domenica 30 agosto 2015

Vangelo del giorno 31/08/2015

Lc 4,16-30
Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. Nessun profeta è bene accetto nella sua patria.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore


Commento su Lc 4,16-30

Gesù chiude il rotolo del profeta Isaia e si siede, come fanno i rabbini per insegnare. Poi annuncia che la profezia si è conclusa. La reazione dei presenti è feroce, rabbiosa. Perché? Tutti conoscevano quel rotolo, ogni sabato, a turno, si leggevano gli stessi passi. Agli esperti di Scrittura non sfugge che Gesù tronca la frase di Isaia a metà. Il periodo conclude così: "e a predicare un giorno di vendetta per il nostro Dio" (Is 61,2). Gesù non lo legge, lo tronca. Si ferma all'anno di grazia. Nessuna vendetta, nessun riscatto spettacolare contro gli oppressori politici. Nessun riscatto del nazionalismo ebraico.

Perdono e conversione. Queste le due cifre dell'annuncio. La Parola si è chiusa, il libro viene arrotolato. Gesù si è permesso di correggere la Parola. Questo è troppo. Chi si crede di essere questo falegname? Gesù interagisce, cita la Scrittura, spiega come sia difficile fare i profeti in casa propria, e che solo degli stranieri, come la vedova di Zarepta e Naaman il Siro, hanno saputo riconoscere profeti grandi come Elia ed Eliseo. E si scatena il putiferio. All'iniziale sconcerto subentra l'offesa e la permalosità. Ma come si permette? Ma chi si crede di essere questo presuntuoso?
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci seminatori della Parola.

sabato 29 agosto 2015

Vangelo del giorno 30/08/2015

Mc 7,1-8.14-15.21-23
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Parola del Signore


Commento su Mc 7,1-8.14-15.21-23

Gesù diceva loro: Ascoltatemi tutti e comprendete bene. Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in Lui, possa renderlo impuro. Ma è quello che esce dal cuore dell'uomo a renderlo impuro. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore, escono i propositi di male.
Mt 7,15-21


Ecco, il provvido amore di Dio, in questa ripresa del cammino, ci offre un brano di una portata rivoluzionaria incredibile. Che grazia! 

Gesù rivendica per noi: per la nostra storia personale e di membri della Chiesa il primato dell'interiorità. 

In una società che vive il disagio della fretta dell'efficientismo della corsa al piacere immediato (a tutto quello che, in definitiva, viene giocato dentro l'apparenza), il rischio forte è di "non vivere ".

Ti sembra di berle tutte le tue giornate, perché lavori tanto, perché fai tutto (a quasi) quello che ti è richiesto. Ma come? In una superficialità che non ti appaga il cuore e non è efficace per gli altri. Non è certamente a gloria di Dio! 

Gesù, con la lucidità di chi sa amare, ci rende avvertiti: "Non sono le apparenza quelle che contano". 

Sì, è dal cuore che nascono le intenzioni, le libere scelte. Ne vengono enunciate alcune decisamente cattive che generano il grande male. 

Risulta poi evidente che è ancora dal cuore il germogliare vitale di propositi buoni, intenzioni, in ordine al bene. 

Si evidenzia così che per la Bibbia il cuore è la sede centrale della persona dove si gioca il suo essere viva partecipe oppure morta ambulante, avvizzita in se stessa, generatrice del male che poi esplode fuori. 

Nella mia pausa contemplativa oggi prenderò consapevolezza di questa realtà. 

E prego: Cura, Signore il mio cuore, liberalo dalle intenzioni cattive, dai desideri marci di egoismo, da ogni malignità. Dammi un cuore puro, consapevole d'essere abitato da Te, o tenerissimo Amore - mia salvezza.

venerdì 28 agosto 2015

Vangelo del giorno 29/08/2015

Mc 6,17-29
Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Parola del Signore


