Mt 14,13-21
Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. | |||
Commento su Mt 14,13-21
Abbiamo fame, tanta.
Non la fame di cibo. Quella, almeno in occidente, è lasciata
al passato.
Fame di significato, di senso, di pienezza, di felicità, di
pace.
Fame che colmi i cuori, i nostri cuori, ogni cuore.
Possiamo interpretare la nostra vita come una ricerca di
sazietà: affetti, soddisfazioni, gioie... tutto quello che facciamo, a pensarci
bene, serve a colmare quella fame profonda, assoluta, che alberga nei nostri
cuori.
Gesù vede la nostra fame profonda. Sa che non abbiamo in noi
stessi la risposta alle grandi domande. Sa che corriamo il rischio, come i
deportati in Babilonia della prima lettura, di accontentarci dell'oggi, senza
avere più sogni, senza desiderare più nulla.
Per sei volte gli evangelisti parlano della moltiplicazione
dei pani. È un miracolo fondamentale, non tanto per la potenza del gesto,
quanto per l'intensità del suo significato.
Gesù prova compassione per la folla, patisce insieme.
È un atteggiamento profondo, il termine greco soggiacente ha
a che fare con le viscere, un sentimento di profonda condivisione.
Bene - pensiamo - allora è fatta!
Se Dio prova compassione per noi certamente risolverà il
problema!
Macché.
Molta gente si raduna attorno a Gesù.
Ha compassione, il Signore, ama il popolo, sa di cosa
abbiamo bisogno. Non è distratto il nostro Dio, non se ne sta sulle nuvole a
governare le formichine. Eppure, davanti alla folla, il Signore non agisce, ma
chiede ai suoi di agire.
Con tanto buon senso i discepoli gli suggeriscono di
ignorare il problema: ognuno si arrangi.
Non è forse il messaggio che il mondo ci riporta ogni
giorno?
I problemi sono tuoi, affrontali meglio che riesci.
Gesù non ci sta: la fame si può saziare, quella fisica e
quella interiore, ma ad una sola condizione: mettersi in gioco.
Non siamo capaci, non abbiamo i mezzi, non abbiamo
sufficiente fede, abbiamo troppa zizzania nel cuore.
Ogni scusa è buona per aggirare la richiesta. Gesù insiste:
a lui serve ciò che sono, anche se ciò che sono è poco.
La sproporzione è voluta: pochi pani e pesci per una folla
sterminata; è una situazione che produce disagio, sconforto, la stessa
sensazione che proviamo noi quando cerchiamo di annunciare la Parola, di porre
gesti di solidarietà, di bene. Incontro i miei ragazzi e sto con loro un'ora a
settimana: giochiamo, parliamo, annuncio loro il bel modo di vivere che aveva
Gesù. Poi escono, e per un'intera settimana sentiranno e vivranno il contrario:
violenza, egoismo, opportunismo.
Matteo, nel raccontare il gesto di Gesù, allude chiaramente
all'eucarestia della comunità.
Troviamo la forza per metterci in gioco, per condividere
quel poco che siamo solo e a condizione di attingere al gesto straordinario di
Gesù che, lui per primo diventa cibo.
L'eucarestia diventa forza e modello del nostro agire.
Anche noi, come Cristo, possiamo diventare pane spezzato per
gli altri!
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lunedì 3 agosto 2015
Vangelo del giorno 03/08/2015
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