Gv 14,1-6
Io sono la via, la verità e la vita. | |||
Commento su Gv. 14, 1-6 "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi". Gv. 14, 1-6 Come vivere questa Parola? "Dove sono io siate anche voi". Questo è il Paradiso: essere dove Gesù è, vivere come lui vive. Il Paradiso è essere con lui, così come aveva preannunciato al buon ladrone: "Oggi sarai con me in Paradiso". Dopo la morte avremo chiaro quello che nella nostra esistenza terrena a volte ci sfugge e cioè che ciò che ci dà veramente vita sono le relazioni. La domanda sul dove quindi ad un certo punto deve diventare sul chi. Con chi saremo, con chi vivremo, con chi il nostro cuore si incontrerà ogni momento, ogni attimo? Saremo con Colui che ci ha preceduto non per vincere una gara ma per prepararci un posto, con Colui che non si fermerà a godersi il meritato riposo ma tornerà per prenderci con Lui. Perché noi siamo il suo chiodo fisso, siamo "indimenticabili". Cristo non può e non vuole dimenticarsi di noi e con noi vuole condividere suo Padre. É il Figlio Unigenito che però vuole noi come fratelli a cui trasmettere l'amore che lui riceve dal Padre ma che non si tiene per sé, lo passa a noi perché non vuole essere felice da solo. |
giovedì 30 aprile 2015
Vangelo del giorno 01/05/2015
mercoledì 29 aprile 2015
Vangelo del giorno 30/04/2015
Gv 13,16-20
Chi accoglie colui che manderò, accoglie me. | |||
Commento su Giovanni 13,16-20 Un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Gv 13,16-20 Come vivere questa Parola? Gesù ha appena lavato i piedi ai discepoli, azione commovente e ricca di significato nel contesto dell'ultima cena. Poco prima, arrivando a Gerusalemme con i suoi, la gente ha fatto festa, acclamando Gesu: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!" (Gv 12,13). Con l' umile gesto di lavare i piedi, Gesù intende portarli dall'esaltazione della folla alla realtà profonda: Il Figlio di Dio è venuto per servire; Dio ha preso la nostra carne in Cristo per prestarci un servizio di amore sconfinato: la salvezza e la possibilità di partecipare alla vita di Dio. Il gesto della lavanda dei piedi è come un esempio da seguire per tutti i suoi discepoli in tutti i tempi (v 13). Quindi essere cristiani sul serio significa servire le sorelle e i fratelli con amore; vocazione umile ma sublime che tocca l'essenza della realtà. Nella mia pausa contemplativa, mi colloco con l'immaginazione nel cenacolo con Gesù. Egli mi guarda con amore e mi incoraggia: se io il tuo Signore e Maestro ho lavato i piedi a te, anche tu devi lavare i piedi ai tuoi fratelli e alle tue sorelle. Signore Gesù desidero con tutto il cuore seguire il tuo esempio, per testimoniare a tutti il tuo amore travolgente per noi. Ti ringrazio, Gesù, il Cristo, il Figlio del Dio Vivente. |
martedì 28 aprile 2015
Vangelo del giorno 29/04/2015
Mt 11,25-30
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
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Commento su Mt 11,25-30 "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli". Mt 11,25-30 Come vivere questa Parola? Oggi festeggiamo santa Caterina da Siena. Lei era davvero una "piccola": donna minuta, senza diritto all'istruzione, con un carattere estremamente volitivo, decide, tra mille contrarietà, di non sposarsi e di fare da giovanissima già la vita da vecchia. Sta con un gruppo di vedove che dedicano ormai la loro vita a Dio. Si immerge in una situazione apparentemente senza via d'uscita e che invece le permette di raggiungere i confini della terra. Straordinariamente le diventano accessibili le corti e le sue lettere colpiscono il pontefice che medita sulle scelte che sta facendo. Le cose nascoste ai dotti sono da Dio rivelate ai piccoli. "Piccoli" che nella storia della Chiesa abbiamo più volte visto trasformarsi ed ergersi come giganti, ricostruendo l'opportunità di tornare a Dio, di comprendere, interpretare più profondamente il Vangelo nel loro oggi. Signore, dona anche a noi l'umiltà di rileggere e reinterpretare la tua parola nel nostro oggi. Senza integralismi, senza superbe assolutizzazioni, ma solo nell'umile e continua ricerca di quella che è la tua volontà. |
