti, marcare le differenze, perché si conosce nel suo peccato ma nello stesso tempo riconosce la misericordia del Signore su di lei. Non solo: desidera a sua volta divenire strumento della bontà di Dio verso tutti gli uomini. Chi cammina nella fede dietro Gesù comprende sia l'austerità del Battista che l'apertura a 360 gradi di Cristo verso l'uomo. Riconosce nel loro agire la sapienza di Dio all'opera. Dona anche a me Signore la tua sapienza perché io possa riconoscerla nei tuoi servi e il mio giudizio sia sempre guidato da essa. |
Mt 11,11-15
Non ci fu uomo più grande di Giovanni Battista. | |||
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Mt 11,28-30
Venite a me, voi tutti che siete stanchi. | |||
Commento Mt 11,28-30 "VENITE A ME..." Venire a Lui. Lui viene a noi. Un incontro. Il ristoro di Gesù offerto a chi è "affaticato e oppresso" nella vita diventa motivo del ricevere in dono il suo "giogo dolce, il suo carico leggero". Il ristorare che Gesù offre all'uomo è la sua presenza, questo "giogo" che sulle nostre spalle è il primo "angelo custode" che guida, protegge e governa il nostro cammino. Andare a Lui e averlo come guida della vita diventa una scuola di vita, dove si impara "da Lui che è mite e umile di cuore". LA MITEZZA E L' UMILTA' Atteggiamenti che ci aiutano a ristorare la nostra vita, a ricevere con noi Lui che guida e orienta la nostra strada quotidiana, nel percorso suggerito dal suo Spirito e accolto solo da chi si fa umile e mite. Umiltà e mitezza: riconoscere che abbiamo bisogno di Lui per dare senso alla nostra esperienza, a tutto quello che succede: essere umili ci permette di vedere Lui sopra tutto e tutti, evitando di vedere solo l'io. |
Mt 18,12-14
Dio non vuole che i piccoli si perdano. | |||
Come vivere questa Parola? Nella prima lettura odierna, tratta da una stupenda pericope di Isaia, Dio parla attraverso il profeta: Consolate, consolate il mio popolo e parlate al cuore di Gerusalemme. Anche se sperimentiamo dolori, tribolazioni, questo cammino nella Parola di Dio è cammino illuminato da una grande consolazione. Sì, Dio, nel mistero dell'Incarnazione, è il Dio che viene a salvarci. È questo il vero conforto, viene con potenza perché detiene un dominio capace di farsi largo dentro le aberrazioni della nostra storia. Viene con immensa dolcezza perché il suo modo d'essere è assimilabile a quello del pastore a cui stanno molto a cuore le sue pecore. Ecco, si prende tra le braccia le più deboli, conduce pian piano (quasi misurando il suo passo) quelle che hanno in grembo il mistero della vita. Nel Vangelo odierno, Gesù riprende questa immagine tenerissima, assimilando a sé l'immagine del pastore che va per dirupi in cerca della pecora che si è smarrita. La trova ed è felice di portarla in salvo, dentro un abbraccio pieno d'amore. Vieni, Signore, con potenza e parla al mio cuore perché, da te consolato, mi esponga fiducioso alla speranza, di cui la Tua Parola si fa lieto annuncio. |
Lc 1,26-38
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce. | |||
Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te Celebrare il mistero dell'Immacolato concepimento di Maria è gridare l'onnipotenza della grazia del Signore, che ha creato una così grande santità sulla nostra terra. In previsione dei meriti di Gesù Signore, Ella è stata preservata dalla macchia del peccato originale. Questa prima verità è ben poca cosa dinanzi all'altro grandissimo dono che il suo Creatore le ha fatto: l'ha ricolmata di grazia, l'ha fatta piena di grazia fin dal primo istante del suo concepimento. Maria non è solo è immacolata, cioè senza macchia di peccato originale, è anche colma, piena di grazia. Dio abita con tutta la potenza del suo essere nel suo cuore. La grazia non è solo quella creata, è anche quella increata. Maria è piena, fin dal primo momento della sua esistenza, piena di Dio. Il suo Signore e Dio è nel suo cuore. La Beata Trinità è nel suo cuore. Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo rivestono la sua anima della loro luce, verità, carità, amore, carità, ogni altra virtù. Tutto Dio è tutto in Maria. Maria è il tabernacolo vivente del suo Creatore e Signore. In tal senso Maria non è solo concepita senza peccato, è l'Immacolata Concezione di Dio. Dio ha concepito una creatura immacolata, senza difetti, senza alcuna imperfezione, lacuna, deficienza naturale e spirituale. Per Maria non si può applicare ciò che il Libro di Giobbe afferma riguardo agli angeli e cioè che Dio, guardandoli, anche in loro trova dei difetti, delle lacune, dei mancamenti di luce. Quanto è detto in questo Libro circa l'intera creazione, mai potrà essere applicato alla Vergine Maria. Lei è l'Immacolata Concezione di Dio. È la Creatura senza alcuna macchia non di peccato, ma di