sabato 30 aprile 2016

Vangelo del giorno 30/04/2016

Gv 15,18-21
Voi non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Parola del Signore


Commento su Gv 15, 18-21

«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Gv 15, 18-21

Come vivere questa Parola?

Ritorniamo alla tematica della lectio continua del IV Evangelo di questa V settimana di Pasqua, nella quale - come già sappiamo - Giovanni indugia sui "discorsi di Addio". Si noterà però che ora c'è un brusco inizio e un cambio di scena che presuppongono qualcosa di non detto: lo smarrimento di una comunità che confessa Cristo ed è in stato di persecuzione. Ora, quanto il Maestro dichiara ai suoi discepoli vale per ogni comunità cristiana messa alla prova a causa della sua fede, e quindi vale anche per noi e per le nostre comunità di oggi. Una "parola" preziosa e assai impegnativa che Gesù lascia in eredità anche noi cristiani del terzo millennio e da non dimenticare, è la seguente: persecuzione. «Ricordatevi della parola che vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Gesù avverte i discepoli che saranno odiati e perseguitati e nel contempo li assicura che l'odio del "mondo" e la persecuzione sono l'ambiente in cui si manifesterà la testimonianza dello Spirito e insieme anche la loro. È noto che il termine mondo assume nell'Evangelo di Giovanni varie accezioni, qui ha una valenza negativa: esso rappresenta la somma delle forze ostili, che si oppongono allo svolgimento del disegno di salvezza di Dio, incentrato in Cristo. È questo il mondo che odia i discepoli.

Gesù fa però anche un passo ulteriore significativo. Egli non si limita a predire l'odio del mondo, ma lo spiega e ne smaschera le radici nascoste. E tutto questo perché il discepolo ?sappia' e non abbia a scandalizzarsi e a scoraggiarsi poi, quando tutto ciò accadrà. Insomma, la persecuzione fa parte della storia della salvezza: è la via della croce che continua. Il mondo ha odiato il Cristo e continua a odiarlo nei suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me». La ragione profonda per cui il mondo odia i discepoli sta nella diversità di origine: i discepoli non sono dal mondo, pur essendo nel mondo, ma non vi appartengono. Inteso così, l'odio del mondo non è più una ragione di scandalo, ma anzi un segno chiaro e inconfondibile di appartenenza al Cristo.

giovedì 28 aprile 2016

Vangelo del giorno 28/04/2016

Gv 15,09-11
Rimanete nel mio amore, perché la vostra gioia sia piena.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Parola del Signore


Commento su Gv. 15,9-11

«Rimanete nel mio amore,... perché la vostra gioia sia piena».

Gv. 15,9-11

Come vivere questa Parola?

Rimanere nell'amore è vivere sotto la luce della parola di Dio, lasciarsi guidare dallo Spirito che ci rasserena. Vuol dire esercitarsi nella fedeltà a Dio, desiderare di fare la sua volontà. "Rimanere" è l'opposto di "errare", girovagare", facendosi trasportare dal vento delle proprie passioni, dalla superficialità dei nostri gusti. Solo così, rimando fermi in Dio, il suo amore diventa la nostra atmosfera, l'aria che respiriamo, il sostegno della nostra vita.

Ma allo stesso esperimentiamo anche una gioia profonda, che è la gioia di sentirsi amati da Dio e dalla possibilità di riversare questo amore - totale, radicale e profondo - sugli altri. Non è una emozione momentanea e passeggera, ma la percezione intima e profonda di essere una persona "amata" da Dio. La gioia è il vero segreto del cristiano; essa scaturisce da Dio, placa le nostre ansie, ci fa sentire avvolti dalla dolcezza divina.

O Signore, donami la gioia di essere pienamente circondato dalla tua gioia, di essere rivestito del tuo amore; di essere consapevole delle mie fragilità da superare. Fa' che io metta sempre al centro della mia giornata la tua bontà e la tua misericordia.

mercoledì 27 aprile 2016

Vangelo del giorno 27/04/2016

Gv 15,1-8
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Parola del Signore 



Commento su Gv 15, 1-5; 8

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto... Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. [...]. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Gv 15, 1-5; 8

Come vivere questa Parola?