lunedì 27 aprile 2015
Vangelo del giorno 28/04/2015
Gv 10,22-30
Io e il Padre siamo una cosa sola. | |||
Commento su Gv. 10, 22-30 "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano". Gv. 10, 22-30 Come vivere questa Parola? Un giorno d'inverno. E' la festa che ricorda annualmente la solenne Dedicazione del Tempio di Gerusalemme. Gesù cammina all'interno in quella parte che è chiamata ?Portico di Salomone'. I Giudei sono pronti anche lì, a porgli domande-tranello o a dimostrare la loro impazienza nei suoi confronti: "Se tu sei il Cristo, dillo a noi chiaramente". Gesù risponde focalizzando bene il fatto che le opere ch'Egli compie nel nome del Padre, proprio quelle opere, testimoniano per lui. Perciò - riprendendo l'immagine a lui cara del pastore e delle pecore - mette a fuoco una verità profondamente certa e familiare. Le sue pecore, cioè i suoi veri seguaci, si connotano per tre verbi: lo ascoltano, lo conoscono (proprio attraverso l'ascolto della sua Parola) e quindi lo seguono (vivono cioè il suo Vangelo. Quello che poi Gesù aggiunge è la mirabile conseguenza: si, Lui il Signore schiuderà la vita che dura per sempre a chi lo segue, senza ormai più rischiare di andar perduta. E il bello è che non ci sarà né forza umana né angelica né di qualsiasi altro tipo, nessun potere avverso a Dio, che possa riuscire in nessun modo a strappare queste sue creature da Lui, dal Suo cuore infinitamente amante. Il motivo di questa vittoria certissima? E' il fatto che il Padre stesso ha consegnato al Figlio Gesù questo dono: il Padre che è l'onnipotenza stessa del Dio Uno e Trino, il Padre che è una cosa sola con Gesù. Signore, aiutami a vivere l'autentica sequela e quindi a mettere in fuga qualsiasi timore. Credo fino in fondo che la mia vita cristiana coincide con la certezza che, se vivo con te e in te, la vera VITA, la gioia incomincia qui e diventa pienezza di felicità in cielo. |
domenica 26 aprile 2015
Vangelo del giorno 27/04/2015
Gv 10,1-10
Io sono la porta delle pecore. | |||
Commento su Giovanni 10,1-10 Io sono la porta. Gv 10,1-10 Come vivere questa Parola? "Io sono la porta": e subito si spalanca dinanzi ai nostri occhi un orizzonte aperto, arioso, invaso dalla luce, e, al tempo stesso, il tepore invitante di una casa ben custodita. La porta è infatti quanto garantisce la sicurezza, il calore, l'intimità dell'ambito familiare e insieme la possibilità di entrare e uscire, spaziando liberamente. Sotto la metafora è la realtà del Risorto che con la sua croce si è eretto a baluardo contro il nemico: vero buon pastore che non ha esitato a esporre la propria vita per mettere in salvo il suo gregge reintroducendolo nel Regno del Padre suo, a casa da dove si era sventatamente allontanato. Ma con la stessa croce ha spalancato dinanzi ad esso la visione di una vita inondata di luce che non conoscerà la parola: fine. È risorto come primizia a cui seguiranno i "molti" per cui ha versato il suo sangue. Egli li mette in guardia da quanti si introducono in casa non passando dalla porta e cercando di ammaliarli con proposte avvincenti ma incapaci di assicurare pienezza di vita. Li precede nel cammino, li nutre con il Pane del suo Corpo, li soccorre e sostiene nel loro andare con i sacramenti. È il nostro quotidiano che si corre il rischio di vivere con superficialità e quindi senza coglierne tutta la pregnanza. Sì, questa porta è spalancata nella mia esistenza, invito a restare con lui nell'intimità del cuore e, al tempo stesso, a uscire dietro di lui per trovare quanto può darmi vita. A questo penserò nel mio rientro al cuore. Rendimi, Signore, attento a non cadere nei lacci di quanti non passano per te-porta, e pronto a seguirti dove tu vuoi condurmi. |
sabato 25 aprile 2015
Medjugorje Messaggio del 25 aprile 2015
Messaggio del 25 Aprile 2015
Cari figli! Sono con voi anche oggi per guidarvi alla
salvezza. La vostra anima è inquieta perché lo spirito è debole e stanco di
tutte le cose terrene. Voi figlioli, pregate lo Spirito Santo perche vi
trasformi e vi riempia con la sua forza di fede e di speranza perche’ possiate
