Mt 5,1-12
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. | |||
Commento su Mt 5,1-12 «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» Mt 5,1-12 Come vivere questa Parola? Una maestra di una scuola materna aveva portato la sua classe a visitare una chiesa con le figure dei santi sulle vetrate luminose. A scuola il parroco domanda ai bambini: "Chi sono i santi?". Un bambino risponde: "Sono quelli che fanno passare la luce". Stupenda definizione: i santi fanno passare la luce di Dio che continua ad illuminare la terra. Sono il capolavoro di Dio lungo la storia dell'umanità. Festeggiare tutti i santi è contemplare i nostri fratelli e sorelle che - vivendo come figli e figlie di Dio - hanno imitato Cristo nella loro vita, ed ora gioiscono nella gloria dei cieli. Sono i nostri modelli, perché, pur deboli e peccatori come noi, si sono poi lasciati trasformare dalla misericordia di Dio, hanno dimostrato il loro amore accogliendo il messaggio evangelico, vivendo le "beatitudini" nella loro esistenza hanno aiutato i poveri, hanno sostenuto la giustizia, hanno perdonato, non sono ricorsi alla violenza, sono stati perseguitati per aver difeso la verità e l'onestà. O Signore, tu ci chiami ad essere tuoi testimoni, ad imitare i santi nella loro amicizia con te; rendimi trasparente al tuo amore, per "fare straordinariamente bene le cose ordinarie": in questo consiste la santità. |
sabato 31 ottobre 2015
Vangelo del giorno 01/11/2015
venerdì 30 ottobre 2015
Vangelo del giorno 31/10/2015
Lc 14,1.7-11
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. | |||
Commento su Luca 14,1.7-11 Se siamo troppo pieni di noi stessi non c'è posto per Dio! Questo Gesù insegna all'attonito fariseo che lo ha coraggiosamente invitato, e a noi. È vero: se ci sentiamo particolarmente speciali e migliori degli altri rischiamo di occupare tutto lo spazio a disposizione... ma anche chi vive nella continua svalutazione di sé, in fondo, occupa tutto lo spazio con una visione negativa. Possiamo essere pieni del nostro ego spirituale, il più difficile da estirpare! Gesù ci suggerisce di crescere nell'umiltà, di vivere con la consapevolezza del limite, senza diventare il gigante dei nostri sogni o il nano delle nostre paure. L'umiltà è un dono e una conquista, un equilibrio che si raggiunge nella consapevolezza e con grande senso dell'ironia. Attenti bene, però: molti pensano di non valere nulla, di essere delle brutte persone e, pensandolo, credono di essere umili... Ma quella non è umiltà, è depressione! L'umiltà è un atteggiamento che richiama la parola che la identifica: l'humus. L'umiltà è una terra feconda che fa crescere gli alberi. Terra: segno di concretezza, senza esagerare, senza scoraggiarsi. Feconda: la consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre qualità porta molti frutti! |
giovedì 29 ottobre 2015
Vangelo del giorno 30/10/2015
Lc 14,1-6
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato? | |||
Commento su Lc 14, 1-6 «Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui era un uomo malato di idropisia. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò». Lc 14, 1-6 Come vivere questa Parola? È il secondo episodio in cui vien messo in discussione da parte di Gesù il vero significato del riposo sacro nel giorno di sabato (vedi la nostra lectio di lunedì scorso su Lc 13, 11-14). Nel nostro caso specifico il Maestro ci insegna che compie veramente la Volontà di Dio chi si fa prossimo all'uomo bisognoso così com'è, lì dove si trova, senza tante sottigliezze e disquisizioni casistiche! I rappresentanti del giudaismo ufficiale e ortodosso, i farisei, erano molto bravi a vivisezionare la Volontà di Dio in una quantità di pratiche minuziose, ma erano chiusi nel loro schematismo giuridico. Orbene, Gesù risponde alla sua stessa domanda: «È lecito o no guarire di sabato?», prima con un gesto concreto di misericordia in favore dell'uomo malato, e poi - come era solito fare - con una nuova contro-domanda, ponendo il problema in una ottica concreta. Ed ecco la risposta: ciò che si può fare per salvare i propri interessi (il figlio o il bue che cadono nel pozzo in giorno di sabato) vale anche per aiutare il prossimo che si trova nel bisogno. È da questo angolo di visuale che si può scoprire la genuina Volontà di Dio. Questo insegnamento del Signore è ancora di grande attualità anche per i cristiani del nostro tempo, perché tutti noi corriamo sempre il rischio di fossilizzarci in schematismi rigidi, astratti e in tradizioni inveterate. Ti preghiamo, o Signore, illumina le nostre menti e rendici docili al tuo amore, capaci di giudicare le cose senza preconcetti astratti e donaci un cuore libero, aperto, puro e magnanimo. |