Anche nel Vangelo di Giovanni odierno siamo sempre nel contesto dei "discorsi di Addio" di cui abbiamo già fatto cenno nella lectio di ieri. Si tratta, come dicevamo, del testamento spirituale di Gesù, nel quale Egli, prima della sua dipartita da questo mondo, lascia in eredità ai suoi discepoli, le cose più intime e preziose.

Un'altra di quelle parole importanti che Gesù lascia ai suoi discepoli è l'autorivelazione del Signore che si trova all'inizio del Vangelo di oggi: «Io sono la vite vera» e un po' dopo: «Io sono la vite, voi i tralci». L'immagine della vite/vigna affonda le sue radici negli scritti profetici dell'Antico Testamento e, in particolare, nel celebre canto della vigna di Isaia (cfr. Is 5). La vera vite, di cui quella antica era solo un'immagine imperfetta, è in realtà il Cristo. L'agricoltore è il Padre, che, come nel testo isaiano, ha cura della vigna, affinché i suoi tralci portino sempre più frutto. Ma che cos'è questo frutto su cui Gesù insiste tanto nel Vangelo? La risposta appare proprio nell'ultima riga del brano citato più sopra: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Il frutto che Dio vuole da ogni credente è che diventi discepolo di Gesù. Si noti bene, proprio perché il discepolato è un cammino che dura tutta la vita, nel testo originale viene usato appropriatamente non il verbo "essere" (perché siate miei discepoli), ma «diventiate miei discepoli». In tal modo viene introdotto nel cammino del discepolo un dinamismo sempre più crescente che lo porta alla piena abbondanza del frutto.

Queste parole di Gesù suonano come una promessa profetica rivolta a tutti i discepoli di ogni epoca storica, quindi anche a me, anche a te, caro lettore. Ma ad un patto: i tralci non sono nulla senza la linfa vitale che proviene dalla vite, vite e tralci formano un unico organismo.

Signore, io voglio "Rimanere" in Te, insieme il nostro frutto sarà abbondante.

martedì 26 aprile 2016

Medjugorje Messaggio del 25 Aprile 2016

Medjugorje Messaggio del 25/04/2016




"Cari figli! Il Mio Cuore Immacolato sanguina guardandovi nel peccato e nelle abitudini peccaminose. Vi invito: ritornate a Dio ed alla preghiera affinché siate felici sulla terra. Dio vi invita tramite me perché i vostri cuori siano speranza e gioia per tutti coloro che sono lontani. Il mio invito sia per voi balsamo per l’anima e il cuore perché glorifichiate Dio Creatore che vi ama e vi invita all’ eternità. Figlioli, la vita è breve, approfittate di questo tempo per fare il bene. Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "

Vangelo del giorno 26/04/2016

Gv 14,27-31
Vi do la mia pace.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».

Parola del Signore


Commento su Gv 14, 27-31

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che io vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate".

Gv 14, 27-31

Come vivere questa Parola?

Le parole di Gesù contenute nel Vangelo odierno fanno parte dei cosiddetti "discorsi di Addio" caratteristici di Giovanni, che ritroveremo anche in tutti i giorni che seguono. Essi vogliono offrire uno sguardo sul futuro perché possa aiutare i discepoli a vivere il presente e a preparare il domani. Vogliono orientare il cuore dei discepoli verso realtà più grandi del solito quotidiano e offrire una comprensione più profonda degli avvenimenti che stanno per compiersi.

Esse costituiscono il prezioso testamento spirituale lasciato in eredità dal Signore prima della sua partenza definitiva. Sono parole che hanno un tono tutto particolare, perché anticipano realtà nuove che porteranno alla testimonianza della fede coloro che ne faranno memoria. Parole che vengono consegnate da Gesù a un altro Maestro, lo Spirito Santo, che le insegnerà e le farà ricordare alle comunità di ogni epoca storica, perché possano viverle in una forma nuova, adatta alle necessità proprie dei tempi.