Commento su Marco 6,17-29

Il più grande uomo vissuto. Un complimento così ci fa riflettere, ovviamente. Ancora di più se a farlo è Gesù in persona. Giovanni Battista, di cui oggi celebriamo il cruento assassinio, è un modello di umanità compiuta, un gigante della coerenza, un asceta integerrimo. Di lui sappiamo poco: vive nel deserto di Giuda in attesa del Messia, accoglie i penitenti che dalla ricca Gerusalemme scendono da lui per un bagno di conversione nel Giordano. La sua è una vita dura, essenziale, improntata al servizio totale nei confronti dell'annuncio del Regno. Non ha paura di nessuno, non appartiene a nessuna scuola di pensiero, tiene testa ai dottori del tempio e ai devoti. Ha una parola sferzante per tutti, uno schiaffo morale che spinge le persone a pentirsi, a cambiare atteggiamento, a interrogarsi. Pochi sanno che, al tempo di Gesù, la fama del Battista era maggiore di quella del Nazareno e per un certo periodo i discepoli di Gesù dovettero confrontarsi con quelli di Giovanni. Anche la sua morte è vissuta all'insegna della coerenza e della testimonianza. Chiediamo a Giovanni di essere capaci di donare tutto alla causa del Regno, senza tirarci indietro davanti a nulla.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci occhi di fede sempre.

giovedì 27 agosto 2015

Vangelo del giorno 28/08/2015

Mt 25,1-13
Ecco lo sposo! Andategli incontro!

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Parola del Signore


Commento su Mt 25,1-13

Tornerà lo sposo. È venuto nella storia, continua a sfiorare i cuori di chi si mette alla sua ricerca e ne fa esperienza nello Spirito ma tornerà anche nella gloria per ricapitolare tutte le cose, come dice san Paolo. Tornerà e noi siamo chiamati a vegliare, a vigilare, ad aspettarlo con fiducia. Siamo sinceri: quanti, fra noi, credono ancora a questo ritorno? Quanti, davvero, aspettano il ritorno glorioso del Signore nella pienezza dei tempi? Se durante la celebrazione dell'eucarestia, dopo la consacrazione, quando la comunità proclama solennemente: nell'attesa della tua venuta, Gesù venisse veramente, come reagiremmo? Eppure l'attesa è la caratteristica principale del cercatore di Dio. Un'attesa operosa, che veglia, che agisce. Il rischio di assopirsi è sempre presente, siamo onesti. Il rischio di vivere come se Gesù non fosse e non fosse il presente, è palpabile nel nostro cristianesimo annacquato e inconcludente. Accogliamo questa parabola come un severo monito, come un invito a non desistere, come una scossa alla nostra tiepidezza. Vegliamo nella gioia aspettando il ritorno dello sposo. Verrà quando meno ce lo aspettiamo.

mercoledì 26 agosto 2015

Vangelo del giorno 27/08/2015

Mt 24,42-51
Tenetevi pronti.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

Parola del Signore




Commento su Matteo 24,42-51

Viene quando meno ce lo aspettiamo, il Signore. Tornerà alla fine dei tempi, alla consumazione dei tempi, lo sappiamo. Ma qui e ora continua a venire nel cuore di chi lo cerca con onestà, di chi si fida di lui, di chi spera nella sua Parola. Il Signore desidera incontrarci, desidera avere a che fare con noi, ci raggiunge attraverso la sua Parola, nel silenzio del nostro cuore, parla al nostro orecchio interiore, apre la nostra mente all'accoglienza. Ma, per accoglierlo, non bisogna scoraggiarsi. Nella vita spirituale attraversiamo dei lunghi periodi in cui non sentiamo più la sua presenza, in cui abbiamo la triste impressione di essere rimasti da soli. E il rischio è di fare come il servo malvagio della parabola che si lascia andare alla parte oscura, che non ha più freni, che getta in mare le cose belle e buone che ha imparato dal vangelo. La nostra fede è messa a dura prova quando non ci accorgiamo più della presenza del Signore, quando non ha più punti di appoggio. Ma proprio in quei momenti verifichiamo se la nostra fede è davvero salda e cosa deve essere purificato del nostro percorso. Non spaventiamoci, nella notte, ma continuiamo a vegliare nella perseveranza.