mercoledì 28 ottobre 2015
Vangelo del giorno 29/10/2015
Lc 13,31-35
Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. | |||
Commento su Lc 13,31-35 Erode vuole far uccidere Gesù. Ti pareva! Non gli è bastato togliere di mezzo il Battista, ora è uno dei seguaci del Battista, il Nazareno, che lo tormenta. Sempre i potenti risolvono i problemi in questo modo: togliendo di mezzo chi li provoca, allora come oggi. Sono cambiati i metodi, ma l'arroganza è la stessa. La risposta di Gesù è sibillina: non sarà Erode a decidere l'ora della sua morte. Erode, una volpe (animale negativo in Israele che non indica la furbizia come per noi oggi), non è che una piccola pedina nel grande progetto di Dio. Così accade nella logica divina: coloro che si credono potenti e che pensano di avere il controllo della situazione sono, in realtà, dei piccoli uomini che oggi ricordiamo solo perché hanno avuto a che fare con un oscuro asceta e un falegname che si fece profeta. Davanti a tanta ostilità il cuore di Gesù sanguina: addolorato Gesù riconosce che il suo messaggio subisce violenza e l'odio nei suoi confronti si sta facendo insostenibile. Gesù avrebbe preferito un altro epilogo, non certo ciò che sta per accadergli. Ma in certe occasioni l'unico modo per manifestare la verità delle cose in cui si crede è quello di andare fino in fondo alle proprie decisioni... |
martedì 27 ottobre 2015
Vangelo del giorno 28/10/2015
Lc 6,12-19
Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli. | |||
Commento su Lc 6,12-19 Oggi celebriamo la festa di due apostoli di cui sappiamo poco ma che, come gli altri, hanno partecipato alla splendida avventura della sequela del Maestro. Un'occasione per tornare all'origine del nostro percorso di fede... Di loro sappiamo ben poco: Simone è soprannominato Cananeo o Zelota; Giuda è chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo. Nei vangeli figurano agli ultimi posti degli elenchi degli apostoli e comunque non abbiamo molte notizie su loro, né conosciamo molto della loro vita. Di Simone sappiamo che era nato a Cana ed era soprannominato lo zelota, cioè lo zelante. L'evangelista Luca presenta Giuda come Giuda di Giacomo quindi forse come fratello o figlio di Giacomo, l'altro apostolo. Matteo e Marco lo chiamano invece Taddeo, un soprannome che in aramaico significa magnanimo. Uno zelante e un generoso fanno parte del gruppo dei Dodici perché per seguire il Signore ci vuole molta passione e un cuore generoso. E il fatto di non sapere nulla di loro ci dice una cosa splendida della Chiesa poco importano i ruoli, le cariche, le imprese eroiche. Al centro della nostra attenzione c'è sempre e solo il Signore Gesù, lui solo i discepoli hanno testimoniato mettendo le proprie vicende personali fra parentesi. Anche se siamo apostoli in fondo alla lista e di noi non si sa molto, siamo preziosi collaboratori della diffusione del vangelo, questo solo conta! |
Vangelo del giorno 27/10/2015
Lc 13,18-21
Il granello crebbe e divenne un albero. | |||
Commento su Lc 13,18-21 È come un granello di senape il Regno, come il lievito che, messo nella pasta, la fa fermentare. Cioè è poca cosa, nemmeno si nota, scompare in mezzo alla terra, in mezzo alla farina. Piccolo ma pieno di energia propria, il Regno cresce senza che ce ne accorgiamo, cambia le coscienze, feconda le civiltà, plasma nuovi modi di pensare. Piccolo ma efficace, presente ma non ingombrante, capace di cambiare e trasfigurare ogni cosa. Ma se è così, perché noi cattolici siamo così preoccupati dei numeri e delle statistiche? Perché contiamo le persone che vengono a messa o alle riunioni, lamentandoci per la scarsa partecipazione? Perché a volte diamo la pessima impressione di voler rendere lievito tutta la pasta, di voler infestare il mondo con i nostri semi invece di essere presenza minoritaria significativa? Forse i tempi durissimi che stiamo vivendo ci richiamano proprio a questa verità: non importa quanti siamo, importa chi siamo e come annunciamo il vangelo. Con quanta coerenza, con quanta luce, con quanto amore. I risultati lasciamoli al Signore che guarda i cuori e non le statistiche. Non importa quanti cristiani siamo nel mio quartiere, ma quanto siamo cristani! |
domenica 25 ottobre 2015
Messaggio di Medjugorje, 25 ottobre 2015
Messaggio di Medjugorje, 25 ottobre 2015
"Cari figli! La mia preghiera anche oggi è per tutti
voi, soprattutto per tutti coloro che sono diventati duri di cuore alla mia chiamata. Vivete in
giorni di grazia e non siete coscienti dei doni che Dio vi da attraverso la mia
presenza. Figlioli, decidetevi anche oggi per la sanità e prendete l'esempio
dei santi di questi tempi e vedrete che
la santità è realtà per tutti voi.