essere fermi in questa lotta contro il male. Io sono con voi e intercedo per
voi presso mio Figlio Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
Vangelo del giorno 26/04/2015
Gv 10,11-18
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. | |||
Commento su Giovanni 10,11-18 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. Gv 10,11-18 Come vivere questa Parola? Alla luce della resurrezione, quale sapore particolare assume questa espressione di Gesù. Ha dato la sua vita per me, per noi, per tutti, e in quel gesto ha sollevato totalmente il velo che nascondeva ai nostri occhi il volto di Dio, così che possiamo dire in tutta verità: io lo conosco, io ho sperimentato il suo amore. Un abbraccio tenerissimo in cui mi sono scoperto conosciuto senza più avvertire il bisogno di nascondermi, di fuggire... L'antica fuga di Adamo qui, ai piedi della croce, rivela tutta la sua assurdità: perché fuggire, perché tentare di sottrarsi allo sguardo di chi non ha esitato a dare la vita per noi? Quel: "Tu mi scruti e mi conosci" affiora alle labbra come un grido di gioia: sì, sono conosciuto nella mia realtà più intima profonda, nella ricchezza e nel limite che mi segnano, nei miei slanci di bene e nelle ombre che appesantiscono il passo... Conosciuto senza essere giudicato, perché l'amore conosce solo il perdono che rilancia e punta decisamente sulle potenzialità di bene che permangono oltre l'errore. Una conoscenza, quindi, che diviene appello alla reciprocità propria dell'amore: conosciuto conosco, scopro il volto dell'amore che mi avvolge e mi redime, lo conosco in un crescendo che mi fa inoltrare sempre più nel suo mistero e trasforma la mia vita in tensione permanente verso un di più di cui già assaporo la pienezza. E in questa tensione il cuore si pacifica e trabocca di gioia. Oggi, nella mia pausa contemplativa, voglio sostare in atteggiamento adorante dinanzi al Crocifisso-Risorto, vero buon Pastore che mi accoglie e mi guida. "Signore, tu mi scruti e mi conosci!": in questa espressione la gioia di scoprirmi raggiunto dal tuo sguardo. Che io non tenti mai di sottrarmi ad esso ma cerchi piuttosto di incrociarlo per leggervi tutto l'amore che nutri per me e così ti conosca sempre più e sempre meglio. |
venerdì 24 aprile 2015
Vangelo del giorno 25/04/2015
Mc 16,15-20
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo. | |||
Commento su Marco 16,15-20 Allora essi [gli Undici] partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Mc 16,15-20 Come vivere questa Parola? La festa di san Marco spontaneamente ci rimanda all'autore del vangelo del quale il brano di oggi è la conclusione. Si tratta dell'ultima apparizione di Gesù, riservata agli Undici. Vengono rimproverati per la loro incredulità e la durezza di cuore: non riescono a credere che Gesù sia vivo, risorto. Ancora una volta si ripete una delle scene ricorrenti lungo il racconto evangelico. Ma sarà forse proprio quest'ultimo incontro e dialogo con il Risorto la molla che farà scattare in loro i ricordi e la capacità di interpretarli: il cammino percorso accanto a Gesù, le opere da lui compiute che testimoniano la sua messianicità, la confessione di fede in Figlio di Dio, morto e risorto. Il mandato ora loro affidato li sprona a partire e a predicare, dappertutto, certi che il Signore è con loro, agisce con loro, rende feconda la Parola annunciata. Anche quando le circostanze saranno ostili. Gli Undici ne sono i primi testimoni, poi tutti i loro discepoli, di generazione in generazione. Anche Marco, con l'ascolto, l'accompagnamento degli apostoli, con la parola annunciata e scritta, con la vita. A questo, secondo l'esortazione di Pietro, guida di Marco sulle strade dell'annuncio, siamo chiamati anche noi, rimanendo saldi nella fede: Il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. |
giovedì 23 aprile 2015
Vangelo del giorno 24/04/2015
Gv 6,52-59
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. | |||