Medugorje Pellegrinaggio Agosto 2015
























martedì 25 agosto 2015

Medugorje messaggio del 25/08/2015



Ultimo Messaggio di Medugorje, 25 agosto 2015


"Cari figli! Anche oggi vi invito: siate preghiera. La preghiera sia per voi le ali per l’incontro con Dio. Il mondo si trova in un momento di prova, perché ha dimenticato e abbandonato Dio. Per questo, figlioli, siate quelli che cercano e amano Dio al di sopra di tutto. Io sono con voi e vi guido a mio Figlio, ma voi dovete dire il vostro “SI” nella libertà dei figli di Dio. Intercedo per voi e vi amo, figlioli, con amore infinito. Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "

Vangelo del giorno 26/08/2015

Mt 23,27-32
Siete figli di chi uccise i profeti.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

Parola del Signore


Commento su Mt 23,27-32

Una cosa non sopporta il Signore: l'ipocrisia. Ben peggio del peccato, ben peggio dell'indifferenza, è l'ipocrisia ad essere un ostacolo all'incontro col vero Dio. Ipocrisia: essere falsi, finti, mascherati. Anche se sono maschere devote, anche se ci rendono belli davanti agli altri.
Mistero dell'umana fragilità che dobbiamo sempre avere ben presente per vigilare su noi stessi. Tutta la nostra vita è un cammino verso l'autenticità, cammino che può anche diventare doloroso ma necessario. Chiediamo al Signore di farci scoprire e riconoscere i nostri limiti, di non limitarci all'esteriorità (anche santa); di non essere giudicanti verso gli altri ma accoglienti e comprensivi, perché siamo tutti peccatori e tutti bisognosi di conversione. Che non ci succeda di diventare dei fanatici zelanti  dei sepolcri imbiancati belli fuori e putridi dentro. Il Signore preferisce un peccatore consapevole ad un presunto giusto tronfio e pieno di sé!

lunedì 24 agosto 2015

Vangelo del giorno 25/08/2015

Mt 23,23-26
Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

Parola del Signore




Commento su Mt 23,23-26

L'esteriorità che prende tutto il nostro atteggiamento...

Ecco il fariseo cieco e ipocrita.
Ecco come anche ciascuno di noi, nei rapporti con se stesso, con gli altri e anche con Dio raggiunge lo stato della cecità e della ipocrisia.
Ecco allora le contraddizioni: "filtrare il moscerino e ingoiare il cammello", "pulire l'esterno del bicchiere e lasciare sporco l'interno", "assolvere alle norme più minuziose e trascurare la legge di Dio e dell'uomo".
L'esteriorità diventa la copertura di ogni peccato e dell'egoismo.
Occorre una purificazione, dice Gesù, sempre ripartendo dal'interno, da quella interiorità che fa brillare l'esterno come segno dell'umanità.
Il cammino dell'umanità di ciascuno deve ripartire proprio da questa interiorità che spesso ci viene a mancare perché ci lasciamo prendere da questo apparire che non fa brillare, da questo essere davanti a noi che nasconde l'essere dentro di noi, da una osservanza legale che va a scapito di quella vitale.
Ognuno è chiamato a ripulire l'interno del suo bicchiere rimasto sporco.

RIAPPARIRA' LA BRILLANTEZZA DELL'UMANITA' DI CIO' CHE SIAMO

domenica 23 agosto 2015

Vangelo del giorno 24/08/2015

Gv 1,45-51
Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore


Commento su Gv 1,45-51

Sul finire dell'estate la Chiesa ci invita a celebrare la splendida festa di un apostolo, san Bartolomeo, da sempre identificato con il Natanaele di cui parla l'evangelista Giovanni. Un'occasione, per noi, per tornare alle radici della nostra fede.