Figlioli, gioite nell'amore perché agli occhi di Dio siete irripetibili e
insostituibili perché siete la gioia di Dio in questo mondo. Testimoniate la
pace, la preghiera e l'amore. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
"
Vangelo del giorno 26/10/2015
Lc 13,10-17
Questa figlia di Abramo non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato? | |||
Commento su Lc 13, 10-17 "C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei liberata dalla tua malattia". Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, fu sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato...». Lc 13, 10-17 Come vivere questa Parola? Il messaggio che ci viene dai testi della liturgia odierna lo possiamo unificare sotto questo titolo: la libertà nello Spirito. A cominciare dalla prima lettura di oggi, presa dalla lettera di S. Paolo ai Romani, dove l'Apostolo afferma: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi». Nel Vangelo di Luca poi vediamo Gesù liberare «una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni»: «Donna, sei liberata dalla tua malattia» e indignarsi davanti alle rimostranze del capo della sinagoga, unicamente preoccupato dell'osservanza del sabato! Gesù nel Vangelo di oggi ha cura non soltanto di liberare questa donna sofferente, ma agisce come un uomo perfettamente libero, operando la guarigione in giorno di sabato, pur sapendo che tale suo gesto di amore sarebbe stato poi disapprovato aspramente. Un gesto, dunque, di sovrana libertà questo di Gesù, capace anche oggi di scuotere le nostre certezze legalistiche. Gesù smaschera così sia l'ipocrisia di coloro che hanno perso di vista ciò che è essenziale nella vita del discepolo, sia la falsità di chi vuol trincerarsi in una osservanza puramente esteriore di leggi, per non impegnarsi personalmente nell'esercizio concreto del comandamento più grande: l'amore ai fratelli. Mi faccio un breve esame di coscienza: sono forse anch'io un cristiano legalistico' portato di più ad osservare delle leggi per tranquillizzare la mia coscienza, piuttosto che lasciarmi coinvolgere nell'amore ai fratelli e sporcarmi le mani nell'aiuto concreto a chi soffre? |
Vangelo del giorno 25/10/2015
Mc 10,46-52
Rabbunì, che io veda di nuovo! | |||
Commento su Mc 10, 46-52 «Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!"... Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". Chiamarono il cieco, dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!". Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: "Che cosa vuoi che io faccia per te?" E il cieco rispose: "Rabbunì, che io veda di nuovo!". E Gesù gli disse: "Va', la tua fede ti ha salvato". E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada». Mc 10, 46-52 Come vivere questa Parola? Come è viva, limpida, direi proprio "scattante", la fede di Bartimeo, il mendicante di cui ci parla Marco nel Vangelo di oggi! Egli se ne stava seduto lungo la strada di Gerico a mendicare, quando il Maestro lo chiama. Getta via il suo mantello, "scatta" in piedi e corre verso di Lui e gli grida la sua preghiera accorata: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". È interessante annotare che il cieco non chiede subito il miracolo per riavere la vista, ma soltanto domanda che il Nazareno abbia pietà. È questa la preghiera più importante del cieco, tant'è vero che nel brano viene ripetuta per ben due volte! Solo in un secondo tempo, quando Gesù gli chiede esplicitamente: «Che cosa vuoi che io faccia per te?», egli risponde: «Che io veda di nuovo!». Ciò vuol dire che questa sua preghiera era colma di fede e di adesione totale al Maestro e non una richiesta egoistica di essere soltanto guarito dal suo male. E Gesù aveva visto in quella preghiera questa fede umile e vera. Ecco perché il Nazareno alla fine dell'incontro salvante con Bartimeo, gli dice espressamente: "Va', la tua fede ti ha salvato". Signore, anch'io con Bartimeo ti grido la mia umile e accorata preghiera: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». E la ripeterò spesso lungo la giornata. |
venerdì 23 ottobre 2015
Vangelo del giorno 23/10/2015
Lc 12,54-59
Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? | |||