essere, bellezza, santità, purezza, castità, verginità. Dio contempla questa sua Creatura è rimane incantata della sua soprannaturale bellezza. Dinanzi a questa opera unica uscita dalle sue mani, Dio può rallegrarsi, gioire, esultare, osannare alla sua grandezza. Oltre questo limite non è più possibile andare nella creazione. Quando Dio vide e contemplò Maria, non disse, come per l'intera creazione: "È molto buona", bensì: "Ora non posso più andare oltre. Ho dato tutto me stesso". Maria diviene così il limite ultimo di Dio, oltre Maria vi è solo la divinità. Se vi fosse ancora qualche grazia, il Signore di certo gliel'avrebbe data, altrimenti l'angelo avrebbe detto una bugia: "piena di grazia", mentre in realtà non lo è. Invece Maria è piena di tutto Dio. Dio è avvolta, vestita dentro e fuori. Di Dio risplende per l'eternità. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci gustare tanta bellezza. |
Mc 1,1-8
Raddrizzate le vie del Signore. | |||
Commento a Mc 1,1-8 E' la seconda domenica di Avvento. Abbiamo sentito: "Inizio del Vangelo, che è Gesù: il Cristo, il Figlio di Dio". Marco inizia così il suo racconto per ricordarci che la buona notizia è Cristo: Lui deve essere al centro di tutto, perché Lui solo è il motivo dell'essere cristiani. Motivo della fede è Cristo con la sua vita e la notizia dell'amore infinito e immeritato di Dio. È per Lui e solo per Lui che si può sacrificare tutto, perché "solo Cristo può dar senso alla vita e alla morte" Ma come dobbiamo accostarci a Cristo? Due voci gridano nel deserto di Giuda, a distanza di cinque secoli, eppure all'unisono. La voce gioiosa di Isaia grida: «Ecco, il tuo Dio viene! Ditelo al cuore di ogni creatura». La voce drammatica di Giovanni, il Giovanni delle acque e del sole rovente, mangiatore di insetti e di miele, ripete: «Ecco, viene uno, dopo di me, tra poco, è il più forte e ci immergerà nel turbine santo di Dio!». Isaia, voce del cuore, dice: «Viene con potenza», ma subito aggiunge: «Viene con la potenza della tenerezza, tiene sul petto gli agnelli più piccoli e conduce pian piano le pecore madri». È la potenza possibile a ogni uomo, a ogni creatura. Marco presenta Giovanni Battista con le parole del profeta Isaia: "Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". Queste parole storicamente fanno riferimento al tempo del ritorno di Israele dalla schiavitù di Babilonia alla libertà della sua terra. Ma il senso profondo di queste parole è in rapporto a Cristo: infatti la terra promessa è Cristo e la libertà vera è possibile soltanto con Cristo. "Preparate la strada": perché? Perché l'incontro con Dio esige un atteggiamento preciso, un orientamento preciso, una direzione di marcia. Se dentro di noi non c'è un'attesa di Dio fino alla sofferenza; se dentro di noi non c'è la coscienza umile della nostra insufficienza davanti al problema che siamo noi stessi... noi non troveremo mai Dio. Solo l'umile arriva a Dio. "Raddrizzate i sentieri": per incontrare Dio è necessario cambiare tante strade; è necessario uscire da determinate situazioni, ma soprattutto è necessario cambiare il modo di pensare e di valutare. Conversione non significa soltanto smettere di peccare, ma qualcosa di più: significa cambiare dal di dentro la vita dell'uomo; significa "smontare" le idolatrie della vita: salute, successo, denaro...; significa restituire a Dio il primato, il valore che Dio ha. "Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di Cavallette e miele selvatico... Giovanni è nella condizione ideale per l'incontro con Dio: ha dato un taglio a ogni vanità; è un uomo libero e quindi povero, onestamente povero. Per questo egli può predicare, può gridare, può rimproverare. E la gente - nota Marco - va dalla città verso il deserto per ascoltare il profeta severo, ma che dice la verità. Gerusalemme improvvisamente si vergogna di se stessa e va a cercare nel deserto un messaggio di liberazione: il deserto, infatti, è la condizione spirituale ideale per decifrare il mistero della vita. E cosa dice Giovanni nel deserto? "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali" Giovanni non vuole legare la gente a se stesso: quanto è bello questo atteggiamento e quanto è importante! Giovanni sa di essere un povero, un piccolo e sa che agli altri può donare soltanto la fede in un Altro, la speranza in un Altro. Giovanni ha quasi paura che la gente faccia di lui il motivo della fede e allora dà chiaro l'avvertimento: "Dopo di me viene un altro!". Così deve comportarsi la Chiesa, così deve comportarsi il cristiano. Portare gente alla Chiesa non significa attirarla a noi, legarla a noi. Attirare alla Chiesa, significa condurre a Cristo. Quindi più la Chiesa si fa severa con se stessa e umile davanti a Dio... e più riesce ad essere luogo dell'incontro tra l'uomo e Dio. |