Commento su Gv 6,52-59 "Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me." Gv 6,52-59 Come vivere questa Parola? Gesù ci dice che Lui e solo Lui ci dona la vita eterna. Qui, mangiare (in greco "phàgô" o "esthíô") diventa "masticare, triturare con i denti (in greco "trôgô"). La sua carne è da masticare per essere assimilata bene, in modo da ricevere le sua energia vitale. Il frutto del masticare è dimorare in Lui, cioè essere in comunione di quella vita che è propria dell'amore. L'amore non è con-fusione, per cui uno sopprime l'altro, l'amore è comunione: reciproco dimorare l'uno nell'altro, abitare ed essere abitati dall'altro. Solo masticando Lui potremo vivere di lui, da lui e per lui: l'amato diventa la vita di chi lo ama. "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me"(Gal 2,20): è il Mistero fecondo e liberante dell'Amore! Signore Gesù ogni volta che entri in me, trasformami in Te, perché anch'io come Paolo possa dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". |
mercoledì 22 aprile 2015
Vangelo del giorno 23/04/2015
Gv 6,44-51
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. | |||
Commento su Giovanni 6,44-51 Io sono il pane della vita. Gv 6,44-51 Come vivere questa Parola? Gesù ha detto che se uno mangiava del pane dato da lui, sarebbe vissuto per sempre. A dispetto di ogni morte, infatti, chi crede in Gesù impegnandosi a vivere la chiave della salvezza che è il precetto dell'amore fraterno, vive una vita che è umano-divina. Umana perché vive semplicemente quello che comporta la natura dell'uomo, divina perché Gesù ci ha resi figli del Padre celeste in lui che è il Figlio unigenito: Dio da Dio. Ora quel suo dare la vita in morte di croce per noi, è stato salvifico, certo! Ma la meraviglia è che Gesù ha voluto farne un dono quotidianamente nuovo. E così, come sulla mensa è il pane del giorno che assicura la sussistenza, così l'Eucaristia che è "memoriale" continuo e perenne del mistero di Gesù: della sua passione morte e resurrezione, è davvero Pane che assicura la vita eterna, se, ce ne si nutre con fede e amore. Pane della vita: espressione compendio prezioso di verità che riscatta dal grigiore di un'esistenza senza senso. Pane della vita: che orizzonti di fiducia apre a noi questa parola di Gesù e quali corde profonde del nostro cuore può far vibrare! Pane della vita comprato a prezzo del Tuo Corpo spezzato e del Tuo Sangue versato, Gesù! Pane della vita che riscatta dalla morte: da ogni morte vanificante l'esistenza Non permettere che alligni in me l'erba cattiva dell'abitudinarietà, della pesantezza e del compromesso. Nutrimi di te, Gesù, perché non sia più il mio ego meschino a vivere in me, ma tu viva in me. |
martedì 21 aprile 2015
Vangelo del giorno 22/04/2015
Gv 6,35-40
Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna. | |||
Commento su Gv. 6, 35-40 "Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno." Gv. 6, 35-40 Come vivere questa Parola? "Io sono " è "il Nome" con il quale Dio si è rivelato a Mosè (Es 3,14). Qui il predicato rivela chi è e cosa fa questo Nome: è il pane che comunica la sua vita a chi lo mangia. Siamo al livello più alto della comprensione del segno. Il pane, la vita che desideriamo e riceviamo è Gesù stesso. Il Figlio che dà la vita per noi per obbedire alla Volontà del Padre ci dice chiaramente qual è questa Volontà: quella di comunicarci la Sua Vita, il Suo Amore, perché l'ultimo giorno sia per tutti vita e non morte. Signore Gesù, "Tu sei" Colui che con il Padre, fin dalla creazione del mondo, hai una sola, unica Volontà, quella di entrare in relazione con noi. E il tuo compimento è strabiliante perché non solo cammini con noi, parli con noi, ma arrivi a vivere in noi! Quale intimità più grande? Aiutami Signore a non "perdere neppure una briciola" del tuo essere Pane per me! |
lunedì 20 aprile 2015
Vangelo del giorno 21/04/2015
Gv 6,30-35
Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo. | |||
Commento su Gv 6,30-35 "Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!" Gv 6,30-35 Come vivere questa Parola? Come la Samaritana chiede l'acqua che zampilla per la vita eterna (4,15), oggi la folla chiede quel pane: "Signore, dacci sempre questo pane", quel pane che compie l'opera di Dio e dà vita al mondo. Quanto questo dialogo nella sinagoga di Cafarnao è simile a quello davanti al pozzo di Giacobbe! Fame e sete che mascherano quella fame e quella sete profonda alla quale il nostro cuore anela. Signore dacci sempre questo pane, perché senza di Te non possiamo nulla! |