Natanaele conosce la Scrittura, sa bene che Nazareth è un piccolo villaggio che gode di un poco lusinghiero primato: non compare mai nella Bibbia. Israele è un territorio poco più grande della nostra Calabria ed è infarcito di toponimi: villaggi, sorgenti, montagne e valli... Non c'è incrocio che non sia citato. Tutto, eccetto Nazareth. Come può il Messia venire da un posto abitato da duecento persone che vivono nelle grotte? Natanaele conosce la Scrittura: Gesù lo trova sotto un albero di fico, l'albero della meditazione della Torah, i cui frutti sono dolci come quelli del fico. E ha un altro pregio: è amico di Filippo, il cui nome denuncia un'origine pagana. Ma ha un difetto enorme: è una linguaccia. Il suo giudizio è tagliente e, certo gli avrà creato più di un problema. Gesù, però, valorizza il suo difetto: almeno si sa cosa Natanaele pensa degli altri! In effetti la reazione di Natanaele è entusiasta: si scioglie come neve al sole! La sua durezza nasconde una sua insicurezza. E così facendo, Gesù guadagna un apostolo. Che bello! Il Signore valorizza sempre ciò che siamo e, meraviglia delle meraviglie, possiamo diventare santi anche se abbiamo un pessimo carattere!

domenica 16 agosto 2015

Vangelo del giorno 17/08/2015

Mt 19,16-22
Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?».
Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!».
Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.

Parola del Signore


Commento su Mt 19,16-22

Come fare per avere la vita dell'Eterno? La domanda del giovane è la stessa di molti di noi, segno di una curiosità profonda, di un desiderio latente di felicità, di nostalgia dell'infinito. Il giovane è andato dal rabbì di Nazareth perché spera di trovare una risposta. Così accade: le indicazioni di Gesù sono semplici, alla portata di molti; si tratta di seguire la via maestra donata da Dio al popolo di Israele, i comandamenti, le dieci parole; in particolare, in questo caso, quelle che hanno a che fare con la relazione, col prossimo. Il giovane afferma di avere sempre osservato le norme (beato lui, io proprio non me la sarei sentita di dire una cosa del genere!). Gesù allora osa, gli propone un salto di qualità, gli chiede di lasciare tutto per diventare discepolo. Non se la sente il giovane, troppe cose da lasciare, troppe certezze da rimettere in discussione. Anche a noi succede così: possiamo condividere la vita di Dio osservando le sue norme, comportandoci bene, oppure accettare il folle invito di Gesù e osare di più, diventando discepoli con passione ed entusiasmo. Certo, ci sono delle certezze da lasciare, ma, credetemi, ne vale la pena.

Tutto pronto per la partenza destinazione Medjugorje

Domani mattina si parte per Medjugorje 
La Mamma Celeste ci aspetta.




sabato 15 agosto 2015

Vangelo del giorno 16/08/2015

Gv 6,51-58
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda
.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Parola del Signore


Commento su Giovanni 6,51-58

Oggi Gesù parla di ciò che ogni domenica, stancamente il più delle volte, facciamo nelle nostre accaldate comunità. Ci crediamo? Crediamo che, grazie alla preghiera della comunità, al dono dello Spirito e all'imposizione delle mani di un prete Gesù si rende cibo? 

Gesù parla di questo dono semplice e tremendo, gioioso e durissimo, che ci obbliga alla fede, che ci scardina dalle abitudini. Ogni domenica ci raduniamo per ripetere la cena, un gesto di caldo affetto e di obbedienza al Maestro, ogni domenica ci nutriamo del pane della Parola e del pane Eucaristico, custodiamo questo pane nelle nostre Chiese per i nostri malati, per segnalare una Presenza nel caos anonimo delle nostre città. Siamo qui per questo, per questo ci raduniamo, perché affamati, perché abbiamo urgente bisogno di saziare il cuore, di illuminare il cammino, di credere, finalmente, senza ambiguità, senza ritrosia. Credere, fratelli, credere con tutto il cuore e con tutta l'anima. Gesù svela un mistero: non solo cibarsi di lui ci nutre il cuore, non solo ci dona la vita vera, la vita eterna, ma cibarsene con consapevolezza ci porta a vivere per lui. Lo vedo nella mia vita: più frequento il Vangelo e il Maestro Gesù e più ne resto affascinato, più ne sono innamorato, più imparo a conoscere me e gli altri. Facciamo diventare le nostre eucarestie un capolavoro di autenticità e di fede, di bellezza e lode, perché nessuno possa fare a meno di parteciparvi!