Commento su Lc 12, 54-59 "Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?" Lc 12, 54-59 Come vivere questa Parola? Gesù torna a parlare alla folla. Il tono si fa rapidamente asciutto, sa di rimprovero: alla folla piace ascoltare Gesù, piacciono i miracoli, le guarigioni, le moltiplicazioni dei pani, ma quelle parole, quei segni rimangono in fondo inefficaci perché le persone della folla non maturano un'effettiva conversione personale. Gesù li vuole scuotere e fa partire il suo discorso da quell'intelligenza condivisa che permette a tutti di valutare i segni del tempo atmosferico. Ma perché con quella stessa intelligenza non si riesce a valutare anche i segni del Regno di Dio che sta arrivando? Perché non si creano i presupposti per il riconoscimento del Messia e per iniziare quel cambiamento interiore che è vera conversione? Gesù chiama ipocrita chi non si adopera per l'intelligenza dei segni del Regno. Quest'ipocrisia nasconde la non volontà di prendersi la responsabilità del riconoscere e distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, soprattutto quando questo implica andare contro corrente. Signore, fa' che l'opportunismo e il cinismo non pervadano la nostra intelligenza, la nostra capacità, il nostro desiderio di riconoscere e accogliere il tuo Regno che viene. |
giovedì 22 ottobre 2015
Vangelo del giorno 22/10/2015
Lc 12,49-53
Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione. | |||
Commento su Lc 12,49-53 "Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione." Lc 12,49-53 Come vivere questa Parola? Se ancora in Pietro e negli apostoli poteva esserci l'idea che stare con Gesù fosse un privilegio, credo che queste sue parole abbiano dissipato ogni dubbio e aperto l'orizzonte su una sequela autentica. Gesù predica la pace, la beatitudine, la comunione... ma porta la divisione: il Regno di Dio è connotato da una violenza che non ha nulla a che fare con la guerra e le sopraffazioni di cui sono pieni i libri di storia. È la violenza dello scegliere, della radicalità delle prese di posizione. È la non accettazione di compromessi, venissero chiesti anche da chi ci è più caro e a cui andrebbe la nostra obbedienza. Non è esattamente una parabola quella di Gesù in questo paragrafo: egli descrive in modo plastico, con metafore, il suo desiderio ("Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!"), dopodiché usa un paio di immagini frequenti nell'antico testamento per dare corpo al fuoco che accenna. Tutto per dire che la sua pace, la sua beatitudine non sono da scambiare con melense immagini che nascono più da pigrizia e superficialità. Si basano sulla integra volontà di esprime l'immagine di Dio in noi e di rispettare, amare e far emergere l'immagine di Dio impressa negli altri. Signore, fa' che non abbiamo timore a dichiarare la nostra appartenenza a te. Custodisci chi ancora oggi perde la vita per te, nelle tante persecuzioni che oggi si realizzano nel nostro mondo. |
mercoledì 21 ottobre 2015
Vangelo del giorno 21/10/2015
Lc 12,39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto. | |||
Commento su Lc 12,39-48 «A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più." Lc 12,39-48 Come vivere questa Parola? Dopo un po' di discorsi di Gesù in parabole, a Pietro viene il dubbio se quei messaggi siano per lui o per altri... Forse Pietro inizia a non capire più Gesù e il timore di perdere la sintonia con lui, lo rende vulnerabile. Lui ha lasciato tutto per Gesù, non può essere pensato come una persona avida; anche lui, come Gesù, non ha più una pietra dove posare il capo e dunque non può essere pensato come una persona attaccata non solo alle cose ma anche alle altre sicurezze che si accumulano in vita. Gli sembra di ottemperare a tutte le condizioni poste da Gesù. Ma nelle parole del maestro gli sembra ci sia altro da comprendere e accogliere. E infatti stavolta non sono i farisei, né la folla ma Pietro stesso a dare a Gesù il la per procedere nel discorso. E i destinatari della parabola, chi deve avere orecchi per intendere, sono proprio Pietro e i suoi compagni. La parabola che segue parla ancora di un certo modo di attendere, di vigilare; parla anche di beni di cui non sentirsi padroni... ma il protagonista del racconto in questo caso ha un volto e un ruolo preciso: è un amministratore. Non è un padrone che accumula e decide, ma nemmeno un semplice servo. È un uomo di fiducia, che condivide con il padrone la responsabilità di custodire la casa, ossia i beni e le persone che la costituiscono. La sintonia tra padrone e amministratore è un bene