domenica 19 aprile 2015
Vangelo del giorno 20/04/2015
Gv 6,22-29
Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna. | |||
Commento su Gv 6, 22-29 "Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo"." Gv 6, 22-29 Come vivere questa Parola? L'uomo è per sua natura un "mistico", alla ricerca del "mistero" celato in ogni cosa. Per l'uomo infatti ciò che vede, sono realtà da capire e interpretare. Gesù dice alla folla che non lo cerca perché ha visto dei segni, ma perché ha mangiato i pani e se ne è saziato. Egli ci mette di fronte alla nostra fatica di essere davvero uomini e questo soprattutto quando rinunciamo ad andare "oltre" e ci accontentiamo di quello che vediamo. Anche Gesù può essere cercato solo perché garantisce il pane materiale per sopravvivere - ciò che vediamo! Gesù invece ci educa, ci tira fuori dal nostro egoismo per aprirci ad accogliere il suo Amore, aiutandoci ad alzare lo sguardo! Signore Gesù educami sempre, perché non mi illuda nel dire di cercarTi nelle cose, mentre cerco solo me stesso. |
sabato 18 aprile 2015
Vangelo del giorno 19/04/2015
Lc 24,35-48
Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno. | |||
Commento su Luca 24,35-48 Essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Lc 24,35-48 Come vivere questa Parola? I due discepoli che sulla strada di Emmaus hanno sperimentato lo stupefacente incontro con Gesù risorto non possono assolutamente tacere. L'accaduto diventa narrazione di un fatto che, penetrato in profondità è rivelatore di due grandi sfide della nostra fede: Gesù di Nazareth è davvero il Messia perché è la primizia dei risorti, ha messo KO la morte. La seconda sfida è la conferma che Gesù, il Crocifisso-Risorto continuerà ad essere una presenza unica nelle strade della nostra storia e nel mistero dell'Eucaristia: pane spezzato per la nostra fame che, dalle profondità dell'anima, grida il suo bisogno di uscire dalla solitudine, di vivere in compagnia di Dio. È anche molto interessante riflettere sul fatto che Gesù, apparendo ai suoi dice: "Pace a voi". È proprio il dono più necessario all'uomo di sempre, anche a ciascuno di noi. Non è forse vero che spesso, molto spesso, siamo in preda a dubbi, a emozioni, a sentimenti che ci scuotono e ci turbano nell'interno, fino alle radici del nostro essere Ecco anche noi, uomini in cammino, abbiamo bisogno di riconoscere Gesù in quello "spezzare del pane" che è un momento vertice dell'Eucaristia: riconoscerlo come amico, divino compagno che ci sostiene nel nostro essere pellegrini e stranieri in un mondo molto bello ma complesso e fugace, in un mondo dove l'essere soli e non equipaggiati è triste e rovinoso. Sì, riconoscerlo nell'Eucaristia ma anche fuori della celebrazione sacramentale. Non è forse un continuo "spezzare il pane" anche la quotidianità dei nostri compiti quando li compiamo celebrando l'amore che li trasfigura, li eleva, li divinizza. Sì, Gesù, che io ti riconosca o Risorto vincitore di tutto ciò che in me è morte e tristezza. Ch'io ti riconosca allo spezzare del pane. |
venerdì 17 aprile 2015
Vangelo del giorno 18/04/2015
Gv 6,16-21
Videro Gesù che camminava sul mare. | |||
Commento su Gv 6, 16-21 «Il mare era molto agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: "Sono io, non abbiate paura!". Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti». Gv 6, 16-21 Come vivere questa Parola? Il vangelo odierno (è sempre il cap. 6 di Giovanni) riporta un episodio che allude al mistero della morte e risurrezione di Gesù, che è il tema specifico di questo tempo pasquale. Il Signore, infatti, che cammina sul mare è tipo e prefigurazione di Gesù vincitore della morte. La morte, nel mondo biblico e giudaico, sovente è paragonata al mare (cfr. Sal. 77,20; 107,23-30; Gb 9,8...). È tutto un modo simbolico di parlare della sofferenza, del dolore e della morte. Qui Gesù cammina sul "mare" e si presenta appunto come vincitore della morte. I discepoli hanno paura, come durante