Una di queste parole importanti è quella riportata proprio all'inizio del Vangelo di oggi: la Pace. Il dono della Pace è messo in forte rilievo attraverso la ripetizione ravvicinata del termine (anafora). Essa non è un semplice saluto, ma è molto di più: è la Pace che raccoglie in sintesi tutti i beni più preziosi della vita e della persona. Dunque, la Pace di Cristo non si può in alcun modo equiparare a quella che può dare il mondo, una pace che è frutto in genere di compromessi dei re della terra, di guerre continue, di violenze, di odio e di sopraffazione. Il Re della Pace non scenderà mai a competere con gli altri sovrani di questo mondo, ma si lascerà incoronare Re sul trono della Croce.

Oggi, nel mio rientro al cuore, pregherò il Re della Pace perché conceda alla sua Chiesa e a ciascuno di noi il grande dono messianico della Shalom.

domenica 24 aprile 2016

Vangelo del giorno 24/04/2016

Gv 13,31-35
Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Parola del Signore


Commento su Gv 13,31-35

Tra i tradimenti di Giuda e Pietro gli altri evangelisti pongono l'ultima Cena. Giovanni salta il racconto della cena per sostituirlo con la lavanda. Giovanni osa di più: tra i due tradimenti e le due salvezze (Giuda è salvato dal male, Pietro dal finto bene) inserisce l'unico comandamento dell'amore.

Gesù ci chiede di amarci (amare me, amare te) dell'amore con cui egli ci ha amato. Del suo amore, col suo amore. Non con l'amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù. Con l'amore che, provenendo da Cristo, può riempire il nostro cuore per poi defluire verso il cuore degli altri.
Io purtroppo non sempre riesco ad amare le persone che mi sono antipatiche, né quelle che mi fanno del male. 
Solo l'amore che viene da Dio, un amore teologico, mi permette di poter amare al di sopra dei miei sentimenti e delle mie emozioni. La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi, delle facili consolazioni, di quelli che hanno Gesù come hobby: la Chiesa è la compagnia di coloro che sono stati incontrati ed amati da Cristo. Perciò diventano capaci di amare. Dall'amore dobbiamo essere conosciuti. Non dalle devozioni, non dalle preghiere, non dai segni esteriori, non dalle organizzazioni caritative, ma dall'amore. L'amore è ciò che maggiormente deve stare a cuore nella Chiesa. Che sia vero, che sia libero, che diventi evidente. Un amore in equilibrio tra emozione e scelta, tra enfasi e volontà, che diventi concreto e fattivo, tollerante e paziente, autentico e accessibile, che sappia manifestarsi nel momento della prova e del tradimento.

mercoledì 20 aprile 2016

Vangelo del giorno 21/04/2016

Gv 13,16-20
Chi accoglie colui che manderò, accoglie me.

Dal Vangelo secondo Giovanni

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Parola del Signore


Commento su Gv 13, 16-20

"In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato."

Gv 13,16- 20

Come vivere questa Parola?

In queste tre righe del Vangelo giovanneo ricorre per ben tre volte il verbo accogliere: un verbo che ti apre a forti significazioni di vita.

E' la scena dell'uccello madre che accoglie lo svolatino dopo il suo primo volo, è la corolla del fiore che accoglie la vitalità industriosa dell'ape, sono le braccia aperte di una madre o di un padre che accolgono un figlio che chiede amore e perdono. Si, "accogliere" è un verbo che fa luce e dà colore. Soprattutto se arrivi a intendere in profondità questa parola di Gesù: "Chi accoglie colui che io manderò" a cui si aggancia tutto il resto.

"Chi è che Tu mandi, Signore?" Ovviamente quelli che mi comunicano la Tua Parola, amministrano i sacramenti, i sacerdoti, i profeti che anche oggi fanno luce su come vivere il Tuo Vangelo.

Ma credo proprio che Tu voglia aprirmi il cuore a più luminosi spazi dell'esistenza. Ogni uomo che io incontro nelle mie giornate è mandato da Te, Signore. Perché è quel prossimo che Tu vuoi io m'impegni ad amare, è quella persona in cui la Fede mi fa ravvisare Te, Signore Gesù.

Che splendida verità mi comunichi con questo tema dell'accogliere! Accogliere è abbraccio che si approfondisce e si amplifica fin - Tu mi dici - ad accogliere non Te solo ma perfino il Padre, l'ONNIPOTENZA dell'Amore che non cessa mai di amare. Proprio perché non cessa di accogliere il Figlio e noi tutti in Lui.