ineliminabile, dinamico, soggetto a continui approfondimenti. Implica una tensione positiva da parte dell'amministratore, un crescere continuo nella conoscenza del padrone e nella condivisione con Lui. Il messaggio è chiaro e decisamente duro. Gesù sta chiedendo a Pietro e agli altri apostoli di essere come quell' amministratore. Chiede loro un livello sempre più alto di condivisione, di responsabilità, di sostituzione. La richiesta è motivata e congrua: molto è dato, dunque molto sarà chiesto. Signore, che ognuno di noi sappia riconoscere ciò che tu hai dato e che nessuno si tiri indietro circa quanto potrà fare nel tuo nome, con la tua grazia, con i doni da te ricevuti. |
martedì 20 ottobre 2015
Vangelo del giorno 20/10/2015
Lc 12,35-38
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. | |||
Commento su Lc 12, 35-38 "Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese." Lc 12, 35-38 Come vivere questa Parola? La vigilanza è l'atteggiamento al centro di questa altra parabola del discorso di Gesù. Egli ha appena terminato la sua articolata osservazione sulla cupidigia e sull'incapacità di fidarsi e affidarsi alla provvidenza di Dio e passa a parlare della necessità di stare in guardia, di essere attenti a quello che accade e vivere sempre come se si fosse in procinto di partire. Gesù infatti dà un'interpretazione della vigilanza che la traduce non come forma di controllo per la sicurezza e difesa di quello che abbiamo e siamo. La vigilanza per Lui ha le vesti ai fianchi e le lampade accese: segni di preparazione ad un viaggio che potrebbe iniziare anche di notte, all'improvviso. La vigilanza di Gesù porta i segni di un'attenzione non tanto a quello che c'è già (da proteggere, tutelare, difendere), ma piuttosto a quello che non c'è ancora, che aspettiamo che arrivi, che vogliamo accogliere, perché è la nostra salvezza. È un atteggiamento escatologico, è espressione della speranza, si riveste di comportamenti incomprensibili, illogici e persino rischiosi per chi non ne capisce il senso. È un invito ad andare contro alla tendenza a mettere radici e cuore là dove le condizioni di sicurezza e di benessere ci fanno sentire più tranquilli. È la traduzione per noi di quanto, qualche capitolo prima, l'evangelista Luca aveva detto di Gesù stesso: "Il Figlio dell'uomo non ha dove mettere il capo". La vigilanza si manifesta in precarietà e mancanza nella vita di chi vuole seguire Gesù. Signore, se vogliamo seguirti, anche noi siamo chiamati ad essere vigilanti, cioè attenti ai segni della tua presenza, ma per accorgerci di te, dobbiamo mollare ogni sicurezza e vivere mancanza e precarietà come le dimensioni nelle quali ritrovare il senso della nostra esistenza. |
lunedì 19 ottobre 2015
Vangelo del giorno 19/10/2015
Lc 12,13-21
Quello che hai preparato, di chi sarà? | |||
Commento su Lc 12,13-21 Gesù si rifiuta di entrare nella disputa per questione ereditarie fra i due fratelli del vangelo di oggi. Gesù sa bene che siamo perfettamente in grado di affrontare questioni di questo genere senza tirare Dio per la giacca e senza invocare i santi. Esiste una autonomia delle realtà terrene voluta dal Creatore e Dio non interviene in questioni che gli uomini possono dirimere lasciandosi illuminare da una coscienza retta. È una forte testimonianza della capacità dell'essere umano a gestire la propria esistenza, una inconsueta testimonianza di laicità che Dio stesso vuole. Ma, ricorda Gesù con la parabola del ricco agricoltore, i discepoli devono vegliare sul loro rapporto coi beni materiali e col denaro. Gesù non è classista né condanna la ricchezza frutto del lavoro dell'uomo. Ma ammonisce: la ricchezza è un inganno perché promette ciò che non può mantenere. E la Bibbia allarga la riflessione: la ricchezza è sempre dono di Dio ma la povertà è sempre colpa del ricco perché i beni della terra sono da condividere con generosità. Viviamo liberi dalle insidie della cupidigia e della bramosia! |
sabato 17 ottobre 2015
Vangelo del giorno 18/10/2015
Mc 10,35-45
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti. | |||