venerdì 14 agosto 2015

Vangelo del giorno 15/08/2015

Lc 1,39-56
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Parola del Signore


Maria SS.ma Assunta in cielo

La Vergine Maria viene esaltata nella Chiesa sotto molteplici titoli e tante sono le forme di devozione nei suoi confronti, ma forse quello relativo alla Festa del Ferragosto è il titolo più significativo, perché esprime quanto Dio sia generoso e munifico nei confronti di Maria e per esteso anche verso tutta l'umanità.
Maria non è una divinità, ma una semplice donna di paese paragonabile a tante altre fanciulle del suo tempo. Non è quindi neppure una persona straordinaria, né un soggetto socialmente altolocato. Eppure Dio ha scelto proprio lei, fra tutte le donne, per essere la Madre del Verbo Incarnato, di Dio che viene concepito nella carne per condividere la nostra natura. Realizzare tale progetto di maternità divina comporta per questa esile fanciulla non pochi sacrifici e rinunce, soprattutto di dover spendere la propria libertà e autonomia a vantaggio del Signore e di tutti gli uomini: accogliere il progetto divino di salvezza, che la voleva Madre del Signore in forza dello Spirito, equivale infatti a rinunciare alla spensieratezza di una giovane ragazza promessa sposa che si accinge a condurre la sua vita matrimoniale accanto al futuro coniuge, in una dimensione pari a quella di tutti i suoi contemporanei. Vuol dire abbandonare i progetti personali per assumere quelli di un Altro, disporre delle proprie scelte e delle proprie decisioni non già facendo riferimento alla propria volontà, ma nell'ottica del volere divino; ma soprattutto significa esporre se stessa a seri pericooli, mettere a repentaglio la propria vita a causa di una maternità improvvisa che è certamente oggetto di pregiudizi da parte della gente. E' vero infatti che Maria è rimasta incinta per opera dello Spirito Santo, ma la presenza di una ragazza gravida ancora non accolta nella casa del futuro sposo suscita certamente disgusto e cattiveria nella mentalità ristretta di un paesino e anche le severissime leggi del Levitico su questo assunto non sono certo indulgenti.
La meternità inaspettata che Maria ha scelto di assumere ha poi comportato lo spasimo del parto disumano al freddo, l'alloggio di fortuna trovato nelle asperità di una spelonca, la fuga in Egitto per la persecuzione di Erode, la persecuzione sotto tutti gli aspetti... Insomma la vicenda di Maria non è stata certo semplice e ha dovuto affrontare ogni rischio coltivando la prerogativa della pazienza e della perseveranza.
Ora, quale ricompensa più appropriata poteva elargire il Padre delle misericordie a questa fanciulla, se non quella di essere assunta al Cielo nella sua anima e anche nel suo corpo? Quale destino più appropriato poteva ricevere la Madre del Signore, che aveva accolto Dio nel suo grembo, se non quella di essere partecipe in tutto e per tutto alla sua glorificazione estrema facendo sì che non soltanto l'anima, ma anche il corpo mortale venisse elevato allo stato di incorruttibilità? Con la sola differenza che, mentre Cristo, Figlio di Dio, ascende egli stesso al cielo, lei, semplice creatura umana fra le tante seppure degna di grandi meriti, viene al Cielo elevata, Assunta da parte di Dio Amore e misericordia.
Se Dio è munifico, lo è fino in fondo. Egli considera non già la semplice possibilità di ricompensa, ma la ricompensa proporzionata alle misure della nostra fedeltà. Come si legge nel libro del "Pellegrino russo", Dio ricambia in oro ogni minimo atto di fede e di amore che l'uomo rivolge nei suoi confronti e non lascia nessuno senza una ricompensa, ma nella sua giustizia non manca di ricompensare adeguatamente soprattutto il nostro eroismo.
Cosiccché Maria, che è sempre stata associata al suo Figlio nella lotta per la salvezza condividendo gioie e dolori della redenzione come prima discepola e come Madre, viene finalmente portata al cielo, elevata, sottratta alla vista sensoriale degli uomini e introdotta nella gloria, secondo quanto affermano alcune testimonianze antiche mentre ella stava dormendo nel suo lettuccio e gli apostoli si stringevano in preghiera tutt'intorno a lei (Dormitio Mariae). Questo raccontano alcuni dati della Tradizione commentati poi da Padri teologi come Epifanio di Salamina e Germano di Costantinopoli, quest'ultimo il più attendibile e accreditato, e come nel suo contenuto implicito di assicura anche la Scrittura. Vive una dimensione parallela a quella vissuta durante la vita pubblica del suo Figlio, che ha sempre accompagnato nella missione e di cui ha condiviso gioie e speranze, fatiche e delusioni,, la croce e l'esaltazione.
Ciò è avvenuto in Maria, che nel mistero della sua Assunzione ci mostra che anche per noi si dischiudono le porte della salvezza definitiva della gloria dopo i percorsi terreni di spasimo e di sofferenza. Il modello di Maria Assunta ci rassicura della certezza che le nostre speranze non verranno mai deluse e soprattutto che la speranza ultima della nostra meta celeste verrà esaudita in proporzione ad ogni nostro atto di fedeltà. La sua presenza ci è di monito nel continuo percorso di imitazione e di sequela del suo Figlio e il fascino della sua presenza allevia le fatiche e le lotte della testimonianza cristiana. Ancora una volta troviamo in Maria lo sprone, il modello e l'esempio, ma in questa particolare circostanza ci viene dato anche il coraggio nella certezza della vittoria.