la passione, ma Egli si presenta loro dicendo: «Sono io, non abbiate paura!». Da notare che il Signore si attribuisce la proclamazione divina dell'IO SONO che è tipica in Giovanni (cfr. Gv 8,58). Riconosciuto Gesù, afferma Giovanni nel Vangelo di oggi, «vollero prenderlo sulla barca e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti». È proprio vero! Quando si accoglie Gesù nella propria barca, nel suo mistero umano-divino di passione, morte e risurrezione, allora, e solo allora, possiamo arrivare all'altra riva: possiamo giungere veramente al porto sicuro e alla mèta della nostra esistenza! Chiediamo al Signore, in un momento intenso di preghiera lungo questa giornata, la grazia di accoglierlo nella barca della nostra vita, quando si presenta come Colui che cammina "sul mare "e di non aver paura, ma di abbandonarci totalmente a Lui. |
giovedì 16 aprile 2015
Vangelo del giorno 17/04/2015
Gv 6,1-15
Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano. | |||
Commento su Gv 6, 1-15 «Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?"... Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano». Gv 6,1-15 Come vivere questa Parola? Oggi la liturgia incomincia a presentarci un capitolo assai celebre del Vangelo di Giovanni, noto come il discorso sul "Pane di vita" del cap. 6. Esso ci accompagnerà lungo la settimana presente e quella seguente. Nel testo odierno l'Evangelista annota un particolare molto significativo, evidenziato più sopra: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?» (v. 9). È proprio a partire da quei pochi pani che il Signore compie il grande «segno» che anticipa il miracolo del pane eucaristico. Chi era quel ragazzo? Non ci è detto il suo nome, ma è lecito pensare che quel ragazzo può essere ciascuno di noi. La moltiplicazione dei pani non è una creazione dal nulla, come avrebbe potuto fare benissimo il Signore in quella occasione. Essa è invece una moltiplicazione di qualcosa che c'è già ed è stato messo a disposizione da qualcuno. Dopo aver fatto tutto dal nulla, Dio ama ora utilizzare il frutto della fatica umana. È una norma, questa, cui Dio non sembra venir meno né fare eccezioni. Mi viene in mente il famoso film di molti anni fa: "Dio ha bisogno degli uomini!". La trascendenza divina, infatti, ci dicono i teologi, non si realizza nella distanza, ma nell'immanenza di Dio alla sua creazione, che agisce sempre tramite una mediazione: per mezzo di un Profeta, per mezzo del Figlio Incarnato, per mezzo dei cinque pani e dei due pesci raccolti da Andrea dalle mani di un ragazzo. Si tratta, dunque, di un forte appello alla condivisione del pane. Esso basterà per tutti solo se esso sarà condiviso con tutti, tra chi lo spreca e lo getta via nella spazzatura, e tra chi vive al limite della fame e della sopravvivenza. In un momento di preghiera e di riflessione di questa giornata mi esaminerò se anch'io faccio parte talvolta di quella società dell'abbondanza che spreca il pane, invece di condividerlo con i più poveri. |
mercoledì 15 aprile 2015
Vangelo del giorno 16/04/2015
Gv 3,31-36
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. | |||
Commento su Giovanni 3,31-36 Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Gv 3,31-36 Come vivere questa parola? Dopo il colloquio di Gesù con Nicodemo intorno alla necessità di una nuova nascita dallo Spirito e l'accoglienza di Gesù come dono di amore del Padre, l'evangelista evidenzia l'ultima testimonianza del Battista, testimonianza di uno che ha saputo vedere in Gesù l'Inviato del Padre. Per Nicodemo e per ogni credente, Giovanni Battista è un esempio da imitare per la sua vita di fede spesa a servizio di Dio e dei fratelli. Come lui, il vero discepolo è cosciente di essere della terra, cioè fragile, limitato. Però è anche cosciente della potenza dello Spirito ricevuta dall'alto, cerca di vivere con Gesù e di farlo conoscere agli altri, anche se non tutti ascolteranno le sue parole. Egli deve vivere umilmente nella logica del seme che muore per dare frutto, frutto in abbondanza. Nella mia pausa contemplativa oggi, rifletterò sul mio rapporto con Gesù alla luce del Battista che sapeva rinunciare a se stesso per aprirsi a Gesù e al servizio degli altri. Signore Gesù tu sei colui che viene dall'alto, mentre io sono della terra; tu sei colui che testimonia ciò che hai visto e udito presso il Padre, non lasciarmi trascinare dai miei limiti. Aiuta la mia poca fede! Gesù risorto credo in te, spero tutto da te! |