Commento su Mc 10,35-45 Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno Come vivere questa Parola? Sulla strada per salire a Gerusalemme, racconta l'evangelista Marco, ci sono dei momenti che lasciano sgomenti i discepoli che camminano con Gesù e anche noi che cerchiamo di seguire il Maestro passo dopo passo. I temi affrontati nell'insegnamento non sono tra i più semplici e facilmente comprensibili, tanto meno se per la terza volta si preannunciano degli avvenimenti che riguardano il Figlio dell'uomo nella città santa: sarà consegnato ai capi, lo condanneranno a morte, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno, lo uccideranno (cf Mc 10,33-34). Verbi che richiamano la sorte del Servo del Signore nei Canti di Isaia, l'ultimo dei quali la liturgia oggi in parte ci presenta (cf Is 53;2.3.10-11). In questo contesto viene inserita la scena singolare e simpatica dei due discepoli, fratelli, pescatori, tra i primi che subito lasciarono tutto per seguire Gesù. Sembra come se Giacomo e Giovanni non avessero sentito tutti quei verbi quando si avvicinano al Maestro con una richiesta quasi ingenua, proiettata al loro futuro: sedere alla destra e alla sinistra nella gloria del Signore. Sono convinti di potercela fare - perché Gli stanno vicino già ora, perché Gli sono fedeli, perché possono bere il calice che Lui beve, anche se sarà amaro. Una richiesta che suscita indignazione tra i compagni, forse perché convinti anche loro di essere degni dei posti di prestigio, ora e nel futuro. Allora Gesù, di nuovo, come all'inizio di sequela di ciascuno di loro, li chiamò a sé e pazientemente chiarisce ancora una volta che cosa vuol dire essere grande ed essere piccolo. Vicino al trono o all'ultimo posto, il Figlio dell'uomo e ogni suo discepolo è e rimane colui che serve! Che dona la propria vita in riscatto per molti! Il Figlio dell'uomo che dopo la passione e morte risorgerà il terzo (cf Mc 10,34). È questa la missione del Servo del Signore che si addosserà le iniquità di molti, li giustificherà e dopo il suo intimo tormento vedrà la luce (cf Is 53,11); è la missione del sommo sacerdote che prende parte delle nostre debolezze e con il suo sacrificio ci avvicina al trono di Dio, alla destra del quale è il suo posto e da dove elargisce per sempre la sua benevolenza. A questo trono sono invitati ad accostarsi Giacomo e Giovanni. Ed ognuno di noi. Per trovare grazia e misericordia ed essere aiutati al momento opportuno. Per essere umili servitori della sua Parola in mezzo a tutti i popoli della terra. Signore, che guardi dal cielo e vedi tutti gli uomini: dal trono dove siedi scruta tutti gli abitanti della terra e vieni in nostro aiuto! Sia su di noi il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo! |
venerdì 16 ottobre 2015
Vangelo del giorno 17/10/2015
Lc 12,8-12
Lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire. | |||
Commento su Lc 12,8-12 Chi mi riconoscerà... anche io lo riconoscerò
C'è sempre nella vita del discepolo di Cristo un aspetto scomodo che lo impegna fino in fondo dinanzi agli altri uomini e anche davanti alla propria coscienza. Di questo aspetto faticoso sentiamo alcuni accenni nel vangelo odierno. "Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio". Questa è la posizione di ogni discepolo davanti agli altri fratelli. L'evangelista sicuramente ha sott'occhio l'esperienza della chiesa primitiva, chiamata a confessare la fede in un clima di persecuzione. Essa trova la sua forza fissando lo sguardo al cielo, dove è la gloria del Figlio dell'uomo. Il cristiano è il fedele testimone di Cristo davanti agli uomini. Ogni giorno in qualche maniera si ripresenterà a lui l'occasione di riconoscerlo o rinnegarlo. Questo mistero di scelta profonda ha delle ripercussioni che possono essere rischiose per la nostra esistenza. "Chiunque parlerà contro il figlio dell'uomo sarà perdonato; ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non sarà perdonato". Gesù è sempre un segno di contraddizione, contro il quale parlano anche i nostri pensieri e le nostre opere, ma è anche un segno di misericordia. Diventa invece bestemmia la resistenza contro ciò che Dio ci fa sentire. E' il rifiuto lucido e consapevole della verità del Vangelo. E' il peccato di chi non si riconosce peccatore e bisognoso di perdono. Di tutt'altro genere è "quando vi porteranno davanti alle sinagoghe non temete". La loro confessione di fede in quel momento sarà suggerita dallo Spirito Santo. Non dovranno fare altro che lasciarsi trasportare dalla sua ispirazione. Dai suoi Gesù chiede soltanto docilità. Sarà lo Spirito che li farà testimoniare. Il regno di Dio è davvero il premio di una fatica coraggiosa.