giovedì 13 agosto 2015

Vangelo del giorno 14/08/2015

Mt 19,3-12
Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».
Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?».
Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».
Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Parola del Signore


Commento su Mt 19,3-12

Non conviene sposarsi! Sono turbati, gli apostoli, dalla destabilizzante risposta di Gesù al quesito sul ripudio. Una antica norma maschilista attribuita addirittura a Mosé: chi mai avrebbe osato contestarla? Gesù, ovviamente, che riporta alla sua origine il progetto che Dio ha sull'amore: nella Creazione il Signore ha pensato alla coppia come ad un'alleanza d'amore durevole. Che bello poter dire alle nostre coppie che la fedeltà per tutta la vita non è un'insensata norma vetero-cattolica ma il sogno di Dio! Certo: non conviene sposarsi se nella nostra testa ciò significa sistemarsi, o tenersi una via di fuga, amare col freno a mano tirato... Gesù punta in alto, fa vibrare i nostri cuori rendendo possibile ciò che il nostro mondo disincantato considera utopia infantile... E Gesù apre un altro orizzonte, innovativo nel mondo ebraico: il celibato per il Regno. Non esiste solo la possibilità di sposarsi ma anche quella di scegliere di donare la propria vita e le proprie energie a tempo pieno all'annuncio del Vangelo. Farsi eunuchi per il Regno significa scegliere di avere come famiglia una comunità, per ribadire che Dio è più di ogni legittima gioia che possiamo vivere.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci camminare nella verità.

mercoledì 12 agosto 2015

Vangelo del giorno 13/08/2015

Mt 18,21-19,1
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.

Parola del Signore


Commento su Matteo 18,21 - 19,1

Il vangelo di oggi ci introduce nel difficile discorso sul perdono: siamo chiamati a perdonare come Dio perdona, siamo chiamati a perdonare perché noi per primi siamo stati perdonati. Il discepolo scopre di essere perdonato dal Padre senza condizioni e questa scoperta lo riempie di meraviglia e lo rende capace, a sua volta, di perdonare oltre ogni ragionamento umano. Non perdoniamo perché siamo migliori, né perdoniamo perché l'altro cambi in conseguenza al nostro perdono. Perdoniamo perché l'odio uccide noi che lo proviamo, non la persona verso cui lo indirizziamo! Perdoniamo per imitare il Padre, perdoniamo perché siamo tutti debitori gli uni verso gli altri e il perdono ci rende liberi. Il perdono non cancella il ricordo, non è un'amnesia. A volte si dice: perdono ma non dimentico. È ovvio che sia così! Se una persona ha rovinato la mia vita, il solo vederla mi scuote e mi fa soffrire. Il perdono non cancella l'esigenza della giustizia, ma non fa della giustizia un idolo. Pietro, e noi, siamo invitati ad imitare il padrone che condona il nostro debito immenso e perdonare coloro che a noi devono soltanto pochi soldi...Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci la scienza del perdono.