Grazie Gesù! So che diventando più capace di larga accoglienza, sarò più uomo, più cristiano, più felice di vivere.

Vangelo del giorno 20/04/2016

Gv 12,44-50
Io sono venuto nel mondo come luce.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Parola del Signore


Commento su Gv 12,44-50

È luce, il Signore. Le sue parole illuminano le nostre scelte, rischiarano le nostre tenebre. La fede, come più volte abbiamo detto, è la luce che illumina la nostra stanza interiore. è come se vivessimo in un luogo oscuro: impariamo a muoverci, col passare degli anni, a riconoscere gli oggetti che ci stanno attorno, ad avere una vita "normale". Poi, d'improvviso, qualcuno apre gli scuri e la luce del sole entra nella nostra stanza. Gli oggetti sono gli stessi, la nostra vita è la stessa, ma ora tutto ha un aspetto diverso: ciò che in precedenza non riuscivamo a capire è chiaro, e nulla più ci fa paura. La fede diventa misura dell'essere e dell'agire. Accogliere le parole del Signore, fidarsi di lui, significa fare questa bruciante esperienza di novità che cambia il nostro modo di vedere le cose. La stessa Parola, però, discrimina e giudica. Chi si ostina a non lasciare entrare la luce si condanna a vivere nell'oscurità. La tenebra, quindi, non è "punizione" divina ma conseguenza della nostra libera scelta. Lasciamo che la Parola, oggi e sempre, illumini e riscaldi la nostra vita, motivi e orienti le nostre scelte quotidiane.

martedì 19 aprile 2016

Vangelo del giorno 19/04/2016

Gv 10,22-30
Io e il Padre siamo una cosa sola.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Parola del Signore


Commento su Gv. 10, 22-30

"Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano".

Gv. 10, 22-30

Come vivere questa Parola?

Un giorno d'inverno. E' la festa che ricorda annualmente la solenne Dedicazione del Tempio di Gerusalemme. Gesù cammina all'interno in quella parte che è chiamata Portico di Salomone'.

I Giudei sono pronti anche lì, a porgli domande-tranello o a dimostrare la loro impazienza nei suoi confronti: "Se tu sei il Cristo, dillo a noi chiaramente".

Gesù risponde focalizzando bene il fatto che le opere ch'Egli compie nel nome del Padre, proprio quelle opere, testimoniano per lui. Perciò - riprendendo l'immagine a lui cara del pastore e delle pecore - mette a fuoco una verità profondamente certa e familiare. Le sue pecore, cioè i suoi veri seguaci, si connotano per tre verbi: lo ascoltano, lo conoscono (proprio attraverso l'ascolto della sua Parola) e quindi lo seguono (vivono cioè il suo Vangelo.

Quello che poi Gesù aggiunge è la mirabile conseguenza: si, Lui il Signore schiuderà la vita che dura per sempre a chi lo segue, senza ormai più rischiare di andar perduta. E il bello è che non ci sarà né forza umana né angelica né di qualsiasi altro tipo, nessun potere avverso a Dio, che possa riuscire in nessun modo a strappare queste sue creature da Lui, dal Suo cuore infinitamente amante. Il motivo di questa vittoria certissima? E' il fatto che il Padre stesso ha consegnato al Figlio Gesù questo dono: il Padre che è l'onnipotenza stessa del Dio Uno e Trino, il Padre che è una cosa sola con Gesù.

Signore, aiutami a vivere l'autentica sequela e quindi a mettere in fuga qualsiasi timore. Credo fino in fondo che la mia vita cristiana coincide con la certezza che, se vivo con te e in te, la vera VITA, la gioia incomincia qui e diventa pienezza di felicità in cielo.

venerdì 15 aprile 2016

Vangelo del giorno 16/04/2016

Gv 6,60-69
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Parola del Signore