martedì 14 aprile 2015
Vangelo del giorno 15/04/2015
Gv 3,16-21
Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. | |||
Commento su Gv 3, 16-21 Gesù disse a Nicodèmo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. [...]. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie... Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Gv 3, 16-21 Come vivere questa Parola? É l'ultimo giorno che nel Vangelo di Giovanni troviamo ancora la figura già a noi ben nota del notturno interlocutore di Gesù, Nicodèmo, al quale il Maestro di Nazareth fa le ultime rivelazioni importanti anche per noi. Anzitutto il tema del giudizio: "E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie». In questo giudizio l'Evangelista vede non tanto un evento che accadrà alla fine, quanto piuttosto una realtà presente. Si tratta della cosiddetta escatologia realizzata propria di Giovanni. Secondo questa visuale, non sarebbe tanto Dio a giudicare, quanto piuttosto l'uomo stesso, con la propria vita. Con il suo rifiuto o con la sua accoglienza dell'amore apparso in Cristo, l'uomo si costruisce dentro di sé la salvezza o la condanna, diventa luce o tenebra. È la fede, dunque, che opera il giudizio ed è l'uomo a giudicare se stesso con il suo comportamento. Il testo di Giovanni riportato ci offre ancora due ulteriori precisazioni preziose. - L'Evangelista definisce gli increduli: coloro che amano (agapan) le tenebre, cioè coloro che scelgono consapevolmente e sono attaccati al male. Noi li potremmo definire con un termine oggi molto attuale: i corrotti che diventano poi anche corruttori. Pertanto non è solo questione di fare il male per debolezza e fragilità, (come un incidente di percorso che non rivela un orientamento di fondo), ma vi sono immersi fino al collo. Giovanni enuncia qui un principio morale fondamentale: l'agire condiziona il comprendere. La libertà interiore, l'amore alla verità, la vita retta sono pre-condizioni indispensabili per "conoscere". La santità della vita è necessaria per creare un "luogo teologico e ermeneutico" nel quale il mistero di Dio si possa svelare in tutta la sua potenza nel cuore dell'uomo. - Infine, si osservi che nell'ultimo versetto del testo (v. 21) l'Evangelista usa un'espressione interessante: fare la verità. Secondo il modo comune di intendere della nostra cultura occidentale, la verità è una nozione da apprendere intellettualmente. Per il mondo biblico invece, e in particolare per Giovanni e Paolo, la verità di Dio, non è tanto da conoscere, ma da fare, cioè è il piano salvifico di Dio da accogliere nella propria vita e da costruire insieme con Lui. |
lunedì 13 aprile 2015
Vangelo del giorno 14/04/2015
Gv 3,7-15
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. | |||
Commento su Gv 3, 7-15 «Gesù disse a Nicodèmo: "Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito". Gli replicò: "Come può accadere questo?". Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? [...]. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna"». Gv 3, 7- 15 Come vivere questa Parola? Nel Vangelo odierno di Giovanni è sempre il dialogo di Gesù con Nicodèmo a tenere il banco. Dopo esserci soffermati (ieri) sulla prima parte di questo dialogo, l'eco della quale ritorna anche oggi: dovete nascere dall'alto, ora ci limiteremo a evidenziare l'ultima parte di esso: l'innalzamento di Gesù sulla croce. Per cercare di spiegare la "necessità teologica" della passione e morte del Messia, Figlio dell'Uomo, Gesù porta un paragone con un fatto avvenuto nella storia d'Israele durante il cammino nel deserto, dopo l'uscita dall'Egitto. Secondo il libro dei Numeri, gli ebrei furono attaccati da serpenti mortiferi, e allora Mosè innalzò su un'asta un serpente di bronzo: chi lo guardava, anche se morso dai serpenti, restava in vita, era