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Vangelo del giorno 16/10/2015
Lc 12,1-7
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. | |||
Commento su Luca 12,1-7 Non dobbiamo temere, valiamo molto più dei passeri... Con questa scanzonata affermazione Gesù ci mette di buon umore, ci rassicura; siamo preziosi agli occhi di Dio. Se diventiamo discepoli, se davvero accettiamo l'enorme sfida del vangelo e del mondo nuovo non dobbiamo temere nulla. I devoti contemporanei di Gesù sono molto attenti all'esteriorità, pensano che la fede consista nell'osservare con scrupolo le tante prescrizioni della Legge orale, nessuno ha mai fatto loro un discorso di autenticità, nessuno mai li ha richiamati alla verità. Gesù, invece, ci ammonisce: solo se siamo autentici possiamo incontrare Dio, solo se siamo veri possiamo incontrare il Dio vero. Quante volte, purtroppo, la nostra religiosità si confronta con l'apparenza, quante volte facciamo o non facciamo delle cose per timore del giudizio di chi ci osserva! Nessuna doppiezza, anche santa, anche cattolica, fra di noi: Dio vede continuamente il nostro cuore, lo scruta. Non come un ficcanaso importuno ma come colui che ci conosce meglio di quanto noi stessi possiamo conoscerci e che, perciò, sa come farci crescere. Fidiamoci, affidiamoci con assoluta lealtà, con trasporto, con passione. Come i passeri. |
giovedì 15 ottobre 2015
Vangelo del giorno 15/10/2015
Lc 11,47-54
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa. | |||
Commento su Lc 11,47-54 "Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito". Lc 11,47-54 Come vivere questa Parola? Molto intensa questa metafora usata da Gesù: "la chiave della conoscenza"! "Conoscere", non è cosa da poco. Soprattutto se si tratta di cose che riguardano Dio e il suo rapporto con noi. La chiave esige una serratura non arrugginita, non difficoltosa a essere usata dalla chiave stessa. Fuori metafora, credo che possiamo intendere così: l'ambito di Dio e di tutto quello che lo riguarda è strettamente in funzione della sua stessa identità che è AMORE. E' evidente che la chiave della conoscenza di Dio, dei suoi attributi, della sua giustizia e misericordia infinita non appartiene ad altri che a quanti sanno amare, cioè esercitano la capacità di conoscere solo in funzione di quell'amore che viene da Dio e tutto a Dio conduce. Non è il caso d'impegnarci, in questa sede, a distinguere la conoscenza razionale e scientifica che, oggi soprattutto, progredisce continuamente. Ce ne rallegriamo, felici di utilizzarne le conseguenze per il bene di tutti. Tuttavia il nostro cuore profondo anela a quella conoscenza di Dio che la Bibbia, in una lettura guidata dalla Chiesa, ci può donare se appunto siamo forniti di questa chiave di cui parla Gesù: una chiave non di... ferro ma di umile paziente amore. Signore Gesù, dammi un cuore semplice ma non semplicista, una ricerca assidua della verità ma impregnata di umiltà, perseveranza e ardente amore. |
lunedì 12 ottobre 2015
Vangelo del giorno 13/10/2015
Lc 11,37-41
Date in elemosina, ed ecco, per voi tutto sarà puro. | |||
Commento su Luca 11,37-41 Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Lc 11,37-41 Come vivere questa Parola? Gesù è stato invitato a pranzo da un fariseo e si asside a mensa senza le rituali purificazioni, con grande scandalo del suo ospite. È tipico dei farisei attenersi scrupolosamente alle norme, al fine di garantire la propria superiorità sugli altri e agli occhi di Dio. Ed è proprio contro questo atteggiamento che Gesù pone il suo gesto provocatorio. Alla reazione del fariseo risponde mettendo il dito sulla piaga: "Voi siete preoccupati di salvaguardare le apparenze, senza badare a ciò che muove il vostro agire. Ecco nel vostro cuore alberga "rapina e iniquità". Rapina nei riguardi di Dio a cui solo spetta quella gloria di cui indebitamente vi appropriate, iniquità nei riguardi degli uomini che giudicate spietatamente". Un rimprovero pesante rivolto ai farisei di ieri e a