Commento su Gv 6,60-69

Se ne va la folla, e fa benissimo. Come si fa a star dietro alla valanga di parole che ha detto? E alle cose che chiede? E al volto di Dio inatteso e incredibile che professa? E all'esigenza di nutrirsi della sua presenza? Chi pretende di essere questo falegname che si è scoperto profeta? Anche noi siamo così: fino a quando Dio ci riempie la pancia va tutto bene: siamo soddisfatti, Dio è buono, il mondo è magnifico. Ma appena Dio diventa esigente, chiede qualcosa di più forte e importante, appena ci mette davanti alle nostre fragilità, allora tutto cambia: preferiamo andarcene piuttosto che continuare ad ascoltare. È duro il vangelo, perché negarlo? È esigente!, perciò, nella storia, abbiamo continuato ad annacquarlo, a modificarlo, a interpretarlo... Sono suoi discepoli coloro che se ne vanno: il Signore sempre ci lascia liberi, sempre. Gli apostoli, storditi, non sanno che fare, non sanno che dire. Nell'arco di poco tempo sono passati dalla gloria al fango: qui finisce la brillante carriera del Messia. E la loro. E Gesù, immenso, libero, straordinario, si gira verso di loro: volete andarvene anche voi? Non li supplica di restare, preferisce restare solo piuttosto che tradire il volto del Padre.

Vangelo del giorno 15/04/2016

Gv 6,52-59
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

Parola del Signore


Commento su Gv 6,52-59

"Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me."

Gv 6,52-59

Come vivere questa Parola?

Gesù ci dice che Lui e solo Lui ci dona la vita eterna. Qui, mangiare (in greco "phàgô" o "esthíô") diventa "masticare, triturare con i denti (in greco "trôgô"). La sua carne è da masticare per essere assimilata bene, in modo da ricevere le sua energia vitale. Il frutto del masticare è dimorare in Lui, cioè essere in comunione di quella vita che è propria dell'amore. L'amore non è con-fusione, per cui uno sopprime l'altro, l'amore è comunione: reciproco dimorare l'uno nell'altro, abitare ed essere abitati dall'altro. Solo masticando Lui potremo vivere di lui, da lui e per lui: l'amato diventa la vita di chi lo ama. "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me"(Gal 2,20): è il Mistero fecondo e liberante dell'Amore!

Signore Gesù ogni volta che entri in me, trasformami in Te, perché anch'io come Paolo possa dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me".

giovedì 14 aprile 2016

Vangelo del giorno 14/04/2016

Gv 6,44-51
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Parola del Signore


Commento su Gv 6,44-51

"Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

Gv 6,44-51

Come vivere questa Parola?

Gesù, non solo è il pane, ma il pane vivente, vivo, vitale, capace di trasmettere vita. La vita che è in Lui è la stessa del "Padre Vivente". Questo pane, che richiama la manna, è la carne che richiama l'agnello. Cristo è la nostra Pasqua! Caro salutis cardo: la carne è il cardine della salvezza! Eucaristia: Mistero del Corpo e del Sangue di Cristo!

Signore, aumenta la nostra fede!

mercoledì 13 aprile 2016

Vangelo del giorno 13/04/2016

Gv 6,35-40
Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Parola del Signore


Commento su Gv 6,35-40

«Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna».

Gv 6,35-40

Come vivere questa Parola?

La vita eterna è la vita che Dio stesso dona alla nostra esistenza terrena, che ci prepara a quella immortale nel cielo, quella che già qui sulla terra ci rende figli di Dio. La condizione per ottenere questo grande dono è la fede, che ci fa contemplare in Cristo il Figlio di Dio e orienta tutta la nostra vita terrena alla persona di Gesù.

La vita eterna inizia già qui sulla terra: credendo in Dio, acquistiamo un sguardo nuovo anche per noi stessi, per le realtà terrestri e per la storia dell'umanità. Gesù ci toglie dalla fragilità e incertezza delle cose per trasportarci nella pienezza della vita spirituale e ci fa ritrovare l'eternità, partecipando alla vita stessa di Dio.

O Signore, fa' che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull'esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all'autorità del Magistero della santa Chiesa. Amen. 

domenica 10 aprile 2016

Vangelo del giorno 11/04/2016

Gv 6,22-29
Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Parola del Signore


Commento su Gv 6,22-29

«Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Gv 6,22-29

Come vivere questa Parola?

Ogni opera manifesta e fa conoscere l'autore: per comprendere il più possibile la persona di Gesù, dobbiamo accoglierlo come l'inviato di Dio Padre e come il suo rivelatore. Solo così possiamo avere in noi la vita, imitarlo nella nostra esistenza e arrivare alla salvezza.