salvato (Nm 21,4-9). Questo racconto antico viene reinterpretato da Gesù in un'altra luce sapienziale', vedendo nel serpente un segno di salvezza (vedi Sap 16,6-7). Comprendiamo ora le parole di Gesù, che sono un pressante invito a credere nel Figlio dell'Uomo innalzato sulla croce, come il serpente innalzato da Mosè: chi crede nel crocifisso, trova salvezza e vita. La base del confronto sta nel fatto che in entrambi i casi la salvezza avviene mediante un innalzamento. Questo termine ha un duplice significato per Gesù, e allude sia al suo innalzamento sulla croce (vedi Gv 8,28), sia alla sua risurrezione e glorificazione. La visione della croce come innalzamento-glorificazione ci appare umanamente insostenibile, eppure è lo sguardo giusto che ci permette di intravedere un oltre stupendo: non solo credere in Gesù sulla Croce come dono di Sé, come la mirabile storia dell'Amore più grande, ma credere anche che la Croce è Gloria e Vittoria! |
domenica 12 aprile 2015
Vangelo del giorno 13/04/2015
Gv 3,1-8
Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. | |||
Commento su Gv 3, 1-8 «Nicodèmo andò da Gesù di notte [...]. Rispose Gesù (a Nicodemo): "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". Gli disse Nicodemo: "Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?". Rispose Gesù: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito». Gv 3, 1-8
Come vivere questa Parola?
Nel Vangelo di Giovanni della liturgia odierna e dei due giorni seguenti, ci viene riportato un incontro ravvicinato' di Gesù con Nicodèmo, che è ricco di profondi insegnamenti anche per noi. Nicodèmo è un personaggio alquanto sfuggente: un notabile dei Giudei e membro del Sinedrio di Gerusalemme, un maestro di Israele, che cerca il dialogo con Gesù. È lui che va dal Maestro e prende per primo la parola, ma è Gesù poi che conduce il dialogo portando Nicodèmo su strade impervie, mettendolo di fronte alla sua incredulità di fondo. Egli va da Gesù «di notte»: desiderio di quiete e di tempo lungo per un dialogo profondo? Oppure paura di compromettersi e di uscire all'aperto? È meglio che per ora stiamo semplicemente sotto il fascino dell'immagine poetica notturna, ove si stagliano nello sfondo indistinto i due interlocutori che dialogano fra di loro. Nicodemo è un uomo colto che ha studiato la Legge e la insegna. Ma tutto questo non basta! Ecco il significato ultimo dell'incontro: «Quello che è nato dalla carne è carne». Nicodèmo rappresenta l'uomo nella sua impotenza radicale e quindi anche ciascuno di noi, abbandonato a se stesso, solo alle proprie forze. Egli, infatti, si rifiuta di vedere, attraverso i segni, qualcosa che va oltre la sua conclusione logica e razionale che Gesù viene da Dio. Non basta! Egli deve più profondamente misurare la propria fede e accogliere il salto dell'abbandono nello Spirito per giungere ad una ri-generazione, ad una ri-nascita. Gesù parla, infatti, di una nascita dall'alto. Non esiste parola più adatta di questa per mettere in risalto, da una parte la radicale impotenza dell'uomo, e dall'altra la gratuità e la novità sconvolgente del dono. - Anzitutto l'impotenza dell'uomo: è questo infatti il tema che percorre tutto il dialogo, come abbiamo già visto. Nicodèmo è un maestro in Israele, ma chiuso nelle sue convinzioni religiose, e quindi non può penetrare nel mistero della Vita di Dio. - E poi la novità assoluta del dono gratuito, che si può riassumere in queste poche battute: non si può entrare nel Regno di Dio né per via di conquista, né in forza della ragione ?religiosa', ma ci si entra solo per via di ri-nascita, attraverso la grazia dell'Amore (lo Spirito), come un bimbo, come un neo-nato! «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio». L'espressione "acqua e Spirito" è innegabilmente collegata al Battesimo, sacramento della nuova Vita. In un momento di raccoglimento e di silenzio mediterò attentamente questo stupendo incontro ravvicinato tra Gesù e Nicodèmo fino a sentirmi profondamente coinvolto anch'io: sono pronto a rinascere dall'alto? Ad affidarmi docilmente allo Spirito? |
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