martedì 11 agosto 2015

Vangelo del giorno 12/08/2015

Mt 18,15-20
Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Parola del Signore


Commento su Mt 18,15-20

Il vangelo di oggi ci offre uno spaccato interessante di quella che era la prassi penitenziale delle primissime comunità cristiane. Succedeva, allora come oggi, di doversi confrontare con momenti di tensione all'interno delle comunità, di fratelli e sorelle che, dopo un primo momento di conversione, si allontanavano dalla nuova strada... Come comportarsi in questi casi? Gesù offre un percorso rispettoso e pieno di buon senso: un fratello si fa carico di chi è in difficoltà, gli parla in amicizia, in privato, se non viene ascoltato intervengono altri due fratelli. Se ancora non succede nulla, allora, interviene la comunità. È un meccanismo di gradualità che si fa carico di chi sta sbagliando senza umiliarlo, senza costringerlo, aumentando progressivamente la forza di persuasione. Quanto è diverso da ciò che avviene oggi! Nella maggior parte dei casi a nessuno interessa cosa fanno gli altri, in chiesa nemmeno ci si conosce! Poi se qualcuno sta sbagliando è quasi impossibile che ci sia tra noi chi se ne faccia carico, meglio spettegolare alle spalle, creando danni enormi... Impariamo da questo vangelo a vivere seriamente e cordialmente il nostro essere comunità!
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere senza peccato.

Vangelo del giorno 11/08/2015

Mt 18,1-5.10.12-14
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
«In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

Parola del Signore


Commento su Mt 18,1-5.10.12-14

Oggi per noi è scontato quanto dice il Signore: i bambini sono importanti, al centro dell'attenzione di Dio, in cima alle sue preoccupazioni. Ma lo diciamo proprio perché il Maestro Gesù ci ha illuminato, ci ha aiutato a capire! I bambini non sono mai stati considerati granché dalle diverse civiltà. Anche al tempo di Gesù i bambini erano considerati come "non ancora uomini", davano fastidio, non dovevano disturbare. Gesù, invece, li propone come modelli di discepolato! Non perché dobbiamo essere infantili ma perché, come loro, dobbiamo capire al volo la scelta del pastore che corre a cercare la pecora smarrita. Diventare adulti, insieme ad evidenti vantaggi, porta con sé il rischio di diventare cinici e di vivere nel disincanto. Impariamo dai bambini a fidarci di Dio, a vedere la realtà con lo sguardo trasparente che abbiamo ricevuto dal Signore e che, purtroppo, rischiamo di appannare. E facciamolo difendendo l'infanzia: ancora troppi bambini, nei paesi in via di sviluppo, non possono studiare e giocare, condannati al lavoro o, nel peggiore dei casi, addestrati alla guerra. In occidente, spesso, i bambini sono le prime vittime di separazioni rissose e assurde. Abbiamo da convertirci...Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri cercatori in Gesù.

domenica 9 agosto 2015

Vangelo del giorno 10/08/2015

Gv 12,24-26
Se il chicco di grano muore, produce molto frutto.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».