Essere cristiani richiede di vivere una profonda dimensione della fede, non solo a parole, ma soprattutto con i fatti. Se la fede è anzitutto un dono di Dio, però anche l'uomo ha la sua responsabilità nell'accettarla o rifiutarla. La fede esige che mettiamo Dio al primo posto nella nostra esistenza, che usciamo dal nostro egoismo per aprirci all'amore di Dio.

Mi unisco alla preghiera di S. Tommaso Apostolo: "Mio Signore e mio Dio!"

Vangelo del giorno 10/04/2016

Gv 21,1-19
Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Parola del Signore.



Commento su Gv 21,1-19

«Gesù stette sulla riva»

Gv 21,1-19

Come vivere questa Parola?

Gesù si manifesta ai suoi discepoli per la terza volta: si ferma sulla riva del lago e cuoce il pesce per loro. Egli si presenta come la persona che si mette al servizio degli altri, perché li ama. Anche di fronte a Pietro che lo rinnegato per tre volte, egli richiede una triplice professione di amore. Dunque, nonostante il grave peccato, Gesù rimane fedele alla sua scelta di porre Pietro come il primo degli Apostoli e come "pietra" su cui fondare la Chiesa.

E' una realtà molto consolante e incoraggiante anche per noi: ci rende consapevoli che se anche noi pecchiamo e poi ci pentiamo, Dio non ricorda il nostro peccato, ma, pieno di misericordia, ci permette di rimodellare la nostra immagine su quella di Dio. Col cuore riconoscente anche noi - come Pietro - diciamo a Gesù: "Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo" (Gv 21,16).

sabato 9 aprile 2016

Vangelo del giorno 09/04/2016

Gv 6,16-21
Videro Gesù che camminava sul mare.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.
Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

Parola del Signore


Commento su Gv 6,16-21

«Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti».

Gv 6,16-21

Come vivere questa Parola?

Anzitutto stupisce quel camminare nel mare. È Gesù pienamente uomo ma anche Signore del cosmo, dunque veramente Dio. Però per quei poveri pescatori che erano i suoi discepoli, la familiarità col mare era di altro genere e mai fuori di ogni misura e limite. Si può dunque capire l'esperienza di paura che ebbero quelli della barca.

Penso che quando Gesù disse "Sono io", fu come se il grande "IO SONO" (nome stesso dell'Altissimo Dio che Gesù altrove riservò per sé), "Il lago" stesso si increspò di onde più candide che mai. Ma qui ciò che colpisce è il saldarsi dell'espressione rivelatrice "SONO IO" con quel tenero: "NON TEMETE" che rassicurò i discepoli: gente semplice e buona ma non colta e ben lontana dall'avere un coraggio da leoni. Il cuore si era ormai pacificato, così che "lo accolsero nella barca" liberi dalla paura.

Signore, anche nella mia vita a volte si levano ondate paurose di contrarietà d'ogni genere. È la vita: non una bella gita ma un impegno e un esercizio d'amore. L'importante - fammelo capire a fondo - è "prenderti nella barca" cioè familiarizzare col pensiero della tua Presenza nel mio cuore: una Presenza che mi rassicura, mi dà pace, mi abilita ad essere concreta e coraggiosa nel gestire l'amore.

giovedì 7 aprile 2016

Vangelo del giorno 08/04/2016

Gv 6,1-15
Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Parola del Signore




Commento su Gv 6,1-15

«Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, (...) Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo».

Gv 6,1-15

Come vivere questa Parola?

Tutto solo Gesù, il Rabbi ormai acclamato dalle moltitudini, se ne va in quel luogo inospitale al massimo che è il deserto o nella solitudine aspra dei monti. Questa volta ha un motivo di più per liberarsi dall'esorbitante entusiasmo della folla. La gente vuol proclamarlo Re! Ma Egli - lo dirà chiaramente a Pilato - è sovrano non però di questa terra. La Sua sovranità è intimamente legata a quel "Regno di Dio" che è la vittoria di ogni verità bellezza bontà su ciò che è falso, cattivo, putrido. Proprio perché Gesù vive e muore per il trionfo di tutto questo, fugge il plauso, il vuoto della vanità mondana e cerca spazi di silenzio nel deserto o sui monti.