quelli... di oggi. Si, perché la radice del fariseismo non si è ancora inaridita e forse qualche propaggine possiamo trovarla anche in noi. Ascoltiamo allora il consiglio di Gesù: "Dai in elemosina quello che sta dentro e tutto sarà puro". Comincia col rimuovere l'amara radice di un'ostentata giustizia. Riconosci che solo Dio è santo e a lui solo spetta la lode e la gloria. Avvolgi di misericordia chi sbaglia e fermati riverente e timoroso alla soglia della coscienza del tuo prossimo, di cui Dio solo è giudice. E sarai giustificato da colui che scruta i cuori. Oggi nella mia pausa contemplativa esaminerò il mio comportamento: sono più attento a curare le esteriorità che possono determinare un giudizio positivo o meno nei miei riguardi, che non ciò che alberga nel mio cuore? Purifica tu stesso, Signore, le profondità del mio cuore, perché tutto in me sia riflesso della tua luce. |
domenica 11 ottobre 2015
Vangelo del giorno 12/10/2015
Lc 11,29-32
Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona. | |||
Commento su Lc 11,29-32 "Come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione". Lc 11,29-32 Come vivere questa Parola? La richiesta di "segni" che motiva l'intervento di Gesù, in questo paragrafo, non è qualcosa di nuovo nella Bibbia. E neppure qualcosa di sbagliato. Grandi personaggi del passato avevano chiesto a Dio che convalidasse con un segno quanto percepivano come una esigenza, nel timore di confondere le proprie attese o illusioni con la volontà di Dio. Credere è consegnarsi a Dio con un gesto gratuito e fiducioso, perché si è accolto "il segno" che Egli ci ha dato nella persona di Gesù, Egli è il segno che "Dio ha amato il mondo da dare a noi suo Figlio". Di fronte all'inabissarsi di Gesù nella morte perché io risorgessi con Lui a vita nuova, come dubitare ancora di un amore che ci precede e ci accompagna, anche nei momenti difficili? Come non affidarsi, sia pure nel buio di situazioni che al momento sembrano irrisolvibili? Proverò a porre un atto di fede autentica, consegnando a Dio le mie preoccupazioni, i miei sogni, le mie attese, tutto me stesso. Signore Gesù, solo in Te riposa l'anima mia; Tu sei la mia salvezza. |
sabato 10 ottobre 2015
Vangelo del giorno 11/10/2015
Mc 10,17-30
Vendi quello che hai e seguimi. | |||
Commento su Mc 10,17-30 "Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni". Mc 10,17-30 Come vivere questa Parola? È un incontro particolare questo di Gesù con un tale che è interessato a trovare presso il Signore una parola di conferma alla sua vita. Appena Gesù gli ricorda che il binario su cui far correre bene l'esistenza è la Legge data da Dio a Mosè, quel tale si rassicura. Dice infatti di aver sempre vissuto secondo i Comandamenti del Signore. A questo punto Gesù "fissò lo sguardo su di lui e lo amò". Un'antica traduzione dice: "e lo baciò". C'è dunque un movimento di grande compiacenza del Signore per questa creatura capace di dare a Dio semplicemente quello che a Dio è dovuto. Ed è l'affettività della persona di Cristo Dio e anche pienamente uomo che attraverso l'intensità espressiva dello sguardo si comunica a quel tale e... anche a noi. Gesù ora lancia l'invito più forte: "Va', vendi quello che hai e dallo ai poveri". Aggiunge subito ciò che quel tale troverà: un tesoro nel Regno dei cieli. L'esito è tutt'altro che entusiasmante: quel tale se ne va via triste, perché "possedeva molti beni". Ieri oggi domani e sempre questa pagina dice più di un trattato di saggezza. Sì, non la ricchezza in se stessa ma l'attaccamento ai soldi alla roba alle persone, e il fare della vita una corsa al "più avere" è assicurare tristezza vuoto e spesso follia al cuore di chi tiene avidamente in mano qualsiasi possesso gestito egoisticamente. Signore, che hai fatto della povertà la prima delle tue beatitudini, fammi capire che essa è il trampolino di lancio verso una vita vera perché libera buona e aperta al dono, mai all'egoistica pretesa. |
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