Parola del Signore


Commento su Gv 12,24-26

Sempre di martiri parliamo, tornando però indietro nel tempo: oggi la Chiesa celebra la grande figura di Lorenzo, diacono a Roma sotto l'imperatore Valeriano Da cosa deriva la sua fama diffusa in tutto il mondo? Pur essendo così distante da noi nel tempo, è vicino per la sua appassionata carità: arrestato e costretto dall'imperatore a portargli i tesori nascosti della Chiesa, i diaconi, fra le altre cose, si occupavano delle casse della comunità, Lorenzo gli portò un gruppo di poveri mantenuti dai cristiani: erano quelli l'unica ricchezza della Chiesa. Un gesto forte, coraggioso, che ricorda al mondo che le presunte ricchezze della Chiesa, retaggio a volte pesante dei fasti del passato, sono anzitutto al servizio della carità e dei poveri. Ma che ricorda anche alla Chiesa che i beni materiali vanno trattati con grande serietà e trasparenza, che non è possibile applicare logiche di profitto ai denari che servono per soccorrere gli ultimi. Lorenzo, insomma, ricorda a tutti, credenti o meno, la logica della Creazione: il ricco è tale per soccorrere il povero. Nella Bibbia, come ho più volte ricordato, si afferma che la ricchezza è sempre dono di Dio ma che la povertà è sempre responsabilità del ricco.

sabato 8 agosto 2015

Vangelo del giorno 09/08/2015

Gv 6,41-51
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Parola del Signore


Commento su Gv 6,41-51

Gesù, dopo avere moltiplicato il pane, resta turbato dalla reazione della folla che lo vuole fare re. Col suo gesto egli voleva invitare i discepoli a mettersi in gioco, a dare del proprio di fronte ai problemi; la gente ha capito, al contrario, che Dio avrebbe definitivamente risolto le loro difficoltà.


Gesù è tranciante: nessuno ha visto Dio, solo lui. Il Dio in cui credo, che Dio è? Il Dio di Gesù o un Dio che più o meno mi hanno insegnato e che non ho mai preso la briga di verificare per pigrizia? Dopo duemila anni, francamente, sono più le persone che incontro e che hanno una idea approssimativa di Dio che gente che davvero ha conosciuto il Dio di Gesù. Gesù parla di Dio con verità perché lui è la presenza stessa di Dio, perché lui e il Padre sono una cosa sola, fidiamoci, allora, bazzichiamo il Vangelo per conoscere il Dio del Signore e Maestro Gesù. Gesù ci dice che chi crede ha la vita eterna.
Ha la vita eterna, non "avrà". La vita eterna, cioè, non è una specie di liquidazione che accumulo con i miei meriti e di cui potrò godere alla fine della mia vita. La vita eterna è già cominciata, credere significa acquisire uno sguardo nuovo su me, sulle cose, sugli altri, sulla storia. Gesù non vuole la nostra frustrazione, né ci impone una religiosità ombrosa o reazionaria. Gesù offre una vita diversa, vera, giusta, piena di bagliori di luce, solo bisogna fidarsi, far tacere le ultime mormorazioni e obiezioni e arrendersi.

venerdì 7 agosto 2015

Vangelo del giorno 08/08/2015

Mt 17,14-20
Se avrete fede, nulla vi sarà impossibile.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo».
E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito.
Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile».

Parola del Signore


Commento su Matteo 17,14-20

Ho sempre ammirato l'umiltà degli apostoli. Invece di scrivere dei vangeli inneggianti alla loro stessa tempra spirituale, non temono di raccontare le loro figuracce. Perché a loro non importa essere ricordati per la loro integrità, ma annunciare la presenza del Maestro. Il racconto di oggi è impietoso: i discepoli pensano di avere imparato a sufficienza, non c'è bisogno di scomodare il Signore, in fondo un epilettico non è così grave, dovrebbero farcela! E falliscono miseramente, costringendo il povero padre a ricorrere a Gesù per avere una guarigione. Sono imbarazzati, gli apostoli: come mai non sono riusciti a guarire il ragazzo? Gesù è diretto e chiaro con loro: è perché non hanno abbastanza fede, non ci credono. Stiamo attenti quando vogliamo sostituirci al Maestro, quando pensiamo che, in fondo, anche noi siamo capaci di aiutare, di condurre, di consolare, di sostenere... Ricordiamoci sempre che siamo solo servi della Parola, che nessuno ci ha eletto rappresentanti di Dio, ma che siamo, con gli altri fratelli, discepoli, umili operai che lavorano nella vigna del Signore. E cresciamo nella fede, come riusciamo, con semplicità, per poter guarire noi e gli altri da ogni fragilità.