Attualissima l'indicazione che ci viene dalla Tua scelta Signore! Oggi più che mai siamo insidiati e assediati dalla chiacchiera compiacente che è una sola cosa con falsi elogi gonfi d' interessi personali.

Aiutami a distinguere sempre l'apprezzamento incoraggiante circa quel che sono o che faccio dal complimento vuoto di valori e spesso interessato. Aiuta la mia volontà a prendermi spazi di solitudine e di silenzio. Non sarà in montagna. Sarà forse solo nella mia cameretta o dove lavoro, importa però che non manchino al mio vivere.

Vangelo del giorno 07/04/2016

Gv 3,31-36
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

Parola del Signore


Commento su Gv 3,31-36

«Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito».

Gv 3,31-36

Come vivere questa Parola?

Colui che Dio Padre ha mandato è il Suo Figlio Unigenito: Gesù. Qui è Lui che parlando a Nicodemo, profondamente incline a cercare la Verità, proprio conoscendolo in questa sua onestà di ricerca, gli si manifesta come Colui che, come è stato detto, è la visibilità del Padre e dunque la sua " bocca". Non solo, Egli dona lo Spirito in pienezza, perché lo Spirito è infatti Colui che esprime l'infinito reciproco Amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre.

Ecco, l'identità di Gesù: quella di Colui che è pienamente uomo e nello stesso tempo è pienamente Dio, è tutta qui. Bellissimo che Gesù stesso lo sveli a noi attraverso quel che di Lui ha appreso Giovanni: l'apostolo intimo al Suo cuore che ha dunque potuto immergere il suo dire in tutto il fulgore della personalità umano-divina di Cristo Gesù.

Noi vogliamo vivere lo stupore di Tommaso quando sei comparso nel Cenacolo fulgido di Resurrezione, e Lui Ti ha riconosciuto. E con Lui, la preghiera è anche il nostro rinnovato atto di Fede nel più grande  Amore:

Signore mio e Dio mio!

mercoledì 6 aprile 2016

Vangelo del giorno 06/04/2016

Gv 3,16-21
Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Parola del Signore


Commento su Gv 3,16-21

«Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Gv 3,16-21

Come vivere questa Parola?

La parola "mondo" è usata qui per indicare l'umanità tutta intera. In un altro brano biblico leggiamo che Dio ha talmente amato il mondo da mandare il Suo Figlio Unigenito per salvarlo. Qualche volta è detto che il mondo (inteso come mentalità mondana) è "tutto posto nel maligno", cioè è in balia di satana.

Ed è molto illuminante quello che qui l'evangelista Giovanni dice per sottolineare questo progetto-volontà di salvezza che Dio ha nutrito da sempre fino a fare sapere che ha mandato il Suo Figlio Unigenito non per istituire un processo nei confronti del mondo ma proprio per salvarlo da tutto ciò che è male, disgrazia, distruzione.

Dio, nei nostri riguardi, "si è giocato" fino in fondo. Da Lui, che è Amore sostanziale, che cosa poteva venirci di più prezioso che il dono del Suo Figlio: il Verbo Incarnato Gesù?

Lo so: son cose risapute fin dai tempi del catechismo per la Prima Comunione. Ma so anche quanto sia un sapere "insabbiato" in tante notizie e conoscenze da "supermercato massmediale.

Signore, ho bisogno urgente di liberare questa radiosa verità da tutta la "sabbia" di ciò che si finisce a dare per scontato.

Aiutami. Ti prego, a far tesoro del tempo pasquale per prendermi soste meditative (sia pur brevi) per incontrare Gesù nella sua infinita tenerezza, nella ferma volontà del Padre e Sua, di indicarci strade di salvezza nella benevolenza e nella pace.

domenica 3 aprile 2016

Vangelo del giorno 04/04/2016

Lc 1,26-38
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore


Commento su Luca 1,26-38

Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria
Lc 1,26-38


Come vivere questa Parola?

Siamo nell'ora più solenne della storia: Dio, nella persona del Verbo, sta per fare irruzione in essa. Quale luogo sarà degno di ospitarlo? Roma estende ovunque il suo potere, Atene è un raffinato centro culturale, Gerusalemme è la città santa... E Dio posa lo sguardo su un'oscura borgata della Galilea: Nazaret.

Due località che, all'epoca, se avevano una qualche risonanza era in negativo. Basta ricordare la sprezzante considerazione di Natanaele: "Da Nazaret può venire qualcosa di buono?" (Gv 1,46), e la drastica conclusione dei farisei: "Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!"(Gv 7,52).

Galilea, Nazaret sono dunque l'emblema non solo di ciò che non conta, ma di ciò che merita solo disprezzo.

Il messaggero celeste poi si rivolge a una "vergine", titolo che oggi si ammanta di venerazione proprio per il suo riferimento alla madre di Gesù. Ma anche sotto questo termine l'indicazione di una situazione di povertà esistenziale: la donna contava nella misura in cui era feconda, cioè era madre! E l'insignificanza è rafforzata dal fatto che solo alla fine ne compare il nome: è una delle tante.

Ancora un elemento sconcertante: Luca ha appena narrato l'annuncio rivolto a Zaccaria, di cui ha sottolineato il rango sacerdotale, in un contesto più che solenne. E qui tutto lascia supporre l'ordinarietà di un modesto quotidiano.

Ma è proprio qui la stravolgente novità del rivelarsi di un volto inedito, impensabili di Dio: Egli è amore, cioè vicinanza. Egli vuole abitare la nostra storia, vuole farsi pellegrino con noi, vuole che impariamo a cercarlo e a trovarlo lì dove si snoda la nostra esistenza.

Questi primi versetti, allora, ci svelano una cosa grandiosa: in quel piccolo frammento di tempo che vivo, in quella sperduta località dove si svolge la mia esistenza, Dio mi raggiunge, oggi, con il suo annuncio. Sì, oggi, sono io quella vergine a cui Dio chiede di far spazio per tornare a incarnarsi. Io sono chiamato a dargli un volto.

Ti ringrazio, Signore, per il dono del mio essere esistenzialmente povero, perché è grazie a questa povertà che posso avere la gioia di condividere con te il mio oggi nel tempo e la tua eternità per sempre.

sabato 2 aprile 2016

Vangelo del giorno 03/04/2016

Gv 20,19-31
Otto giorni dopo venne Gesù.

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore


Commento su Giovanni 20,19-31

"Pace a voi!"
Gv 20,19-31


Come vivere questa Parola?

Per ben tre volte, in questo breve brano evangelico, risuona il saluto di Gesù: "Pace a voi!", che si identifica con il bene messianico. Una realtà che biblicamente dice molto di più che non assenza di guerra o di conflittualità. Non si identifica neppure con uno stato di tranquillità. Pace dice pienezza di ogni positività, pienezza dell'essere, e, in quanto tale, non può procedere che da Dio: suo dono!

Più volte Gesù l'aveva promessa, mantenendola ben distinta da esperienze similari conseguibili con le forze umane. Ora, da Risorto la effonde nel cuore dei suoi amici, facendone il segno tangibile della sua presenza.

Un dono che sgorga dalla croce, ponte che ricongiunge il cielo alla terra e si estende ad abbracciare l'intera umanità, ricomponendo così quell'unità infranta dal peccato e ricostituita nel "Nome" di Cristo, Verbo incarnato -immolato -risorto, e consegnata a noi come dono e come impegno.

Si tratta, infatti, di una realtà essenzialmente relazionale che, di conseguenza, da un lato va umilmente e gioiosamente accolta, dall'altro esige un paziente lavoro di convergenza nel segno dell'autenticità, cioè della verità del proprio essere: intreccio di povertà e di grandezza, a cui ci richiama drammaticamente la nudità del Crocifisso. 

Riconciliato con se stesso, creatura fragile e limitata ma segnata da una inalienabile impronta divina che lo rende costituzionalmente immagine di Dio, l'uomo può tornare a volgere verso Dio e verso i fratelli uno sguardo libero e liberante, pacificato e pacificante.

Fammi andare, Signore, alla radice delle mie paure che generano inquietudine e diffidenza. Aiutami a rappacificarmi con la mia realtà creaturale e a coniugarla con la vocazione ad essere tua immagine, per poter lasciar fiorire in me e intorno a me il tuo dono pasquale: la pace!